Sign of the times || Dramione||

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POV. HERMIONE



«Ciao.» lo sentii dire. Io, invece, ero a corto di parole, la gola era secca e arida come un deserto e faceva male e bruciava.

Mi moltai appena a guardarlo avanzare con le mani in tasca, dentro a quei pantaloni neri tipicamente suoi ; teneva il capo chino, nascondendo il volto pallido, e numerosi ciuffi sfuggivano dal gel ricadendo in avanti, ricoprendomi quel poco di viso che avrei potuto vedere.

Si fermò accanto a me e sollevò il mento, finalmente, mostrandomi il suo volto pallido e allungato, gli occhi grigi screziati di dolore mentre fissavano il campo da Quidditch.

Io mi appoggiai alla balaustra senza fiato; rivederlo dopo anni da una visuale così vicina mi faceva vorticare la testa. Ero andata in quel balcone per prendere una boccata d'aria da tutta l'oppressione della festa della Memoria della Battaglia di Hogwarts, per evitare lui e per evitare che la mia famiglia capisse. Che Ron capisse.

E invece eccolo qui, accanto a me, con la sua aria da bell'e dannato e il suo profumo di pino.

«Sei sempre stata tu quella pronta alla battuta.» sussurrò, piano, accennando al mio silenzio. Non potei fare altro che distogliere lo sguardo, volgendolo a mia volta verso il campo da Quidditch, e deglutire.

Era vero; fin dai giorni andati ero sempre stata io quella che rispondeva a lui, a tono, non lasciandomi intimidire dalla sua superiorità. E invece ora eccomi qui, tremante e incapace di spiccicare parola.

Che effetto mi fai, Draco  Malfoy, dopo tutto questo tempo?

« E sei sempre stato tu quello a rompere per primo.» finalmente riuscii  a dire, e trovai perfino il coraggio di voltarmi a guardarlo, non senza che il mio cuore facesse una capriola e perdesse un battito. Draco fece lo stesso, incurvando appena quella labbra sottili, mostrandomi il suo ghigno sarcastico, i suo occhi scintillanti.

Quanto mi era mancato.

«Touchè, Granger.»

Fu il mio turno sorridere appena, lasciandomi scivolare via quell'ansia che mi attanagliava da quando lo avevo visto fare il ingresso accompagnato da suo figlio e dalla cognata Daphne Greengrass.
E poi, vederlo in compagnia di quella casata verde-argento al completo, vederlo seduto a quel tavolo mentre parlottava con Theodore Nott, esattamente come anni prima, mi aveva fatto ricordare dolorosamente quanto diversi  fossimo. E di quanto fossimo opposti.

«Fa uno strano effetto.» ammise a bruciapelo, lui, continuando quel discorso che era iniziato dal nulla e che continuava soltanto per la nostra necessità di ritrovarsi, in qualche modo. E a me andava bene, comunque. Poteva sembrare assurdo, ma quegli istanti passati con Draco in passato, quegli stessi istanti di quel momento, erano i più belli della mia vita.

Non feci in tempo a domandargli cosa facesse uno strano effetto, perchè lui puntò le due iridi nelle mie e continuò: «Pensavo che non appena mi avresti visto avresti urlato, mi avresti insulato. E invece eccoti qua, quasi mi stessi aspettando a braccia aperte. Fa uno strano effetto.» e fece spallucce. Draco non era mai stato un tipo loquace; in passato quando apriva la bocca lo faceva per insultare me i miei amici e non diceva altro, se non parole da bambino viziato. Ma anche allora, durante i giorni andati, non riuscivo mai a capire perfettamente Draco e forse era stato proprio quello che mi aveva invaghito, di lui: il non capirlo affatto.

«E perchè dovrei, Malfoy?» ghignai saccente, restando al suo gioco, complici di quello piccolo scherzo che due adulti maturi non dovrebbero fare. Lei era spostata con Ron, aveva dei figli con lui. Draco era vedovo e aveva Scorpius. Semplicemente, girarsi attorno come due adolescenti alla prima cotta era sbagliato.

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