Rebecca era lì, nel suo comodo e caldo letto situato nell'appartamento all'ultimo piano del palazzo nobiliare. Viveva assieme a sua madre e sua sorella minore, perché suo padre era andato via prima che lei nascesse. Se fosse stato ancora vivo, non l'avrebbe mai voluto conoscere, perché era stato la causa della tristezza di sua madre. Sua sorella invece, era nata da un altro uomo, peccato fosse morto in seguito ad una rissa in cui non c'entrava nulla. Quindi era Rebecca quella che teneva su l'intera famiglia, o meglio, quello che ne restava. Ma quella notte, non sapeva che sarebbe stata l'ennesima tristezza di sua madre. All'una e un quarto di notte, infatti, sentì suonare il campanello. Si presentarono alla porta degli uomini in nero, gli stessi che avevano preso Zago.
<<Che volete?>> chiese Rebecca.
<<Lei chi è? È Rebecca per caso?>> domandò Raphael.
<<Non vi dico chi sono finché non mi dite che volete>> li ricattò.
<<Se lei è Rebecca, deve venire con noi>>
<<E perché mai?!>> si allarmò lei.
<<Noi siamo gli addetti al prelevamento dei ragazzi per portarli al Governo, e se lei è Rebecca deve venire con noi>>
<<Avete qualche documento per dimostrarlo?>>
<<Certo... guardi>>, e l'uomo prese fuori dalla tasca un tesserino e glielo porse.
<<Bene. Questo me lo tengo io>>, e dopo aver detto questo gli chiuse la porta in faccia.
Era abbastanza agitata. All'inizio pensava fosse uno scherzo di pessimo gusto, ma dopo aver visto il documento identificativo ne aveva la certezza: era in pericolo.
Si poggiò contro il muro, ed osservò attentamente il documento.
Nome: Raphael
Cognome: Allard
Età: 47 anni
Segni particolari: //
Mansione: addetto al prelevamento dei ragazzi
Poi c'era una firma. Una firma che Rebecca non riusciva a leggere.
Bum! Bum! Bum! Al di fuori dell'appartamento si sentivano forti rumori. L'ansia in Rebecca cominciava a salire. Il cuore le batteva forte in petto.
<<Apra la porta o saremo costretti a buttarla giù!!>> gridò una voce mascolina.
Rebecca cominciava ad avere paura. Se si fossero svegliate anche sua madre e sua sorella sarebbe stata la fine. Ma non poteva non dirgli addio. Scappare. Scappare era l'unica soluzione. Peccato abitasse all'apice di un palazzo alto cinque piani. Se voleva scappare doveva rischiare.
Si diresse nello sgabuzzino e mise a soqquadro tutto quanto. Poi da una scatola prese fuori corda.
I rumori e le grida intimidatori non cessavano.
Ormai era giunto il momento di rischiare. Andò in terrazzo. Assicurò la corda ad un buon appiglio, se la legò attorno alla vita e si calò giù. Appena scavalcò la ringhiera, le mancò il respiro. "Ma che sto facendo?! Sono forse impazzita?" pensò, ma ormai il danno era fatto.
Pian piano si calò giù, mentre l'ansia si placava perché vedeva la terra sempre più vicina a sé. Toccò il terreno. Le sembrò di sognare: un attimo prima era a dormire ed un attimo dopo era fuori davanti la porta che conduceva nell'atrio del suo palazzo.
Ormai si era tranquillizzata, tutto sembrava quasi a posto, le sarebbe bastato correre e nascondersi fino all'indomani. Peccato che ciò non accadde.
Improvvisamente una mano si appoggiò sulla sua spalla.
<<Sei tu Rebecca?>> chiese una voce gioviale e tranquilla. <<Piacere, io sono Gosya. Ti dispiacerebbe venire con me un secondo?>> continuò la donna; era la stessa che aveva preso Zago.
<<E per fare che cosa?! NON MI MUOVERÒ DI QUI FINCHÉ NON MI DIRAI CHI SEI!>> le rispose Rebecca. Non ne poteva più.
<<Va bene, l'hai voluto tu. Warder vieni, c'è una nuova ragazza!>> gridò la donna. Era strano quanto le apparenze ingannassero; prima una donna gentile e carina, poi una donna isterica e malvagia.
Fatto sta che presto arrivò un omone che afferrò Rebecca per le mani e la condusse in un camion. Sembrava una camionetta, una di quelle che contiene i detenuti.
<<Sali>> la intimò.
Rebecca non poteva più far niente. Non poteva né opporsi né ribellarsi e scappare. Salì sul camion a testa bassa.
<<Siediti e non muoverti. Sarà una nottata lunga anche per te>> disse Warder prima di richiudere il portellone.
La ragazza non aveva il coraggio di guardarsi intorno. Lo fece solo quando una voce le chiese <<Sei tu Rebecca?>>
Lei fece un cenno come per dire sì.
<<Un gran osso duro. Hai fatto impazzire tutti quelli del Governo>> e si mise a ridere.
<<Che c'è da ridere?! Volevo solo scappare>>
<<Oh scusami tanto signorina! Un po' isterica oggi!>>
<<Senti smettila! Chi sei tu a proposito?>>
<<Zigo. Zago Peniel, figlio dei contadini Peniel>> le spiegò.
<<Ah ho capito. Quindi sei un contadino>> glielo disse per vendicarsi per prima.
<<Ora passi del torto tu però! Mi sforzo di fare il gentile per una volta e tu che fai?! Mi dai del contadino!>> gridò alzando la voce.
<<Scusa. Ho esagerato va bene, ma tu te lo potevi risparmiare>> il tono di voce di Rebecca si calmò. Aveva quasi dimenticato di essere su un mezzo del Governo.
<<D'accordo, scusa anche da parte mia>> si scusò Zago.
<<Quanti anni hai?>>
<<Quattordici>> rispose lui.
<<Anche io>>
Intanto il camion si rimise in moto.
<<Chi sarà il prossimo fortunato?>> chiese Rebecca.
<<Penso si chiami Anya, ma non ne sono sicuro. Magari te lo spiego strada facendo...>>
Lei gli sorrise.

STAI LEGGENDO
Covenant
Science FictionIn una città chiamata Covenant, girano di notte degli uomini vestiti completamente di nero. Sono gli addetti al prelevamento dei ragazzi per portarli al Governo. Una notte, due ragazzi Zago e Rebecca, assieme ad altri, si ribelleranno a questa crude...