Capitolo 1 - 'Che vita di merda!'

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《Quante volte devo dirti di non chiamarmi così?!》, sbotto con il mio solito tono acido contro mia madre, e riesco a percepire il suo sguardo su di me mentre slaccio la cintura e comincio ad alzarmi.

Uscite dall'aereoporto saliamo su uno dei tanti taxi parcheggiati al di fuori.
Noto subito che l'autista ci sta provando con mia madre. Come lo capisco? Semplice, è da mezz'ora che parla senza mettere in moto.

《La può smettere di flirtare con mia madre? Sa, vorrei arrivare al piu presto!》. Mi stavo contenendo da troppo tempo.

《Clarissa!》, mi rimprovera mia madre e, per avermi chiamata con il mio nome intero, è incazzata nera!
Beh, non posso farci niente, stavo per vomitare.

Le strade di Manhattan sono trafficate e le nuvole sempre più grigie man mano che si avanza; se devo essere sincera, questa città è uno schifo, se vogliamo confrontarla con la mia bella Londra.

Il taxi si ferma e l'autista si offre di portarci i bagagli, invito che mia madre accetta volentieri, quant'è ingenua...

Il quartiere non è mal andato, anzi. Il colore dei palazzi, tutti allineati fra loro, è uguale: marrone. Da quando sono arrivata ho visto sempre gli stessi colori: grigio, marrone raramente, nero e di nuovo grigio. Quanta creatività!

Una volta entrate nel nostro condominio ci avviciniamo ad una cabina marrone abbastanza lunga e con un vetro che rende possibile dialogare , credo sia quella del custode di questo palazzo. All'interno c'è una donna seduta a un tavolo. Quest'ultimo circonda tutti i lati interni della cabina, lasciando libero lo spazio della porta. Troppo occupata a scrivere o registrare qualcosa su un agenda, non ci nota. Solo dopo aver sentito i nostri passi sul pavimento nero, alza gli occhi e ci osserva, ci scruta attentamente, azione che ripeto a mia volta. Sarà una donna di mezza età abbastanza robusta, giudicando la grandezza delle spalle. I capelli biondi sono perfettamente raccolti in una crocchia e gli occhi neri sono contornati da una leggera matita nera. Ha degli occhiali poggiati sulla punta del naso, e dei lineamenti molto duri, quasi snob.

Dopo averle detto il nostro cognome ci porge le chiavi di casa, comunicandoci che il nostro appartamento è il primo sulla sinistra al terzo piano. Esso è gia ben arredato, e i colori che ci circondano sono il nero e il bordeaux, dalla cucina abbastanza grande, fino al salone dove un divano in pelle nera e una TV, abbastanza grande, fanno la loro figura.

Mi precipito in camera mia e noto subito che è differente dall'intero appartamento: le pareti sono di un grigio abbastanza scuro e il pavimento è rivestito interamente da un tappeto nero. Al centro c'è un letto matrimoniale quadrato del medesimo colore, ancora senza coperte, e una grande finestra al lato destro, da molta luce alla stanza. Infine, un guardaroba avvolge tutto il lato sinistro, manco dovessi metterci un negozio intero là dentro.

Mando un messaggio a Jack dicendogli che sono arrivate. Lascio cadere le valigie sul pavimento e mi ''tuffo'' in quello che d'ora in poi sarà il mio letto.

Che vita di merda!》. Sono le ultime parole che pronuncio prima di cadere in un sonno profondo.

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