PRIMA PROVA: VISION

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Genere: paranormale
Ambientazione: gita/bosco
Numero parole: 2796

Ero in ritardo, come al solito. Chiusi con un colpo la sveglia che però non si spense ma continuò imperterrita la sua canzoncina snervante. Succedeva tutte le mattine, non si spegneva, forse un malfunzionamento di quell' aggeggio infernale.
Non ci diedi peso, mi vestii con le prime cose che trovai nell'armadio e veloce come una lepre mi fiondai giù dalle scale. Non avevo fame, come al solito.
Vidi mia madre seduta sul divano, fissava intensamente la tv che faceva vedere uno dei tanti video della mia infanzia.
Si poteva intravedere papà che giocava a pallone con me e la risata di mamma riepì per un attimo l'abitacolo.
Sospirai appena vidi una lacrima solcare la sua guancia.
Da quando papà era morto, non aveva più aperto bocca, almeno con me. La mia ipotesi è stata che probabilmente mi ha dato la colpa dell'incidente anche se, me la davo anch'io.
Ero con mio padre in macchina e stavamo litigando, quando una macchina ha sbandato finendoci contro. Sono rimasta in coma per qualche mese, almeno credo. Non ricordo nulla di quello che era successo.
<<Ciao mamma.>> urlai sapendo che lei non mi avrebbe risposto. Uscii di casa con il sottofondo dei suoi singhiozzi.
Aspettai l'autobus con una signora anziana, la salutai educatamente ma non mi rispose. Forse era sorda o come il resto dell'umanità non mi considerava.  Avevo provato ad interagire con gli altri ma evidentemente nessuno gradiva la mia presenza. Ormai ci avevo fatto l'abitudine, ero un'ombra, non ero destinata a lasciare un segno su questo mondo.
Dopo l'incidente è stato come se mi fossi volatilizzata agli occhi degli altri, prima non contavo molto, ma almeno mi rivolgevano la parola. Forse non volevano dire qualcosa che mi facesse soffrire, forse avevano bisogno anche loro di digerire la notizia, forse non se lo sarebbero mai aspettato che mi risvegliassi.
<<Dai tempo al tempo, Alexandra>> mi dicevo sempre sperando che prima o poi le cose sarebbero cambiate.
Arrivò l'autobus che mi avrebbe portato a scuola. Feci salire prima la signora e poi mi issai sul veicolo e tra poco non venivo schiacciata dalle porte. Imprecai sottovoce sperando che il conducente non mi sentisse.
Come al solito era tutto pieno e ci voleva una certa arte da equilibrista per rimanere in piedi in mezzo a tutti quei corpi sudati e urlanti. Io rimanevo in silenzio perché non avevo nessuno con cui parlare e sinceramente anche se ce l'avessi avuto non avrei avuto argomenti.
Sospirai, ormai era diventato un tic, quando il bus fu scosso a causa di una buca sull'asfalto. 
Un bambino mi cadde davanti. Allungai la mano per aiutarlo ma si tirò su da solo, aveva i capelli bruni e ricci. I suoi occhi verde prato si posarono nei miei neri. Rimanemmo qualche secondo così, non ero più abituata a un contatto visivo, l'ultimo era stato quello di mio padre. Un brivido mi scosse le membra.
<<Ciao>> mi disse
Deglutii poi con l'indice mi indicai, come per dire "parli con me?"
<<Sì, ciao a te>> mi disse sorridendo.
<<Ciao, come ti chiami?>> gli chiesi contenta che qualcuno mi stesse rivolgendo la parola.
<<Will. E tu sei Alexandra, giusto?>> mi chiese scrutandomi con i suoi occhioni.
<<Come fai a conoscermi?>> chiesi mezza spaventata. Non mi intimoriva la sua presenza, d'altronde avrà avuto circa dieci anni, ma c'era qualcosa che non quadrava, secondo il mio sesto senso .
<<Siamo molto simili, cara Alex. Ti dispiace se sto un pò con te?>> mi chiese avvicinandosi e aggrappandosi alla stessa maniglia.
<<No, certo che no. Ma dove sei diretto?>>
<<Alla scuola.>>
<<Dove vado anch'io?>> chiesi stupefatta.
<<Credo proprio di sì. Devo andare dalla mamma.>> sussurrò come se mi stesse dicendo un segreto. Annuii non sapendo cosa dire.
<<Quanti anni hai?>> chiesi
<<Hai molta fantasia... >> mi prese in giro lui. Mi rizzai indispettita
<<Scherzo, comunque hai pensato bene. Ho dieci anni.>> mi disse lui schernendomi.
Lo guardai con occhi spalancati, come aveva fatto?
Non riuscii a chiederglielo perché l'autobus si fermò di colpo. Le porte si aprirono e una cascata di ragazzi fuoriuscirono dal veicolo. Mi ritrovai all'aria fredda d'inverno con un venticello gelido che si insinuava tra i miei vestiti. Sembrava attraversarmi lasciando l'eco rimbombante del suo passaggio dentro il vuoto in me.
Mi sentivo un sacchetto svuotato, ma non avevo nessuno a cui raccontare il mio disagio. <<Forza,Ale. Hanno solo bisogno di tempo. Il tempo di cui hai avuto bisogno per svegliarti, loro ne hanno bisogno per digerire la notizia. >> sussurrai tra me e me.
Mi guardai in giro in cerca di Will ma non lo vidi. Mi avviai con la testa bassa verso la scuola.

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