Il portone della villa si richiuse alle spalle della cameriera con un cigolio sordo, permettendo al fragore roboante della pioggia di penetrare per qualche istante nell'immenso salone.
Una folata di vento gelido accompagnò lo scroscio della tempesta, minacciando il bagliore già precario dei candelabri. Le loro fiammelle fremevano come in preda ad una danza irrefrenabile, oscillando tutte insieme a destra e a sinistra, mutando le ombre delle suppellettili sulle pareti in aure lugubri e confuse.
-Signorino...-, mormorò flebilmente la serva sulla punta delle labbra, spostandosi a passi leggeri verso l'ingresso, ove era apparsa, appena rischiarata dalle luminarie, l'esile figura di un ragazzo.
Il giovane manteneva lo sguardo fisso di fronte a sé, senza dare cenno di aver davvero visto la fanciulla. I suoi abiti erano pregni di acqua piovana, che scivolava lungo la fine trama del tessuto, bagnando le sue membra lattee, per poi ricadere al suolo con un ticchettio lieve.
Sollevò appena il capo, esponendo il volto alla luce delle candele. Lacrime di pioggia cadevano dolcemente dai capelli dorati sul suo viso, sfiorandone le gote, e percorrevano ogni suo lineamento fino al pomo d'Adamo.
Le labbra del giovane fremettero per un istante, poi si dischiusero leggermente a formare un'unica parola: -Jonathan.-
Si voltò di scatto verso la cameriera, scrutando il suo viso con le iridi ambrate. -Jonathan è già tornato, Lucy?-
La serva non rispose. Avanzò a occhi bassi verso di lui e iniziò a sbottonargli il chesterfield di flanella, allargando delicatamente ogni asola tra pollice e indice per evitare di tendere troppo l'altro lembo del soprabito. Era già giunta all'altezza del busto, quando cominciò a parlare: -Signorino Dio.-, disse con durezza, aiutandolo a sciogliere il nodo della sciarpa di seta, -Sono trascorse almeno due ore dal crepuscolo, e, come se ciò non fosse abbastanza, fuori imperversa una tempesta. Non è certo consono ad un gentiluomo rimanere lontano da casa fino a tarda notte! Lord Joestar è rimasto in pensiero per voi tutta la sera.-
Dio seguì attentamente i movimenti della cameriera, senza replicare.
Pareva più austera del solito: il suo grembiule, normalmente imbrattato di polvere, era lindo, con la gonna che ricadeva compostamente ai suoi piedi, e non una ciocca della sua chioma vermiglia osava fuggire all'esterno della cuffia per accarezzarne le balze; anche il suo viso caliginoso e macchiato di lentiggini, tipico da irlandese, esibiva un'espressione corrucciata.
Evidentemente, Lord Joestar, il padrone della villa, non era stata l'unica persona ad avere atteso con ansia il ritorno del ragazzo.
-Porgi a mio padre le più sentite scuse per il dispiacere recatogli.- Dio inarcò lievemente le spalle e allargò le braccia, in attesa che la serva gli sfilasse la giacca.
Tutt'altro che soddisfatta della risposta, Lucy camminò alle spalle del ragazzo e raccolse le falde del doppiopetto fradicio fra le dita, facendolo scivolare bruscamente lungo la sua schiena. -Sono stato sorpreso dalla tempesta al termine delle lezioni.-, proseguì Dio, le cui parole erano ormai rivolte più alla fanciulla che al padre, liberandosi delle maniche del cappotto, -Pensavo che la pioggia sarebbe cessata di lì a breve, così mi sono attardato nel cortile della Hudson assieme a dei compagni che avevano avuto la mia stessa idea. Abbiamo trascorso almeno un'ora a discutere del più e del meno, con lo scrosciare dell'acqua come unico sottofondo alle nostre conversazioni... prima di rassegnarci a sfidare le intemperie e tornare a casa. Giornata deliziosa, non è vero?- Sorrise incoraggiante alla serva, che nel frattempo aveva raccolto gli indumenti appesantiti dall'acqua e li stava disponendo ordinatamente su un appendiabiti. -Cosa desiderate per cena?- Ostentava ancora un tono di voce altero, ma appariva maggiormente rilassata rispetto a poco prima: i muscoli del collo non erano più tesi, e, per un istante, le sue labbra delicate sembrarono dischiudersi in un sorriso.
-Mio padre...?-
-Il signore ha terminato il proprio pasto poco prima del vostro arrivo, e si è ritirato nelle proprie stanze per riposare. Ha dato disposizione perché le cucine rimanessero aperte fino al vostro ritorno, signorino.-
Dio parve esitare per un istante. -Capisco.-, concluse infine, -Allora va' da mio padre a comunicagli quanto ti ho riferito, poi congeda le cuoche e andate tutte a dormire.-
-Ma, signorino Dio, il padrone ha detto...-
Il ragazzo tacque la cameriera con un gesto del polso e avanzò verso il centro della sala a passo marziale, tenendo le mani giunte dietro la schiena. Si bloccò sotto al lampadario, facendo cozzare fra loro i tacchi degli stivali Hessian con tale violenza da far sussultare la fanciulla alle proprie spalle. -Signorina Skye.-, esordì, in una grottesca parodia dell'accento del Merseyside di Lord Joestar, -Ritengo sia stata per tutti noi una giornata spossante, e per voi in primis. Pertanto, io, Dio Joestar Brando, in codesto loco, vi ordino solennemente di ritirarvi nella vostra stanza, gettarvi fra le lenzuola e lì giacere fino al canto del gallo!-
-Oh, signorino!-, squittì lei fra le risa, -Non dovrebbe prendersi giuoco del padrone in questo modo!- Aveva il volto paonazzo, con le gote macchiate di sfumature sanguigne, e tentava debolmente di contenere il proprio accesso di ilarità premendo i palmi delle mani sulle labbra.
Dio si rabbuiò immediatamente. -Hai ragione, perdonami.-, si scusò, serio, voltandosi verso di lei. -Ciò che intendevo dire é che, data la tarda ora, cenare mi pare quasi superfluo: ho perduto l'appetito ormai da tempo, e l'idea di dover mobilitare l'intera servitù per un singolo pasto mi appare odiosa. Dopotutto, io stesso mi sento affaticato, e devo ammettere che in questo istante mi attira molto più il cotone delle coperte dell'intingolo di una Biftek aux pommes-de-terre... Non oso neppure immaginare quanto siate spossati voi, dopo averci servito senza sosta tutto il giorno!-
-Non è nulla, signorino,-, mormorò la cameriera, ricomponendosi frettolosamente,-se comparato al vostro sforzo quotidiano. In fondo, avete intrapreso la facoltà più ardua all'Hudson Institute, quella di legge, riportando risultati eccellenti in tutte le materie, e adesso vi apprestate a superare l'esame finale... certamente con il massimo dei voti.-
-Sembri più interessata al mio rendimento scolastico di quanto non lo sia io.-, osservò beffardamente il ragazzo, cogliendo una certa concitazione nelle parole di Lucy.
Il viso della cameriera fu colto da rinnovato rossore. -Intendevo solamente complimentarmi con voi, signorino, e incitarvi a perseverare nei vostri studi con il medesimo impegno che dimostrate ora.-, balbettò imbarazzata, chinando il capo verso i motivi marmorei del pavimento. Tacque, misurando attentamente le sue prossime parole; per qualche attimo, nella sala non si udì altro suono che il rapido palpito del suo cuore. -Ora, se vossignoria permette...-
-Ma certamente.- Lo sguardo del giovane si soffermò nuovamente sulla figura minuta della fanciulla. Le sue gote stavano gradualmente riacquistando il loro pallore originario, ma ancora non osava sollevare il volto. -Hai il mio congedo, Lucy.-
-Mille grazie, signorino Dio. Le auguro un sonno tranquillo.- La serva curvò appena la schiena, accennando una riverenza, e, raccolte le pesanti falde della gonna fra le dita, cominciò a percorrere la sala con passo lieve, senza voltarsi indietro.
-Ah, signorino!- Lucy si fermò all'altezza del corridoio porticato, schioccando le suole delle scarpe contro una lastra di marmo corvino.
-Non volevate sapere del signorino Jonathan?-
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A N O T H E R
Horror"Terminó tutto in pochi istanti. Il corpo di Jonathan fu scosso da un fremito convulso. I suoi muscoli si irrigidirono, il capo scattò all'indietro: per un attimo, i suoi occhi parvero scrutare quelli del fratellastro attraverso la maschera di pietr...