Introduzione

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15 Marzo 2017

La ragazza stava in piedi davanti allo specchio nell' immenso salone di una casa troppo grande e troppo silenziosa. Erano giorni ormai che stava preparando la sua mente a quel momento, ed ora che il tempo stava per scadere non sapeva ancora bene che fare.

"E' meglio così ", " Almeno ha smesso di soffrire" . Erano giorni ormai che tutte le persone che incontrava continuavano a ripeterle quelle frasi, come voci preimpostate di una macabra segreteria telefonica che non smette mai di ripetersi. E lei era stufa, stufa di tutta quell'ipocrisia, di tutti quei sorrisi falsi e quelle parole sdolcinate che tutti  le rivolgevano dopo la morte dela padre, come se pensassero che lei potesse credere a quelle stronzate. Suo padre era un figlio di puttana, lo era sempre stato. Odiato dalla maggior parte della popolazione di Rochester per i suoi modi arroganti e la sua smania di potere, già all'età di 20, dopo la morte dei genitori avvenuta a causa di un incidente stradale, aveva preso le redini della Società assicurativa di famiglia, portando il proprio capitale alle stelle. Con il passare degli anni, e l'ammontare del denaro, Walter Johnson, aveva acquistato la quasi totalità delle imprese più redditizie del territorio. Hotel, ristoranti, negozi, quasi tutte le attività in città portavano il suo cognome e ciò gli causò non pochi problemi. All'età di 29 anni sposò Emily Roose una piccola e dolce infermiera e, dopo appena tre anni , nacque Savannah la prima e unica figlia che la moglie gli potè donare prima della morte prematura a causa di un cancro maligno ai polmoni. Savannah crebbe nell'agio e nell'abbondanza ma nonostante ciò non prese mai il carattere del padre. Era dolce, gentile e disponibile come la madre. Niente la rendeva più felice che essere come lei. 

Con il passare degli anni il rapporto tra padre e figli si fece sempre più contrastante,sempre più burrascoso e ciò portò Savannah alla decisione di abbandonare definitivamente la casa materna per andare a vivere in un appartamento a qualche chilometro di distanza.

Da allora passarono circa due anni.
Due anni senza notizie, telefonate o messaggi da parte del padre fino all'altroieri quando il suo telefono aveva squillato ed una voce maschile le aveva annunciato la morte del padre a causa di un infarto e la necessità di un immediato ritorno a Rochester.

All'inizio non aveva provato nulla, ne tristezza, ne odio, ne dolore, niente di niente, Quell'uomo per lei era sempre stato un estraneo. Non era mai stato presente a nessun evento importante della sua vita, al suo posto c'era sempre stato il suo assistente Jesse con un mazzo di rose ed un bigliettino che recava sempre le stesse parole "Buona fortuna". Poteva senza alcun dubbio affermare che era più legata all'assistente che al padre stesso. 

Aveva persino pensato di non andare al funerale, ma poi sapeva benissimo che se l'avesse fatte si sarebbe sentita in colpa. Lui l'avrebbe fatto, ma lei, no, lei non era come lui. 

Si guardò nuovamente allo specchio. Il vestito nero che le era stato portato alla mattina le calzava a pennello, anche se trovava stupido dover mettere un vestito per andare ad un funerale. Si infilò i tacchi, prese la borsa ed uscì da quella casa con l'augurio di non tornarci mai  più. 

Jesse l'aspettava appoggiato alla Berlina nera, quando la vide le aprì la portiera.

<<Tutto bene signorina Johnson? Il vestito era di suo gradimento? >>

<<Tutto bene Jesse grazie.Il vestito è perfetto. Ottimo gusto come sempre>>

<<Dovere signorina>>  aiutandola ad accomodarsi sulla vettura.

La casa del padre distava circa 10 minuti dalla Chiesa dove sarebbe stato celebrato il funerale, Savannah decise così di utilizzare quel poco tempo prezioso per rileggere il discorso che si era dovuta preparare per "dare una migliore immagine" al padre, come le era stato detto dall'avvocato. 

"Mio padre non era una cattiva persona"- ripetè nella proprio mente -  "E' sempre stato presente ed amorevole nei miei confronti" - stronzate penso tra se e se. Dover mentire ancora una volta per suo padre la faceva innervosire, odiava quell'uomo e invece in pubblico ha sempre dovuto fingere di amarlo. Involontariamente strinse il foglio stropicciandolo.- "Ricordatelo come l'uomo generoso e intraprendente che ha fatto fiorire la nostra Rochester". Concluse la lettura nello stesso instante in cui la vettura si fermò davanti alla vecchia chiesa.

La cerimonia si svolse velocemente, o almeno così parve a Savannah.  Come la ragazza dai capelli corvini e gli occhi marroni aveva immaginato, al termine delle sue parole in pochi avevano applaudito, giusto qualche parente o socio fidato del padre. Lei si era limitata ad un cenno del capo prima di tornare al proprio posto accanto a quelli che dovevano essere suo cugini, ma che non aveva mai visto. 

All'uscita della chiesa la pioggia aveva iniziato a cadere. Nessuno si presentò alla sepoltura se non lei e Jesse. Restarono per circa mezz'ora in piedi, davanti alla piccola cappella, senza dire una parola. Savanah non versò lacrime, ma ad un certo punto le parve di scorgere Jesse portarsi la manica della giacca al volto, per poi ritrarla fulmineo. 

<<Che tempaccio. Dove vuole che la porti signorina?>> chiese l'ormai ex assistente del padre mentre prendeva posta sul sedile del guidatore.

<<A casa mia. Grazie Jesse.>> risposte la ragazza senza distogliere lo sguardo dal finestrino.

<<Signorina Savannah, posso porle una domanda?>>

<<Santo Dio Jesse dammi del tu! Comunque, cosa volevi chiedermi?>>

<<Mi chiedevo cosa ne farà, hem.... volevo dire, cosa ne farai della casa e dell'azienda. Insomma resterai qui e continuerai a portare avanti i progetti di tuo padre o te ne andrai?>>

<<Non lo so....Non lo so...>> rispose sospirando prima di appoggiare la testa al finestrino, chiudere gli occhi e lasciarsi sprofondare nell'oblio.



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