La macchina tremò. La vibrazione si propagò attraverso la carrozzeria fino al volante e alle mani di Gino Lorieri. Lo cercò nello specchietto retrovisore per lanciargli un'occhiataccia, ma il tizio che l'aveva fermato a metà di corso Lodi era saltato sul taxi e aveva sbattuto lo sportello come volesse portarselo a casa per ricordo, e si era sistemato nell'angolo cieco dietro il sedile di guida. Gino fece scattare l'interruttore nascosto accanto alla leva delle frecce. Il piccolo schermo collegato alla telecamera si accese nella parte bassa del cruscotto a sinistra, invisibile al passeggero. Lorieri sapeva che non era legale, avrebbe dovuto esporre un avviso, rendere visibile la telecamera, forse addirittura pagare una tassa. Al diavolo, troppe complicazioni. Era talmente piccola che non se ne sarebbero mai accorti, ma almeno lui si sentiva più sereno.
Di cose strane, da quello schermo, ne aveva viste parecchie. La gente che ogni sera scarrozzava era sempre più strana, fuori di testa. Gino non aveva idea di cosa stesse accadendo. Forse il mondo aveva preso a girare troppo veloce e gli uomini non erano pronti. Stavano tutti impazzendo. La Milano che conosceva, quella della sua infanzia e della sua giovinezza, non esisteva più. Era cambiata in peggio. Ma la gente non reagiva, forse neppure se ne accorgeva. Stavano tranquilli nelle loro case attaccati alla televisione e incuranti del disastro che scava scoppiando fuori. Era una specie di cancro che stava consumando ogni cosa, distruggendo il poco di buono che le generazioni precedenti avevano lasciato in eredità. Certezze, valori, tutto era messo in discussione e sostituito dal vuoto, dal caos. Uno schifo. Solo chi viveva la strada ogni giorno come lui se ne rendeva conto. Di notte non serve nascondere il marcio, indossare la maschera. Di notte il vero volto della città appare in tutto il suo orrore.
I giovani soprattutto, mostravano il nulla di cui era fatta a loro esistenza, che tentavano inutilmente di riempire con musica, alcol, droga e sesso. E con atti inspiegabili di violenza. Milano era diventata una città pericolosa. Lo era sempre stata, riuscendo però a nasconderlo sotto i suoi vestitini alla moda. Erano solo parrucche e strati di cerone che coprivano lo sporco difficile da lavarsi di dosso. Molti pensavano ancora che Palermo e Napoli fossero luoghi peggiori di Milano. Ma il peggio accade dove ci sono più soldi. E i soldi sono bravi a nascondere il marcio, almeno finché il marcio non diventa un cancro. Già, perché al cancro non interessa quanti soldi hai sul conto corrente.
Il tizio che Gino aveva caricato, di soldi, doveva averne parecchi. Stava parlando al telefono e non sembrava intenzionato a fargli sapere dove volesse andare. Gino Lorieri, allora, attese, non aveva fretta, il tassametro era scattato appena il damerino aveva posato il culo sul sedile posteriore.
– Non me ne frega un cazzo! A me quei soldi servono – urlò. – E allora? No! Lasciali a casa. Non mi interessa. Cos'è più importante? Ma porca puttana, mi stai a sentire? Mamma, non capisci un cazzo! No, aspetta! Ehi capo – ora ce l'aveva con Lorieri – abbiamo intenzione di stare qui tutta la notte? Ti puoi dare una mossa?
– Signore mio bello, se non abbassa la voce e se non mi dice dove vuole andare, abbasso il sedile e faccio anche un bel riposino senza fermare il tassametro.
– Cristo Santo, abbiamo trovato anche il tassista comico. Assago, via dell'Industria 5. Possiamo andare, adesso? Pronto mamma? Sei viva? Domani vai in banca e risolvi la cosa, punto e basta. Adesso ti saluto. Addio.
Gino Lorieri mise in moto. Come inizio turno non c'era male. Un giovane riccone, viziato ed arrogante. C'era solo da sperare che con tutta la droga che di certo si era appena sparato su per il naso, se ne sarebbe stato tranquillo senza rompere troppo. E invece...
– Fabio, dove cazzo sei? – seconda chiamata, sempre usando un volume di voce come se si trovasse accanto al rotore acceso di un aeroplano. Le tacche luminose del misuratore di sopportazione di Lorieri si stavano abbassando in modo preoccupante.
– Hai risolto il problema di ieri? Spero di non trovarmela più tra le scatole quella troia di merda. Ecco, sì. Molto bene. A domani, allora.
– Mister, le chiedo di nuovo la cortesia, nel caso dovesse fare altre telefonate, di abbassare la voce e moderare i toni. Grazie.
Il tizio non rispose. Aveva chiuso gli occhi, e faceva finta di dormire. Meglio così, si disse Gino, se si fosse addormentato per davvero avrebbe smesso di rompere l'anima. Personaggi simili erano all'ordine del giorno. La feccia della città. Giovani sanguisughe, figli inetti di famiglie abbienti. Presuntuosi, arroganti, ignoranti smidollati. Oramai sembrava che a certe ore il taxi lo usassero solo relitti del genere. Stavano fuori fino al mattino ad ammazzarsi di droga e alcol passando da un locale all'altro. E poi, a un passo dal creatore, chiedevano al taxi di riportarli a casa.
Come quella volta che l'avevano chiamato per una corsa dal Plastique, un famoso locale notturno. Era una donna, alle due del mattino. Arrivato lì, trovò una ragazza che disse che il passaggio non era per lei, ma per l'amica che non stava tanto bene. Solo che Lorieri non vedeva nessun altro. Dovette seguire la ragazza in retromarcia fino al punto in cui questa si sbracciava per dirgli che l'amica era lì. Solo che anche lì Lorieri non vedeva nessuno. Allora la tizia gli indicò il tettuccio dell'auto accanto. Delirante e in equilibrio precario c'era una pazza con pantaloni e mutante calati fino alle caviglie. Era intenta a svuotarsi l'intestino dalle prelibatezze che aveva mangiato negli ultimi due giorni. Dopo aver completato l'operazione con una copiosa e interminabile urinata, si convinse a scendere. Si era sporcata tutta. Era pallida come un cencio. Lorieri non si era sentito di andarsene (era minorenne, più o meno l'età di sua nipote). Aveva aperto il bagagliaio e tirato fuori uno dei suoi kit per le emergenze. Salviette umidificate per toglierle il grosso e teli plastificati per proteggere il taxi. Ci volle un quarto d'ora per caricare a bordo quella bambina rotta. A quel tempo non era ancora cominciata l'epopea delle corse speciali e aveva ancora il cuore buono. Si fosse trovato adesso nella stessa situazione, avrebbe lasciato quella svergognata nella sua merda senza neppure pensarci un istante.
Dopo anni di onorato e sofferto servizio, Gino Lorieri aveva imparato la lezione. Aveva capito qual era il proprio ruolo nel girone infernale della vita. Non si poteva solo subire. Ciascun cittadino poteva e doveva fare la propria parte. Era un dovere civico. Reagire, non subire. Lottare, mai mollare. Se tutti si fossero comportati come lui, questa città sarebbe stata un posto migliore dove vivere.
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Corsa speciale
Mystery / ThrillerNon vi è riparo allo sterminio per l'uomo che, imbaldanzito dalle ricchezze, ha diroccato il grande altare della Giustizia. (Eschilo) Adesso vedo con chiarezza che la mia vita ha avuto un solo scopo, adesso l'ho capito. Non c'è mai stata altra scelt...