Capitolo 1

750 48 8
                                    

Capitolo 1 - Fatal Love

La neve cadeva a fiocchi leggeri, regalando alla gente che passava per le strade innevate uno spettacolo unico e irripetibile. Il bianco era sempre stato il colore preferito di Kahlan, le dava una sensazione di benessere e purezza. Ecco il perché lei amasse così tanto l'inverno. Restava a fissare anche per ore la neve, dietro la finestra della sua stanza, quella che dava sul giardino del retro della casa. Anche il suo cane, Dolly, un labrador nero, amava l'inverno. Si divertiva a rincorrere la neve e giocare sotto la pioggia. Kahlan gioiva un mondo a fissarla, così come gioiva a fissare lei suo fratello Jackson. O meglio, il suo fratellastro. Era più grande di lei di ben 2 anni, e quando era nata l'aveva già trovato lì. I suoi genitori l'avevano adottato prima di scoprire che aspettassero un bambino e così l'avevano tenuto. Kahlan non aveva mai scoperto il suo vero cognome, visto che ormai apparteneva alla famiglia Jones. Era però certa che Jackson fosse il suo vero nome, ma non si riusciva a spiegare il perché l'avesse tenuto. Forse gli ricordava casa o chissà, magari gli piaceva e basta.
Erano stati tempi duri per loro. L'imminente partenza dei genitori in territori stranieri e pericolosi non li faceva di certo dormire la notte. Africa, la loro meta. Erano volontari di "Medici senza frontiera", e dovevano dare una mano alla comunità. Nonostante Kahlan fosse ancora minorenne non li fermò assolutamente. Responsabili delle loro azioni, decisero di concedere a Jackson la custodia provvisoria della sorella, così da prendersi cura lui di lei nel periodo in cui fossero rimasti fuori dagli Stati Uniti d'America, e nei peggiore dei casi la loro morte. Sapevano benissimo delle conseguenze in cui andavano incontro, ma a causa del loro animo nobile il loro sogno di una vita ora doveva realizzarsi, anche a costo di sacrificare gli unici figli che amavano più della loro stessa vita. E poi erano fiduciosi e molto sicuri di Jackson, il fratello perfetto che tutti avevano il diritto di avere. Era sempre stato premuroso nei confronti della sorella, protettivo e orgoglioso dei suoi progressi a scuola e in tutti i campi. Si vedeva lontano un chilometro che l'amava infinitamente e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per renderla felice. Kahlan era in ottime mani, questo era l'unico motivo che li spingeva ad intraprendere la loro strada. I figli, si sa, crescono e vanno via di casa, ed è proprio quello il momento in cui i genitori diventano in parte liberi di fare quello che abbiano sempre desiderato. Kahlan aveva 16 anni, era una donna, responsabile e matura. Jackson ne aveva 18, un uomo adulto e con un animo premuroso. Sì, potevano lasciare quella casa e salvare le moltissime vite che attendevano il loro soccorso. "È per dare alla gente qualche speranza in più, qualche anno di vita in più." Si dissero, un giorno.

Dolly smise di giocare con la neve, troppo triste perché i suoi padroni stavano andando via. Tutto era pronto. Il taxi era già sul vialetto di casa, e l'autista stava caricando le valige in auto. Jackson si era offerto di accompagnarli in aeroporto, ma loro avevano rifiutato. "Un momento troppo struggente." Avevano detto, dispiaciuti. Kahlan lasciò la sua stanza, e scese le scale con lentezza. La partenza dei suoi genitori era motivo di dolore, sapeva che forse quella sarebbe stata l'ultima volta che li avrebbe visti e abbracciati. Si sentiva strana, come se stessero portando via un pezzo di cuore dal petto. Certo, aveva Jackson ma nessuno, proprio nessuno poteva sostituire due figure così importanti.
I suoi piedi si bloccarono quando vide suo fratello tra le braccia del padre. Si avvicinò lentamente e abbracciò sua madre.
- Abbi cura di te, tesoro. - le sussurrò dolcemente, trattenendo le lacrime. Kahlan annuì, mentre i suoi occhi iniziavano a bruciare sempre di più.
D'altro canto, Jackson stava ancora peggio. Le responsabilità erano tutte sulle sue spalle, la casa, Kahlan, il lavoro, i soldi. Doveva prendere il posto di un capo famiglia che aveva dato tutto per i propri figli. Era difficile adesso, prendersi cura dell'unica persona che amava in tutto il mondo, averla in casa sempre di più, vivere con lei senza la presenza dei genitori. Chi avrebbe bloccato l'istinto di baciarla, adesso? Come sarebbe riuscito a trattenersi? Desiderava Kahlan più di ogni altra cosa, come si desidera l'acqua nel deserto arido, come l'ossigeno in apnea. "È sbagliato." Si ripeteva tutte le volte che faceva pensieri amorosi su di lei. "Non può succedere nulla tra noi." Ma più si costringeva a pensare queste cose, più la sua mente tornava a lei e alla sua pelle bianca e delicata. Amava il modo in cui lo abbracciava quando ne aveva bisogno. I loro corpi erano stati creati per completarsi a vicenda. Così la sua mente diceva.
- Prenditi cura di Kahlan, non permettere mai a nessuno di farle del male. Ti voglio bene, Jackson. Sei un figlio meraviglioso, non avrei desiderato persona migliore di te. - pianse sulla sua spalla, mentre lo strinse ancora di più a sé. Era un momento padre-figlio di altri tempi.
- Tesoro, dobbiamo andare adesso. - Il padre si staccò, riluttante. Non voleva lasciare i propri figli, ma era giunto il momento di dare loro vita migliore. Prese la mano della moglie e salutò con un sorriso stentato. Kahlan cercò l'appoggio di Jackson e lui la tenne stretta tra le sue braccia, mentre insieme videro il Taxi allontanarsi.

Quella notte, lei non riuscì a dormire. Si girava e rigirava nel letto, spaventata. Aveva fatto un incubo terribile. Vedere la morte dei propri genitori in sogno era stato distruttivo. Un vecchio detto diceva che questo significava dare lunga vita alla persona sognata e questo la rese meno impaurita. Ma non riusciva a calmarsi, neppure dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua. L'unica cosa da fare era andare da Jackson, come quando erano piccoli. Ogni volta che lui o lei facevano un brutto sogno le braccia dell'altro erano un porto sicuro. Dopo anni che non cercava più Jackson la notte, dopo aver fatto sogno così orribile, scese dal letto e raggiunse la stanza di lui. La porta era socchiusa, e il suo corpo si intravedeva coperto dalle lenzuola di cotone. Aveva solo una gamba fuori, come era suo solito. Sorrise, entrando in punta di piedi nella stanza. Non voleva svegliarlo, stavo dormendo così beatamente che era un peccato disturbarlo. Anche solo il fatto di dormire accanto a lui l'avrebbe tranquillizzata. Amava suo fratello, era per lei un amico, un padre e una persona su cui contare. Non era l'amore quello di cui parlavano le favole, il suo. Era un amore che andava oltre tutto. Non riusciva bene neppure lei a spiegare cosa sentisse quando lui le stava vicino. Era suo fratello, era normale volergli bene.
- Hai fatto un incubo? - le disse Jackson, con sua sorpresa. Era sveglio, stava solo riposando ad occhi chiusi e neppure lui quella notte riusciva a dormire.
- Sì. - aveva ammesso lei, ancora tremante. Lui le fece spazio sul letto e le indicò di venire a stendersi accanto al suo corpo caldo.
- Come i vecchi tempi. - sorrise leggermente, abbracciando sua sorella.
- Ho paura, Jackson. - Lo stomaco di lui si contorse. Era uno stato d'animo che lei non doveva provare, soprattutto se lui era lì.
- Anche io, Kahlan. Ma ti prometto che ce la faremo, insieme. - lei annuì, credendo vivamente alle sue parole. Si fidava di Jackson, più di tutte le persone che le stavano accanto.
- Posso restare? - era una domanda che Kahlan voleva fargli sin da subito, ma era stata troppo timorosa di una sua risposta negativa.
- Non devi neppure dirlo. - la rassicurò, Jackson. La faccia di lei era appoggiata sul petto di lui, mentre la mano di Jackson accarezzava dolcemente i capelli di lei. Kahlan si addormentò così, tra quelle braccia così forti e protettive. Immaginò gli occhi color cioccolato di Jackson che la vegliavano prima di riuscire a prender sonno.

"Non voglio andare a scuola!" Si disse, tra sé e sé, Kahlan. L'idea di uscire con tutto quel freddo fuori, la irritava. Era il terzo giorno senza i suoi genitori e aveva dormito un po' meglio, quella notte. Nessuno sapeva che Jackson si stendeva accanto a lei, e la cullava fino a quando non si fosse addormentata. Lei aveva chiesto esplicitamente di non restare dopo che avesse preso sonno, ma lui le restava a fianco tutta la notte, fino all'alba. E dormivano sereni, entrambi.

Il loro rapporto era sempre stato un'incognita. Nessuno dei due sapeva bene quali sentimenti si scatenavano in loro, o meglio, solo Jackson ne era al corrente .

FATAL LOVE  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora