Imbarazzo.

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Eren non si era mai ammalato. Mai una linea di febbre, mai un virus, mai un mal di stomaco; niente di niente.

Ricordava che al liceo spesso i suoi amici lo prendevano in giro perché a loro capitava, di tanto in tanto, di rimanere a casa per malattia, soprattutto nel periodo invernale.

Eren invece deteneva il record della classe delle presenze. Non aveva mai saltato un singolo giorno a meno che non avesse assemblea, un'interrogazione o una verifica scomoda... ma questa è un'altra storia.

Probabilmente fu per questo che, quando il moro si ammalò nel dicembre del primo anno di università, si ritrovò del tutto impreparato ed incapace di gestire la situazione.

Molto presto però avrebbe imparato che non ogni male viene per nuocere.

***

"Questa è la volta buona che ci rimango secco, me lo sento," si lamentò Eren prima di soffiarsi il naso e gettare il fazzoletto sporco nell'immondizia. Tossì, si passò una mano fra i capelli e, mentre si accasciava dolorante sul divano lanciò un'occhiata all'orologio. Erano già le 20.30 e lui non aveva ancora cenato.

Doveva assolutamente porre rimedio alla cosa.

Fu così che rotolò sul divano, si trascinò a terra, si rialzò e, con molta fatica, raggiunse il cellulare che aveva abbandonato accanto al microonde. Cercò tra le Pagine Gialle il numero della pizzeria più vicina a casa sua, lo compose con rapidità e si schiarì la voce quando dopo un paio di squilli la voce cinguettante di una ragazza lo salutò e lo invitò a dirle quale gusto preferisse.

"Una... una prosciutto e funghi, sì. Esatto, a domicilio, la ringrazio. Per le 21? Perfetto. Arrivederci, grazie."

Lanciò in malo modo il cellulare sul divano e cominciò ad apparecchiare la tavola con solo una tovaglietta, una forchetta, un coltello ed un bicchiere di plastica trovato per puro caso.

Una smorfia di disgusto prese forma sul suo viso quando, abbandonato in un angolo della casa, riconobbe il suo libro di filosofia.

Si era ripromesso di studiare Schopenhauer, ma Netflix si era impossessato del suo corpo e qualsiasi traccia di volontà in lui era sparita assieme ai suoi appunti e alla lista delle serie tv da recuperare.

Per poco non sbatté la testa contro il frigorifero quando si ritrovò a fare lo starnuto più potente della sua vita.

"Ci rimango secco questa volta, l'ho detto io."

***

Erano le 21.04 quando finalmente il campanello gli annunciò che la pizza era arrivata.

"Eccomi!" gridò, sollevandosi dal divano con rapidità e infilando al volo il primo paio di ciabatte che gli capitasse sotto tiro.

Afferrò la maniglia dell'ingresso e spalancò la porta.

"Buonasera! Quant-"

Eren non ebbe il tempo di finire la frase. Il suo sguardò scivolò rapidamente sulle dita che reggevano la scatola per poi ripercorrere con minuziosità il braccio pallido, le spalle, il busto fasciato da una t-shirt rossa aderente e poi finalmente trovare il viso e venire pietrificato da un'occhiataccia gelida e due iridi tra il grigio ed il blu.

"Eccoti. Sono 4,80€" disse il fattorino con tono stizzito, e solo in quel momento il moro si accorse di aver passato gli ultimi minuti a fissarlo. Senza dire una sola parola.

"Oh, sì," balbettò, prendendo la scatola tra le mani, pregando una qualsiasi divinità di non essere arrossito troppo. "Ti ringrazio..."

Lo pagò in moneta e si ritirò in casa prima di diventare del tutto paonazzo ed avere un attacco di cuore. Si portò una mano al petto che faceva su e giù senza un attimo di tregua, stringendosi la maglia del pigiama.

...pigiama?

Era proprio vero, se non faceva figure di merda con ogni bel ragazzo che incontrava non sarebbe stato lui.

E quella volta il destino gli aveva giocato proprio un brutto scherzo. Quel fattorino era senza ombra di dubbio l'uomo più bello ed affascinante che avesse mai visto. I suoi capelli erano neri, rasati sulla nuca ma lunghi abbastanza da sfiorargli le orecchie.

I suoi occhi erano così freddi che non appena Eren li aveva visti era stato percorso da un brivido.

Ne era certo: se aveva ancora qualche dubbio sulla propria omosessualità, quel ragazzo aveva messo a posto tutti i tasselli dei suoi gusti sessuali, senza incertezze.

Purtroppo non aveva nemmeno fatto in tempo a tentare un qualsiasi approccio con lui: il fattorino era già palesemente scazzato, e non era quasi riuscito a dargli i soldi che gli doveva che se n'era già andato.

Gli avrebbe volentieri chiesto il nome, ma... conciato in quel modo, non avrebbe certamente avuto possibilità.

***

Fu due giorni dopo che finalmente Eren si decise ad uscire di casa dopo una settimana e mezza in quarantena. Si fece una doccia, si spruzzò il migliore dei suoi profumi da uomo, si pettinò a dovere i suoi lunghi capelli scuri e sperò di trovarsi in condizioni migliori della volta precedente.

Sì, aveva deciso di recarsi di persona nella pizzeria dove aveva chiamato un paio di giorni prima, nella speranza che quello splendore non facesse solo il fattorino, ma che ogni tanto gli assegnassero compiti che lo costringevano a rimanere inchiodato lì.

***

Il moro pensò che fosse decisamente il destino quando ritrovò quella meraviglia al bancone, pronto a prendere le ordinazioni dei clienti. Questa volta i suoi capelli corvini erano parzialmente coperti da un cappellino rosso.

Dannazione, quanto sei bello, pensò.

Prese un grande sospiro e, con non poco imbarazzo, fece un passo avanti verso di lui.

"Ciao... vorrei ordinare una pizza da portare via," comunicò, passandosi una mano fra i capelli.

L'altro fiondò gli occhi grigi in quelli verdi di Eren, che credette di avere un attacco di cuore. "E come la vuoi?"

"Marinara."

Vide le dita sottili dell'impiegato scorrere su un taccuino per annotare la sua prenotazione ma, al contrario di ciò che si aspettava (e cioè che smettesse di dargli un qualsiasi tipo di attenzione) quello tornò a guardarlo.

"Vedo che stai meglio, l'ultima volta che ti ho visto eri ridotto davvero uno schifo," il ragazzo ridacchiò e Eren dovette impegnarsi per non arrossire violentemente.

"Oh, sì..." il moro abbozzò un risolino. "Non ero in gran forma..."

"Oggi stai assolutamente meglio."

Stava sognando o il commesso ci stava spudoratamente provando con lui?

E cos'era quello che gli aveva appena fatto, un occhiolino?!

"Oh, beh, anche tu stai... molto b-bene..."

"Ho la stessa divisa dell'altra volta," osservò quello più grande, beandosi dell'imbarazzo di Eren.

"Sì, m-ma... Senti, lascia perdere."

"Ascolta," lo interruppe l'altro. "Ora calmati, metti in ordine le idee e mangiala qui la tua pizza. Possiamo parlare più tranquillamente alla fine del mio turno, che ne dici? Comunque, io mi chiamo Levi."

Eren sgranò gli occhi e gli ci vollero un paio di secondi per realizzare che quel tipo gli aveva davvero chiesto un appuntamento.

"Sì, certamente!" si affrettò a rispondere. "Ci vediamo dopo, allora!" continuò, guardandosi intorno per cercare un tavolo dove sedersi. "Ah, io sono Eren!"

"Non vedo l'ora, Eren." La voce dell'altro si abbassò di un tono nel pronunciare il suo nome, prima di sparire nella cucina assieme al suo bel proprietario.

Ci rimango davvero secco questa volta, senza ombra di dubbio.


Il Ragazzo della Pizzeria AccantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora