3.

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Percy si svegliò in una specie di casa sull'albero. Stava volando con Blackjack in una nuvola quando il mondo cominciò a girare...poi svenne. Le nuvole candide che formavano un vortice era l'unica cosa che ricordava. Chiuse gli occhi e sospirò. Doveva sapere dove si trovava. Doveva trovare Annabeth, non poteva permettersi di perderla; di nuovo. Si alzò piano e si accorse di indossare i vestiti del campo, le converse erano appoggiate elegantemente sotto il letto. Se le infilò di fretta senza farsi domande e cercò l'uscita; quella casa era enorme, tutta fatta di legno, sembrava che facesse parte dell'albero. Alle finestre mancava il vetro, erano buchi che venivano coperti con delle pesanti tende. Dopo un pò di tempo scorse una terrazza, le porte non c'erano, come le finestre. Uscì e l'aria fresca gli riempì i polmoni, le foglie dell'albeo su cui era appoggiata la casa risplendevano di un verde ipnotico. Quando si affacciò rimase a bocca aperta: la città, se si poteva chiamare così, era splendida, neanche paragonabile alle città americane, neanche a quelle Italiane o Greche, che aveva avuto l'onore, se si può dire così, di vedere. Le abitazioni erano tutte costruite su una foresta di alberi centenari se non più vecchi, un enorme palazzo si ereggeva al centro. Le strade non erano affollate e in lontananza si sentiva il familiare rumore metallico delle spade che cozzano e battono.Un piacevole brivido gli percorse la schiena, si infilò una mano nella tasca dei pantaloni per accertarsi che Vortice fosse al suo posto. Si sentì sollevato quando le sue dita sfiorarono la penna.

Gli abitanti non erano umani, di quello Percy era sicuro, non ci voleva un figlio di Atena per capirlo; leggiadri ed eleganti passeggiavano ignari del semidio che li osservava dall'alto, figure argentee e bellissime, guerieri fin dalla nascita. Vortice si fece pesante. Deglutì e pensò. Non sapeva controllare i venti come Jason quindi scartò la possibilità di buttarsi giù. Ma dov'era Franck quando serviva? Rientrò e continuò a cercare. Con un pò di fortuna, il semidio riuscì a trovare una stretta scalitata a chiocciola che portava giù.Si fiondò sulle scalesenza neanche pensarci due volte. Delle iscrizioni in una lingua mai vista scorrevano sulla parete, ma lasciò perdere, l'unica cosa che gli importasse in quel momento era uscire di lì.

Vide la luce e fu un solievo, più o meno, fino a quando una lama gli si parò davanti e gli bloccò il passaggio, rischiò di decapitarsi. Il proprietario della spada aveva lunghi capelli argentei, una cicatrice gli percorreva il braccio destro, e le lunghe orecchie a punta e gli occhi a mandorla lo facevano assomigliare ad un elfo...se non lo era.. Lo sguardo duro valeva più di mille parole "Posso ucciderti come uccido un'insetto", Percy sperò che fosse animalista.
-B- Bella spada-
L'uomo(o elfo) lo squadrò
-Dove vuoi andare?-
Chiese
-Non lo so-
Percy fece spallucce
-Vuoi dirmelo tu?-
L'altro strinse i denti come se non lo sopportasse già più e lo prese per la maglietta
-Vieni-
Cominciò a camminare svelto, troppo svelto, e il semidio dovette correre per stare al suo passo. Avevano fatto solo qualche centinaio di metri quando..
Capo! Pensavo fossi morto
A Percy venne da piangere per la felicità. L'imponente figura del suo pegaso preferito gli si avvicinò al trotto. Il suo manto nero brillava sotto la luce del sole
-Blackjack! Amico mio-
Rischiò di inciampare nei suoi stessi piedi stando dietro al gueriero dalla chioma argentea
-E poi quante volte ti ho detto di non chiamarmi capo??!-
Il cavallo sbuffò e si mise davanti all'uomo-elfo femando la corsa. Percy si accasciò al suolo pesantemente.
Blackjack si stagliò imponente supra il mezzosangue.
Tutto ok, Capo?
-Grazie-
Riuscì a dire Percy mangiando la polvere della strada.
Pausa ciambelle, Capo
-Blackjack, no. Poi non so neanche se ci sono- disse amaro ma divertito. Solo in quel momento si accirse di aver fame. L'uomo-elfo li guardava interessato.
-Sai parlare con i cavalli?- Si spaventò quando lo sconosciuto parlò e si maledì mentalmente. E adesso cosa poteva dirgli se non la verità?, non poteva inventare una scusa che funzionava, in più non riusciva a pensare lucidamente con lo stomaco che urlava a gran voce "cheesburger".

-Ehm...è una lunga storia..-
Si passò una mano nei capelli imbarazzato. L'altro annuì soltanto, continuava a guardare il pegaso.
Si riscosse.
-Andiamo, la regina ci aspetta-

Durante il viaggio Percy si ripassò a mente tutte le regine che c'erano. Quella di Inghilterra, ma sicuramente non erano a Londra e neanche in Spagna, non si era mai immaginato gli spagnoli guerieri dalla chioma argentata che vivevano in un bosco..le cose non andavano decisamente d'accordo. Che fosse una regina dell'antica grecia: rabbrividì solo al pensiero. Raggiunto il palazzo, entrarono lasciando fuori, con la disapprovazione piena del semidio, Blackjack. Le sale erano enormi, fatte di un legno bianco come il latte. L'elfo lo condusse tra i corridoi fino ad una sala il doppio delle altre con un trono. La sala era cosparsa di petali di tutti i colori, ma era vuota tranne per loro e una figura sul trono. Seduta comodamente c'era seduta una fanciulla bellissima dai capelli neri come le ali di un corvo, la carnagione candida le davano un tono delicato e innocente, ma si stonava guardando l'armatura argentea che indossava e la spada dal fodero verde smeraldo posata in grembo, gli occhi a mandorla erano scuri e in tempesta, sulla testa era poggiata una corona con una goccia azzurra. Si alzò in un silenzio religioso mentre la raggiungevano e li accolse con un sorriso rassicurante. Lei e l'elfo si scambiarono delle battute impossibili da decifrare inchinandosi a vicenda e facendo segni strani. L'elfo scoccò un'occhiata truce al povero ragazzo dalla maglia arancione e poi si rivolse all'elfa. Dopo poco tempo si avvicinarono entrambi a un Percy imbarazzato con la sensazione di essere ucciso dalla dolce lama della spada della donna.
-Io sono Arya Ammazzaspettri, figlia di Islanzadi, Regina degli elfi e Cavaliere al fianco di Firnen- Lei lo disse gentilmente ma nel suo tono c'erano delle sfumature fredde. Ammazzaspettri, si ritrovò a pensare il semidio che carino
Puntò gli occhi sul semidio.
-Io sono Percy Jackson-
Si fermò in tempo prima di dire cose che avrebbero complicato la situazione e distese il braccio per stringere la mano dell'elfa. Lei lo guardò sconcentrata.
-Già..ehm-si portò la mano sui pantaloni asciugandosi il sudore sul palmo

Si rivolse al gueriero -Posso sapere il tuo nome?- chiese sperando che la testa gli rimanesse sul collo -Vanir- rispre freddo l'altro, guardandolo

-Dove siamo?- chiese con imbarazzo cercando di cambiare argomento il prima possibile.

-A Ellesmera-
Vanir rispose scaltro guardandolo sospettoso.
-Quindi sicuramente non potrò chiedere i soldi per un biglietto per Manatthan..- sussurrò con l'amaro in bocca e lo stomaco che gridava "cibo bluuu"
-Manatthan?-
L'elfa era in confusione
-New York, Stati Uniti, America-
Specificò il semidio senza avere risultati.
-Ah, lascia perdere-
Si spazientì poi.
La pancia gli prontolò e si senti le guance in fiamme mentre si stringeva lo stomaco impracando.
-Oh, avrai fame. Parleremo meglio a tavola-
Gli sorrise l'elfa.

-Quindi tu sai parlare con i cavalli-
Chese curiosa dopo che Vanir si congedasse.
-Si-
Il suo umore non era migliorato dopo aver scoperto che gli elfi non mangiavano carne.
-E vieni da un'altro mondo-
-Così sembra-
-Chi sei?-
-Te lo detto, Percy Jack..-
-Nel senso, chi è tuo padre. -
Ci fu un silenzio imbarazzante. Ma sapeva di non poterlo nascondere a lungo. Si alzò dalla tavola e guardò gli occhi scuri di Arya con i suoi verde mare.
-Mio padre..-tentennò -mio padre è Poseidone-
Sputò infine.
L'elfa non battè ciglio.
-Cosa??! Non sai chi è Poseidone?-
Percy era alibito.
-No, chi è?-
-Il Dio greco dei Mari, il Signore dei cavalli, uno dei tre Pezzi Grossi, hey, stiamo parlando del padre di Percy Jackson.-
Dopo che finì il discorso, si aspettò che Arya si inchianasse a lui scusandosi per non sapere chi fossero gli dei greci(modestia di Apollo: mode on), ma non successe nulla, anzi l'elfa lo guardò con stupore, come se fosse pazzo.

-Quindi sei figlio di un dio sconosciuto- puntualizzò lei, interessata dalla piega che aveva preso quel discorso. -Sei un gueriero o un re-. -Preferisco gueriero-disse Percy lontano. Doveva trovare Annabeth.

-Partirai domani- disse l'elfa seria scrutandolo. -Per dove?-chiede il semidio. Lei sorrise, -Lo scoprirai-

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 21, 2017 ⏰

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