Tutte le volte aspettavo lui

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Sono qui nella mia stanza, stravaccata sul letto con il computer sulle gambe ed il telefono accanto a me. Sono qui a scrutare la pagina bianca immacolata di Word, come se il mio compito di italiano potesse scriversi da solo. Apro Youtube e cerco New Hope Club. Le note di Wake Up si diffondono nella stanza, mi rilasso e mi scopro a fissare di nuovo lo schermo del computer.

"Ho sempre pensato che chi parla poco ha gli occhi che fanno un casino tremendo".

Ma dico io... Professoressa Ruggiero, che traccia è? Cosa dovrei scrivere? Come dovrei continuare? Prendo in mano il cellulare, clicco sull'icona di what's up e mando un messaggio a Bea, compagna di banco sin dalle medie e la peggiore migliore amica che si possa avere.

" Ma la ruggiero cosa si è fumata prima di darci questa traccia?"

Bea mi risponde in un lampo: "ti dico stavolta è la volta buona che la internano".

La Ruggiero è la mia prof di Italiano. Una svitata completa dai grandi occhi azzurri, nascosti dagli occhiali rosa a farfalla che tanto la contraddistinguono. Credo insegnasse in una qualche università privata prima di finire al mio liceo. Non credo abbia capito che siamo il III B del liceo classico di Bassano e non studenti di un college per hipster. O forse lo sa, ma per lei non fa molta differenza.

Gaia: " Se non l'hanno mandata via dopo quel film sconcio che ci ha fatto vedere io non ho parole"

Bea: "però dai è simpatica e mi piacciono le sue idee stravaganti"

Gaia: "sei inutile. prenderò due", le scrivo e chiudo l'applicazione, scaraventando il telefono sul letto dalla frustrazione. 

 Ho sempre pensato che chi parla poco ha gli occhi che fanno un casino tremendo. Devo trovare il modo di scrivere 1000 parole ispirate a questa citazione. Non so se posso farcela. Riprendo il telefono

Bea: "ma no dai, al massimo ti mette 2+, per incoraggiamento".

Ignoro il messaggio di Bea e mi concentro sull'orario. Oddio! Il daytime di amici! Me ne ero quasi dimenticata. Metto via il computer, prendo il cellulare e corro in salotto ad accendere la tivù. Appena in tempo, spero solo di non essermi persa uno dei rari momenti in cui inquadrano Thomas, il ragazzo del 12A. Dovrei forse dire il mio amico Thomas, ma non saprei neanche se questo definisca bene il nostro rapporto. Lui per me è sempre stato il ragazzo del 12 A. L'appartamento 12A. L'appartamento di fronte al mio. Ricordo cene a casa mia con i nostri genitori. Mi ricordo che sorrideva tanto. Mi ricordo che parlava tanto. Dopo, tutto si fa confuso. Ho un vago ricordo di me che busso al campanello per chiedere di Thomas e di una signora anziana che mi dice di non cercarlo. All'epoca non sapevo bene cosa stesse succedendo, ricordo soltanto che a cena con i Bocchimpani da quel giorno non ci siamo più andati e che ogni volta che vedevo Thomas, non sorrideva più così tanto.

Bea: "Ma quanto è figo Andreas, lo sbatterei muri muri ".

Gaia: "Beatrice!"

Bea: "è laverità."

Gaia: "Silenzio che Thomas è in sala prove con Rudy".

Bea: "le cose che non farei ad andreas"

Ignoro la Bea e mi concentro sullo schermo. Anche Bea conosce Thomas. TUTTI a Bassano lo conoscono. Anche quelli che non lo conoscono dicono di conoscerlo. Posers di merda.

 In ogni caso, noi tre siamo andati alla stessa scuola media. Per tre anni io e Thomas ci siamo tenuti compagnia per i quindici minuti che separavano il nostro palazzo dalla scuola media Cutuli. Non bussavo mai alla sua porta, lo aspettavo al cancello del palazzo alle otto e cinque, e lui mi aspettava al cancello della scuola all'una e trentacinque. Era una nostra routine, nata poi totalmente per caso. Il primo giorno di scuola, io ero in preda al panico, ferma al cancello da dieci minuti frugando nervosamente nello zaino per cercare le chiavi, quando sento un click. Mi giro e vedo Thomas, più alto di quanto non mi ricordassi, che teneva il cancello aperto con una mano e mi guardava con uno sguardo assonnato e divertito.

"Non sono così rincoglionita da non sapere che c'è il pulsante", ricordo di aver risposto al suo sguardo "Semplicemente cercavo le chiavi, non ricordo di averle prese". Lui ignorò totalmente il mio tono sgarbato e mi chiese se volevo una mano a cercarle. Diedi un sospiro, poi ebbi un lampo di genio e mi tastai la tasca sinistra dei jeans. Le chiavi erano sempre state in tasca. Ricordo di aver sbuffato e di aver riso nervosamente. Penso di aver detto qualcosa come 'forse sono davvero una rincoglionita', ma lui non disse niente, si limitò a dire 'prima tu' e a chiudere il cancello dietro le nostre spalle. Non parlammo molto nel tragitto verso scuola. Lui non era più il tipo che parlava molto. Eppure i suoi silenzi mi facevano sentire a casa. Così era nato tutto. Da quel giorno un po' per gioco, un po' perché mi piaceva condividere quei silenzi con Thomas, presi ad aspettarlo al cancello. Non lo aprivo mai, tutte le volte aspettavo fosse lui a farlo. 

Persone come teWhere stories live. Discover now