Capitolo 1

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3 anni dopo

La cella si apre. Direi che gli ebrei deportati nei campi di sterminio ai tempi di Hitler in confronto a noi fanno letteralmente ridere. Gli indumenti leggeri di color arancione, che indossiamo obbligatoriamnete, e gli sguardi persi, quasi privi di vita, dominano questa nostra passerella. "Restituire emozioni positive ai nostri ragazzi" ,motto di questo fottutissimo carcere, è stata la più grande stronzata che abbia mai sentito in questi 17 anni di esistenza. Marciando come delle capre a pascolo guidate dall'odioso sorvegliante ci dirigiamo verso la sala mensa. Insalata con contorno di uova strapazzate ,probabilmente avariate, sono le prelibatezze di questo carcere. Fortunatamente tra poche ore si va via da questo inferno. Da quando sono qui all'età di 14 anni non ho legato con nessuno dei ragazzi delinquenti. Dicono che i carcerieri minorili sono dei sistemi classisti, be' sorpresa, la vita é un sistema classista. E sí, gli altri potranno anche dire che sono un assassino, però attenzione, il mondo é pieno di assassini, e nel profondo tutti noi lo siamo, c'è chi uccide psicologicamente e chi fisicamente e la differenza non è poca.

Dopo aver mangiato, se questo é il verbo adatto per il cibo che ci servono, trascorro il tempo restante in questo carcere stando in cella, disteso sul pietoso letto, guardando un punto fisso sul soffitto. I miei altri due compagni di cella, Taylor e John, mi fissano,cosa strana, che in tutti questi anni non hanno mai fatto, anzi , che nessuno ha mai fatto.
《Quindi oggi vai via, Jason》dice Taylor con aria tesa.
《Giá》ribatto io senza mostrare alcun tipo di emozione.
《Senti, noi volevamo chiederti scusa...》la voce di John viene interrotta da quella del poliziotto Eduard che mi dice: 《Jason, sono venuti a prenderti. Puoi andare.》Mi alzo subito dal letto e lo guardo per un secondo digrignando i denti occupandomi, poi, subito di Taylor e John. 《Ascoltate, non mi interessa delle vostre scuse che racchiudono tutti i vostri dispetti e intimidazioni in questi anni di merda qui dentro. Divertiti a marcire in Cella e andate a farvi fottere insieme a tutti gli altri qui in carcere》 Esclamo prima di dirigermi fuori dalla cella. Nonostante la mia spavalderia, sono comunque preoccupato per quello che potrà succedere andato via da questo carcere minorile, dovró rifarmi una vita e non ne ho la più pallida idea di come fare.

All'uscita del carcere trovo mi cugina ventunenne Grace che mi guarda con uno sguardo paradisiaco, ma allo stesso tempo, in modo del tutto confuso, forse per tutti questi anni trascorsi senza vederci. Ricordo che l'ultimo nostro incontro é stato tre anni fa alla vigilia di Natale. Tratteneva le lacrime a stento per cosa avevo fatto è per come mi ero ridotto, non potró mai scordarmi quel momento. Non mi sorprende il fatto che non mi sia venuto a prendere mio padre, mi ha sempre odiato da quando ho ucciso mio fratello maggiore David, ma come biasimarlo, ha tutte le sue ragioni per farlo, dopo tutto mi odio anch'io.
《Ciao Jason! Come stai?》Esclama Grace.
《Potrebbe andare meglio, ma adesso che ci si tu, mi sento benissimo!》le rispondo mostrando un pizzico di felicità. Mi sorride e mi abbraccia, io ricambio all'abbraccio appoggiandomi sulla sua esile spalla.
Andiamo nel parcheggio del carcere dove intravedo la finestra della mia cella, quella in cui mi affacciavo sempre sentendomi libero con poco e, adesso stare qui fisicamente mi fa sentire come se dentro di me ci fosse un'adrenalina pronta ad uscire fuori. Respiro profondamente assaporando il dolce gusto della libertà.
《Dove andiamo?》chiedo a mia cugina entrando nella sua auto.
《A casa di tuo padre》Mi sorride.
《Non credo abbia tanta voglia di vedermi, perché non andiamo a casa di mamma?》domando
《É fuori per lavoro e, tra l'altro non credo che ti odi, é pur sempre tuo padre》dice mettendo in moto l'auto.
《Giá, un padre che mi odia e, come biasimarlo, ho ucciso suo figlio. Quello intelligente, quello perfetto, e soprattutto quello migliore di me》Rievocare il ricordo dell'uccisione di David mi trafigge il cuore come pianta strappata dalle proprie radici. In quel periodo, parallelo a quello della rapina, i miei genitori, hanno incominciato a litigare fino al divorzio. Grace ferma la macchina e mi guarda con aria basita.
《Scusa Grace, non meriti di essere trattata cosí e soprattutto non da me, sei l'unica persona che...》
《Jason》Mi interrompe Grace《 L'uscita da quel carcere minorile, dovrebbe segnare per te una rinascita e no un'afflizione. Non devi chiedermi scusa, sono tua cugina e ci saró sempre nei momenti del bisogno》
《Grazie Grace》le dico《Ti voglio bene》
《Anche io》
È incredibile come le persone ti sostengano, nonostante tu sia una merda e non dimostri loro l'affetto che ti danno. Le persone vere si riconoscono nel momento in cui stai male e Grace é una di queste.

Arriviamo a destinazione vicino al vialetto della casa di papà. Scendo in modo cauto dalla macchina dopo mia cugina. Attraverso insieme a lei il vialetto pieno di erbacce che stanno prendendo il sopravvento su quest'ultimo. Ricordo che quando avevo dieci anni questo vialetto era pieno di fiori che venivano ogni giorno annaffiati e curati da mia madre, eravamo felici e a causa mia tutta la mia famiglia non ha piú conosciuto il significato della felicità. Bussiamo alla porta di casa, non ho il coraggio di bussare, basta lanciare uno sguardo a Grace per farle capire che deve farlo lei. Dopo pochi secondi la porta si apre con un leggero crepitio che si disperde nell'ambiente circostante
《Ciao Papá...》

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