Capitolo I

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"Hai ancora tanto da sistemare!" Esclamò mia madre mentre posavo l'ultimo scatolone nella casa nuova.

Era un monolocale arredato discretamente e ,alla fine, anche comodo perché si trovava molto vicino all'università.

"Sì, lo so mamma. Ma ho ancora tutto il weekend." Le risposi, sedendomi su una delle uniche due sedie del mio appartamento.  "Come stai?" Il repentino cambio di argomento da parte di mia madre, mi fece capire dove voleva andare a parare. "Con il tempo tutto andrà per il meglio, ne sono certa." Affermai  sicura di me, gli occhi incatenati ad i suoi.

Peccato che quella fermezza  con cui risposi a mia madre non la dimostrai quel pomeriggio durante il quale la mia vita cadde a pezzi. 

Filippo non era mai cambiato e Monica, la donna che portava in grembo il figlio del mio ex ragazzo, ne era la dimostrazione. Era stato con lei  durante tutto il nostro rapporto.

Che stupida! Prendere una grande sbandata per un ragazzo che si era rivelato, infine, per quello che era.

Poi con quale faccia era riuscito a presentarsi davanti a me insieme alla donna con la quale mi aveva tradito? Non riuscivo a crederci. Aprii il becco blaterando un miliardo di scuse a argomentazioni a suo favore.

"Viola non è un buon momento, sono stressato per il calcio, devo farmi notare dalla Juventus."

Alla fine il mio cervello comprese ciò che in realtà voleva comunicarmi e in quel preciso momento nessuno riuscii più a trattenermi. Gli rigettai addosso fiumi di parole poco adatte e lui rimase inerme con le mani intrecciate a quelle di Monica. 

Quindi i miei lettori capiranno l'esigenza di lasciargli un ricordo della mia mano sulla sua faccia da stoccafisso. 

"Mi dispiace!" Fu l'unica cosa che riuscii a sentire prima di uscire da quel luogo infernale.         

  Nel giro di poco mi ritrovai con un ex ragazzo fedifrago ed un ex bar preferito. Cominciai a vagare per Montemagno per calmarmi e poter riflettere con lucidità. Nel momento in cui compresi che tutto ciò di cui ero sempre stata convinta era in realtà solamente un castello di carta. Capii che dovevo dare una svolta alla mia vita e di certo oggi la sorte era stata benevola in quanto la mattina stessa mi era arrivata la lettera di ammissione all'università. Ero decisa: sorridere alla Dea Bendata, ringraziarla voltando pagina e cominciando ad imballare tutta la mia stanza!

"Viola, te la caverai?"  Chiese mia madre poggiando la mano sulla mia "Certo mamma, ce l'ho sempre fatta e ce la farò anche in questo momento" le risposi, cercando di mantenere un timbro vocale stabile.

"Va bene, ora vado. Non posso perdere il treno, tua sorella stasera vuole le lasagne."  Mi comunicò e dopo quelle parole ebbi un attimo di esitazione. Un desiderio irrefrenabile di tornare alle origini, prendendo il treno insieme a lei, così da poter dimenticare le nuove responsabilità che avrei dovuto assumere da quel momento in poi, le paure e preoccupazioni. Ma il sentimento di riscatto fece sì che la salutassi, augurandole un buon rientro a casa e raccomandandole di mandarmi un messaggio non appena rientrata a Montemagno.

Dopo che richiusi la porta alle mie spalle mi rimboccai le maniche e comincia sistemare la mia nuova dimora.

L'inquietante fila  di scatoloni ai miei piedi rallentava il mio lavoro in maniera spaventosa. Più la guardavo e più sembrava che non avrei finito mai, come quando mi trovavo al liceo e dovevo recuperare un intero libro prima dell'interrogazione del giorno successivo.

Poi mi venne un'idea: la musica. Sicuramente avrebbe contribuito a farmi concentrare sull'immenso lavoro che dovevo ancora svolgere. Accesi la piccola televisione che si trovava sul bancone della cucina e cercai un canale di musica.  Appena lo trovai, alzai al massimo il volume e al suono di "A head full of stars" dei Coldplay la mia testa cominciò a svuotarsi velocemente.

Cominciai a riporre i vestiti nel piccolo armadio come una specie di automa, ascoltando lo shuffle di MTV e fermandomi, alle volte, per improvvisare alcuni balletti alquanto imbarazzanti.

"So one last time I need to be the one who takes you home" urlai, cercando di imitare Ariana Grande, non riuscendoci bene tanto che la mia voce sembrava quasi il lamento di un animale. Proprio per questo motivo mi iscrissi a pallavolo e non nel coro della scuola al liceo.

Continuai a cantare "One more time I prom-" ma fui interrotta da un strillo che mi intimava di star in silenzio. Proveniva dall'altra parte del muro ed era accompagnato da alcuni tonfi su  quest'ultimo. 

Il mio viso si colorò di un acceso color porpora, agii immediatamente gettandomi sul telecomando così da spegnere il televisore. La stanza rimase in un silenzio quasi assordante, dall'altra parte del muro cessò il rumore.

"Brava Viola, neppure due ore nella nuova casa e già ti sei fatta sgridare da uno dei vicini." Sussurrai, anche se non capii bene il motivo per cui lo feci, di certo ero sola in stanza ma forse avevo paura di disturbare il mio dirimpettaio.

Ci riflettei e  cominciai a ridere a crepapelle, quando mai avevo fatto qualcosa che mi avevano ordinato?

Riaccesi il televisore ma questa volta , per rispetto, misi il volume ad un'altezza consona e ricominciai a sistemare: era il momento dei piatti della cucina.

Mi ritrovai a dover accendere la luce, perché nella piccola stanza era sceso il buio. Guardai l'orario: le venti e mezza. Rimasi sbalordita, avevo lavorato tutto il pomeriggio tanto da perdere la concezione del tempo. Avevo finito quasi tutto, mancavano da apporre le ultime cianfrusaglie, ma il grosso lo avevo fatto.

Il letto a due piazze,addossato sulla parete in fondo alla stanza, era il fulcro dell'intera stanza, attorno ad esso si sviluppava l'intero monolocale. Vicino a quest'ultimo  c'era una finestra che si affacciava su una stradina poco trafficata, ai piedi c'era un tavolinetto con accanto l'unica sedia, ed invece di fronte l'angolo cottura ed il frigorifero, continuando poi sull'unica parete rimasta libera si estendeva l'armadio ed in una piccola rientranza avevo creato una sorta di Toeletta.

Ero rimasta soddisfatta del risultato, non potevo desiderare di più. Contribuiva certamente a farmi osservare l'appartamento con occhi diversi il fatto che l'affitto fosse molto basso rispetto a tante altre case viste nei dintorni, ma la trovavo accogliente e calda e poi avevo abbastanza spazio per ospitare mia madre e Bibi.

Devo mangiare assolutamente pensai, non avevo nulla nel frigo quindi presi la borsa, il telefono e le chiavi di casa ed uscii, alla ricerca di un panificio aperto.

Mentre scendevo le scale, controllai il cellulare,che non toccavo da quando mia madre se ne era andata, e trovai due messaggi non letti: uno da mia madre ed uno da Filippo.

Messaggio da Mamma:

Tesoro sono arrivata e sto per mettermi  all'opera, dimmi buona fortuna! 

  Messaggio da Filippo Soavi:

Mi è arrivata voce che ti sei trasferita a Trento, ti prego parliamo; non voglio che ci lasciamo così.

Coraggiosamente premetti il tasto elimina dell'ultimo messaggio letto e riposi il telefono nella borsa, dirigendomi alla ricerca del cibo.

L'indomani sarebbe stata una grande giornata: avrei conosciuto, da spettatrice,  la squadra di pallavolo femminile dell'Università in un'amichevole, non vedevo l'ora.

Un bacio sotto reteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora