Capitolo 5

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Amalia mi chiama.
-Sto scendendo sono pronta.-

Mi metto svelta i pantaloni inciampando a destra e sinistra, ancora insonnata.

Metto gli stivali e mi guardo allo specchio.

Ho la faccia di una che sta vivendo un dopo sbronza raccapricciante.

Scendo le scale e saluto i miei, Bob e Kham.

Prendo la cartella e con Amalia ci dirigiamo a scuola.

-Sei agitata?-

-Un po' ansiosa, ma al dire il vero non vedo l'ora di tornare a casa.-

Tutankhamon è diventato come un giocattolo nuovo consegnato nelle mani di due bambine.

Ci piace parlare con lui, passare il tempo insieme.

Arriviamo alla struttura. È piccola ma è normale, si tratta di un paese di non più di 30000 abitanti.

Entriamo sicure, scruto ogni singolo volto, ogni movimento, ascolto ogni rumore o risata, ho i sensi a mille.

La campana suona in quel momento e la massa si sposta dentro l'edificio, attraverso il cortile.

Io e mia sorella restiamo insieme fino alla cima delle scale, poi lei entra in un'aula ed io in un'altra.

I professori mi presentano alla classe, qualcuno prova ad attaccare bottone ma tutto l'entusiasmo che avevo di farmi dei nuovi amici l'ho lasciato sul letto.

Mi faccio mandare in bagno tre volte, e per tre volte perdo più di dieci minuti a smanettare il cellulare chiusa dentro.

Scaraboccio una rondine sul banco e quando suona la campana sono la prima ad uscire dalla classe e straordinariamente riesco ad arrivare alla porta d'ingresso senza perdermi.

Aspetto davanti al cancello Amalia ed insieme ci incamminiamo verso casa.

-Conosciuto qualcuno di interessante?-
Mi chiede distratta.

-Si, il prof di italiano.-
Affermo.

Lei ride e si concentra su di me.
-Io invece penso di essermi già ambientata un po', ho parlato molto.-

Mi rendo conto di aver solo perso tempo quel primo giorno.

-Non avevo molta voglia di parlare sta mattina, mi rifarò domani.-

-Non vorrai diventare una di quelle nerd isolate dal mondo?-

-Macché, siamo ancora al primo giorno non mettermi fretta.-
Rido.

Arriviamo dopo quasi dieci minuti di strada e troviamo già Kham e mio padre a tavola.

Mi siedo salutandoli e Bob ci raggiunge.

-Come è andata?-
Chiede l'uomo.

-È interessante qui.-
Affermo distante.

Kham mi sorride appena.

La mamma porta la pasta e mangiamo.

-Ci vuole tanto a piedi? Potrei accompagnarvi io se la strada è lunga.-
Propone papà.

-No non tanto.-
Afferma Amalia prendendo il formaggio.

-Mh.-

Continuiamo a mangiare in silenzio.

-Avevamo pensato di andare tutti al cinema questa sera.-
Ci informa nostra madre, e noi annuiamo contente.

Quando finiamo Amalia l'aiuta a sparecchiare e lavare i piatti, mentre io e Kham sotto lo sguardo attento di Bob saliamo in camera.

-Che hai fatto sta mattina?-
Gli chiedo buttandomi a letto.

-Ho guardato la Tv.-
Fa spallucce.
-Ho visto uno sport dove degli uomini rincorrono una palla, mi sembra tuo padre mi abbia detto si chiami calcio.-

-Si, si chiama calcio. Ti piace?-

-Un po'.-
Sorride.
-Mi piace di più uscire all'aria aperta o parlare con voi.-

Sorrido.

Mi guarda per qualche secondo in modo serio.

-Cosa c'è?-

-Una donna bella come te sarebbe stata apprezzata in Egitto.-

Rido tentando di nascondere l'imbarazzo.

Mi trova totalmente impreparata da quella sua riflessione.

Lui solleva il labbro da un lato mostrando un mezzo sorriso, uno di quelli seducenti.

-Andiamo di sopra sta sera?-

Annuisco.

Il pomeriggio con Amalia e Bob decidiamo di andare a prendere un gelato.

Arrivati alla gelateria ci sediamo su un tavolino e osserviamo i bambini che giovano sullo spiazzale, e per la prima volta abbiamo una conversazione quasi normale.

-La scuola ti serve Janet, è importante.-

-Si, lo so, ma che me ne faccio della geografia se voglio vivere dipingendo?-

Lui sbuffa, come se si trovasse a spiegare la matematica ad una bambina ottusa.

-Un'artista deve essere anche acculturata. Non provetesti vergogna se trovandoti dentro ad un discorso non riuscissi a capirne il senso?-

-Questo si ma non mi troverei mai dentro ad un discorso da laureati, quindi mi basta sapere le cose più comuni e le cose basi.-

L'uomo prende il suo gelato ed inizia a mangiarlo annoiato.

-Fai come vuoi, pensala come vuoi.

Kham ed Amalia nel frattempo parlano della gelateria.

Un ragazzo si mette a suonare la chitarra non molto lontano da noi, con la speranza di raccimolare qualche spicciolo,  mi alzo trascinando Amalia e Kham là.

Sorrido al ragazzo che nel frattempo mi ha vista e ha ricambiato.

Si ferma appena finisce la melodia.

-Sei bravo.-

Lui ridacchia.
-Grazie.-

-Suoni da molto?-

-Da quando ero piccolo, mi ha insegnato mio padre.-
Poi mi guarda.
-Vuoi provare?-

-Si.-
Prendo lo strumento entusiasta.

-Le conisci le note?-

Lo guardo con fare da sapientona e mi metto a suonare.

Lui mi guarda sorpreso e inizia a battere le mani a tempo.

Amalia inizia a ballare e per una decina di minuti va avanti così.

Una decina di persone vedendoci si è fermata per qualche secondo ed ha lasciato delle monete.

-Basta così.-

Rido e gli porgo nuovamente la chitarra.

-Sei grandiosa, dove hai imparato?-

-Mi ha insegnato mio zio.-
Sorrido e guardo Amalia.
-Comunque noi andiamo.-

-È stato un piacere.-
Lui mi sorride e mi bacia una mano.

Poi ce ne andiamo.

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