Chapter 1

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Suonò la campanella e tutti i ragazzi uscirono dalle loro aule occupando i corridoi della mia scuola: la Academy Year High School. Si sa come funziona nelle scuole, più o meno si è divisi in classi sociali: i popolari, gli amici dei popolari e gli sfigati. Io facevo parte dell'ultima categoria quindi non mi aspettavo nulla di grandioso da questo secondo anno scolastico. Non che mi importasse essere popolare ma volevo semplicemente essere rispettata dai miei coetanei. Dopotutto non potevo lamentarmi, avevo degli ottimi voti, delle amiche sincere e una famiglia che mi voleva bene, tutto ciò che si può desiderare no? Non avevo bisogno della popolarità. 
Camminavo a testa alta con accanto la mia amica Emanuela parlando della professoressa stronza di matematica che avremmo visto pochi istanti più tardi.
Entrammo in classe sedendoci al solito posto, terzo banco fila centrale. Man mano sempre più gente entrava e non appena tutti i banchi furono occupati la professoressa iniziò a parlare.

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Le prime tre lezioni fortunatamente passarono in fretta ed annoiate andammo verso la mensa. Tutte le cheerleader erano sedute al tavolo centrale con i giocatori di football, tra cui lui. Conoscevo così bene la sua risata che la riconobbi all'istante e incrociai il suo sguardo per qualche secondo. I suoi occhi erano freddi e non mutarono l'espressione.
Seduta al tavolo scherzavo con le mie amiche fin quando sentì una voce.
"Tavolo delle sfigate come vi va la vita?" Disse uno dei ragazzi della squadra di football, Danilo mi pare si chiamasse, con un tono antipatico. Mi voltai dalla sua direzione e lo guardai come per dire 'perché lo fai?' ma non lo capì. Non mi stupì delle numerose risate che seguirono dopo. "Che c'è? Ti ho forse offesa?" disse rivolgendosi a me facendo un espressione fintamente triste e le risate cessarono per qualche secondo per poi ricominciare più forti di prima coinvolgendo tutta la mensa. Mi sentivo così piccola in confronto a loro e
non dico di esserci abituata ma non era la prima volta, odiavo quei ragazzi e odiavo essere presa di mira ogni giorno. Decisi di ignorarli e sperare che la pausa finisse il più veloce possibile costringendo i miei occhi a contemplare il vassoio e nulla di più.
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Anche oggi quell'incubo era finalmente finito tra risatine, insulti, spinte, libri a terra e frecciatine. Sarei potuta esplodere in qualunque momento, ma dovevo rimanere forte giusto? È questo che gli adolescenti devono fare al liceo, sopportare tutte le cattiverie senza dire una parola.
Tornai a casa e non ebbi nemmeno il coraggio di salutare i miei genitori, avrebbero capito che qualcosa non andava e sarebbero partite mille domande a cui non avevo voglia di dare risposta. Non volevo affrontarli, si, stavo fuggendo dal problema e non mi importava.
Salì in camera, gettai lo zaino in un angolo e mi misi sul letto ammirando il soffitto blu della mia stanzetta.
Qualche ora dopo mia mamma bussò alla porta ed entrò prima che potessi dargli il permesso.

"Tutto ok? Non sei nemmeno passata a salutarci" 

Il destino mi portò ad affrontare comunque il problema. <<Sì mamma è tutto ok, sono solo un pò stanca, tutto qui>> mantenni il mio sguardo sul soffitto sperando che quel momento finisse in fretta.

"Va bene, se hai bisogno sai dove trovarmi" disse con tono deluso. Varcò la porta e abbandonò la stanza.

<<Grazie mamma>> sussurrai, ma era troppo tardi e mi pentì che non lo avesse sentito. Mia mamma era sempre stata così gentile con me, sono talmente complicata che non so come faccia a non aver ancora perso la pazienza. Sentivo di non star ricambiando a pieno il suo affetto e a dir la verità faceva un pò male rendersene conto. La vista si offuscò e il mio viso venne rigato da qualche lacrima salata che raggiunse le labbra, poi mi addormentai lasciandomi alle spalle tutti i problemi, almeno per un pò. 

Ignorai la sveglia per interminabili minuti ma sapevo che prima o poi gli occhi avrebbero dovuto affrontare i meravigliosi raggi solari che filtravano dalla finestra. Ancora assonnata sollevai il viso dal cuscino e la luce troppo accentuata ferì i miei occhi così da farmeli strofinare. Lasciai lentamente che l'aria fresca mi colpisse il corpo e andai in bagno cercando di rimediare al mio aspetto goffo. 

Ero in ritardo. Ripresi lo zaino che la sera prima avevo gettato senza curarmene e ci misi dentro qualche libro cercando di ricordare le lezioni che avrei avuto. Dopo aver constatato di essere pronta scesi di fretta le scale ed urlai un saluto a mia mamma. Mi soffermai per pochi secondi davanti lo specchio che precedeva la porta. <<Passerà, anche oggi passerà>>. Arrivai alla fermata prima del previsto ma non appena mi guardai intorno vidi l'autobus sfrecciare via, abbandonandomi lì come una cretina. Dovetti contare sulle mie gambe alle 7:30 del mattino dove la mia forza di camminare era pari a zero. 

Estenuanti minuti dopo arrivai a scuola e non potendo accedere alla prima ora decisi di andare verso la biblioteca e passare il tempo restante lì. Mi guardai intorno, era pieno di libri antichi, dizionari e molto altro ma non mi andava di leggerne nessuno. Camminai tra i vari scaffali osservando interessata le file di libri, prendendone in mano qualcuno. Mi voltai e sentì qualcuno scontrarsi contro di me. Il libro cadde a terra e mi affrettai a inginocchiarmi e prenderlo. 

"Ciao sfigata" era sempre lui, con quello stupido sorrisino stampato sulle labbra, mi aveva chiamata di nuovo in quel modo non ci potevo credere.

<<Se sei venuto ad insultarmi posso fare a meno della tua compagnia>> mantenni lo sguardo basso muovendomi in fretta pronta ad allontanarmi da lui.

"Voglio solo parlare, non mordo" il tono di voce che usò mi impaurì così continuai a non guardarlo.

<<Beh a me non interessa quello che hai da dirmi>> presi coraggio e mi allontanai lasciandolo lì. Delle gocce salate mi accarezzarono le guance. Cosa gli avevo fatto affinché mi trattasse così? Perché mi meritavo tutto questo?

Non poteva andare peggio di così.

La campanella annunciò l'inizio della seconda ora e mi catapultai in classe evitando più gente possibile, volevo che nessuno mi prendesse di mira un'altra volta. Entrai nell'aula trovando il professore di filosofia dietro la cattedra con gli occhiali abbassati sulla punta del naso concentrato a correggere qualche compito. Gli passai davanti sperando non si accorgesse del mio mancato saluto. "Signorina le ricordo che salutare è ancora un atto di buon educazione fino a prova contraria" come se fossi io la maleducata in questo schifo di scuola. Non avendo le forze per controbattere mi limitai a scusarmi e il professore accettò. Emanuela si trovava al terzo banco della fila centrale aspettando che occupassi la mia sedia ma quel giorno modificai la routine cambiando posto. Notai l'espressione corrugata e delusa sul volto della mia amica mentre andavo verso l'ultima fila con nessuno accanto. La lezione mi insegnò dettagli sulla vita di un antico filosofo di cui avevo già cancellato il nome. 

"Ehy stai bene?" sapevo sarebbe venuta a parlarmi ma aveva beccato il momento meno adatto per farlo. Le risposi solo perché non volevo ignorarla. «Bene è una parola grossa».

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 27, 2017 ⏰

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