Tra i livelli alterni
della città emersa
salivo incurante
e furtiva scendevo.
Curve d'argento
su rampe infinite
violavano ardite
un paradiso scontato.
Composta e muta
sul bianco sedile
spiavo all'inverso
da un sottomarino,
rubando la vita,
in controapnea
da storie riposte
entro celle segrete.
Azzurro di mare,
poi giallo di tufo,
marittimo verde
nel grigio cemento,
domestiche luci
e presenze al tramonto,
a volte celate
da un velo scontento.
Ali d'uccello
non erano date,
al posto dei droni
sol'occhi di fate.
Due attimi o tre,
di più non speravo,
ché il mondo privato
era ancora un regalo.