Capitolo II

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La prima notte nella nuova casa trascorse velocemente, anche se la mattina dovetti svegliarmi relativamente presto rispetto al mio solito. La causa erano una serie di faccende da dover , purtroppo, sbrigare in maniere abbastanza veloce prima di andare alla partita quello stesso pomeriggio.

Non era mai stata così chiara l'importanza di alcune faccende, alcune fondamentali, come  quando , dopo essermi alzata dal letto, andai ad aprire il frigo e trovai la desolazione.

Il non poter fare colazione fece sì che la mia giornata fosse segnata da una sorta di macabro malumore e fece aggiungere alla lista mentale delle cose da dover fare anche quella della spesa, altrimenti sarei morta di fame e soprattutto di sete.

Il cibo era fondamentale per me, senza di esso la vita non avrebbe alcun senso. Il cibo ti consolava,rimaneva in silenzio, ti ascoltava: era un caro amico, proprio per questo motivo quando  veniva a mancare aleggiava su di me una certo insoddisfazione.

Dopo aver richiuso l'anta del frigorifero,una doccia e un giro nel piccolo armadio ero già fuori l'appartamento. Frugai nella borsa alla ricerca degl'occhiali da sole, li inforcai ed uscii fuori dal portone.

Il vero problema di quella giornata era che non sapevo completamente orientarmi nella nuova città.

Per fortuna, previdentemente, avevo scaricato una mappa ed una serie di informazioni sui luoghi che mi interessavano maggiormente.

Trento era una bella città, piena di vita e di verde. Non ero abituata a vedere così tanta gente per strada, dal momento che avevo sempre vissuto in un piccolo paesino. Il mio appartamento si trovava vicino le sponde del fiume Adige, con pochi passi era possibile raggiungere qualsiasi punto del centro storico, agevolato anche dalla puntualità dei mezzi pubblici.

A Settembre il tempo era instabile, ma quella mattina il sole regalava un tiepido torpore a tutti colore che si erano avventurati fuori dalle proprie stanze. Non vi era caldo, anzi un piacevole venticello proveniente sicuramente dalle Alpi.

Un timido sorriso si dipinse sulle mie labbra, spazzando l'inquietudine con cui mi ero svegliata. Forse in quel momento, camminando per le vie di una antica cittadina piena di storia, capii veramente che tutto si sarebbe sistemato, che il mio cuore si sarebbe ricucito e che non tutti i mali venivano per nuocere.

Forse mi serviva veramente un evento di quel genere per farmi comprendere che la vita doveva essere vissuta in un modo completamente diverso da come lo stavo conducendo in quel periodo. Dovevo essere concentrata sui miei obbiettivi: la pallavolo e lo studio e non farmi distrarre da niente e da nessuno. Avevo avuto una grande possibilità e non potevo e volevo che andasse sprecata.

Ritornando con la mente a ciò che era accaduto la sera precedente capii che era arrivato il momento di bloccare ed eliminare il numero di Filippo, non volevo più saperne niente di lui. Mi congratulai mentalmente per la scelta coraggiosa presa. Armeggiai con il telefono, dopo averlo estratto dalla borsa, fino al momento in cui non avevo cancellato per sempre Filippo dalla mia vita.

Mi sentivo leggera pronta ad iniziare una nuova vita a Trento, sperando, magari, in una convocazione nella nazionale femminile di pallavolo.La mia testa viaggiava, sentendosi già acclamare durante il primo torneo al fianco delle più forti giocatrici italiane. Pensando alla pallavolo mi ricordai che quel pomeriggio avevo l'amichevole della squadra dell'Università! Guardai l'orologio e mi accorsi che era l'una passata, dovevo muovermi assolutamente altrimenti sarei arrivata in ritardo, ma prima avrei dovuto posare tutte le buste a casa.

Dopo che ebbi sistemato tutta la spesa fatta uscii frettolosamente di casa, poiché mi trovavo in eccessivo ritardo.

Mancavano dieci minuti al fischio d'inizio e mi trovavo ancora sulle scale di casa. Il caso volle che, durante la mia corsa sfrenata, andai a sbattere contro qualcosa, tuttavia continuai imperterrita la mia corsa, non dovevo perdere, almeno, l'autobus che sarebbe passato alle tre, altrimenti potevo dire addio alla partita.

"Stia attenta!" Tuonò alle mie spalle la cosa - o meglio la persona- contro la quale andai a sbattere. Dovevo constatare che stavo diventando una grande amica di tutti i miei vicini di casa. Non ne facevo una giusta, che idiota!

"Mi scusi!" Esclamai mentre aprivo il cancello e correvo verso  la fermata che, fortunatamente, si trovava a poche centinai di metri dall'edificio.

Alle 14:55  mi sedetti sotto la pensilina e cominciai, a causa del mio respiro affannato, a riprendere fiato. Estrassi la bottiglietta d'acqua e la bevvi in parte. il sole pallido di quella mattina, si era fatto cocente. Era impossibile stare all'aria aperta a quell'ora del pomeriggio.

Sicuramente stanno già iniziando il riscaldamento pensai

Volevo assolutamente assistere ad una partita della mia nuova squadra prima di entrarvi a farne parte, anche se fossi arrivata negl'ultimi cinque minuti del match avrei comunque sfidato la sorte e tentato il viaggio verso il PalaTrento, che si trovava nella stessa linea d'aria di casa ma molto più lontano.

Alle 15:00 in punto si fermò davanti a me l'autobus. Salii velocemente, complice il caldo e l'orario  quest'ultimo era deserto così come lo erano le strade.

"Grazie al cielo" Borbottai non appena, alle 15:20, arrivai al palazzetto in cui si disputava la partita.

L'entrata era libera considerato che era una amichevole. La folla sugli spalti era tanta, al pari di una finale di campionato. Ma scorgendo il campo non vidi nessuno che giocava. Le ragazze, mie future compagne di squadra, riconosciute attraverso le maglie che portavano il simbolo dell'Università trentina si trovavano ammassate alle panchine che dialogavano tra loro,allo stesso modo la squadra avversaria.

Mi sedetti sugli spalti che si trovavano alle spalle della postazione delle due squadre "La partita doveva essere cominciata già da venti minuti" mormorai. Un signore che si trovava dietro di me mi informò che la partita era stata posticipata poiché il coach della squadra trentina era in ritardo, un fatto del genere non era ammissibile per una partita ufficiale, ma essendo un'amichevole avevano fatto uno strappo alla regola.

Proprio in quel momento un uomo entrò di gran carriera dall'entrata posteriore del palazzetto, indossando una maglietta simile a quella delle mie future compagne,presumendo fosse il coach pensai che la partita si accingeva ad iniziare.

Il match conclusosi con tre set a uno era stato un vero trionfo e le ragazze formidabili. Dopo un tentennamento iniziale si erano rivelate delle grandi giocatrici, strappando un set dopo l'altro agli avversari.

Sarei mai stata alla loro altezza?  Si fece strada nella mia testa questo pensiero.

Scesi le scale degli spalti distrattamente, rimuginando sulle mie doti da pallavolista e non mi accorsi che andai a sbattere per la seconda volta in quella giornata contro una persona.

"Perché non fa un po' più di attenzione, mia cara?" Mi chiese quest'ultimo, puntandomi due pozze blu negl'occhi e aprendo un sorriso nella mia direzione.

Era un uomo alto e possente, caratterizzato da un fascino ipnotico. "Mi dispiace" gli dissi e gli voltai le spalle. "Oggi capitano tutte a me! Prima quella pazza..." Blaterò l'uomo, ma poi non sentii più niente.

Era stata una giornata stancante, era meglio tornare a casa.

Un bacio sotto reteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora