Fantasmi

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Aprì gli occhi.

Era confuso, spaventato.

Non sapeva dove si trovava. Il freddo e le tenebre avvolgevano le sue membra tremanti.

Non si sentivano rumori, c' era solo il silenzio.

L'unica cosa che riusciva a vedere erano gli spifferi di luce da sotto le porte di quello che sembrava essere un tetro corridoio.

All' improvviso tante domande e un' infinità di parole rabbiose cominciarono a riecheggiare incessanti nella sua mente. L'unica cosa che desiderava era che quelle voci, quei sussurri, quei pensieri orrendi e sconnessi smettessero. Voleva parlare con persone vere e mettere fine a quella follia insensata.

Provò a gridare ma dalla sua gola uscì sono un rantolo soffocato.

Poi il silenzio innaturale di quel posto tornò.

Ma non durò a lungo.

Udì un fruscio.

Qualcosa si muoveva accanto a lui nell' oscurità.

Ed era sempre più vicina. E qualunque cosa fosse, non era sola. Altre creature della notte, troppe per poter essere contate, erano con lei.

Non avevano forma. Non avevano nome. Alcune ridevano, altre emettevano grida infernali e altre ancora sussurravano parole malvage. Le loro voci si sovrapponevano in un caos insopportabile.

Erano demoni, anime dannate provenienti dall'oltretomba.

Ed erano venute per lui.

Avvertì le ombre scure e striscianti passargli velocemente affianco, troppo rapide per essere viste ma abbastanza concrete da essere percepite.

Provò ad aprire una porta al suo fianco, ma era bloccata. Lo erano tutte.

Voleva fuggire ma quegli spettri non gli davano tregua, erano ovunque intorno a lui.

Lo accerchiavano ghignanti.

Prima o poi lo avrebbero preso, mancava poco.

L'ansia cresceva, facendosi ingombrante e prepotente nel suo petto.

Il cuore accelerava, le gambe si indebolivano.

Ogni cosa diventava distorta e delirante .

I fantasmi diventavano sempre più concreti mentre la speranza lo abbandonava e la paura lo travolgeva.

Quando lo attaccarono riuscì a vedere il volto di uno di loro.

Era impossibile. Non poteva essere.

Lo fissava con sguardo gelido e colmo di odio. Un ghigno malvagio e inquietante usci dalle labbra di quell' essere. Aveva il volto pallido e un sorriso folle e innaturale che rendeva tutto il resto ancora più angosciante.

Eppure lo aveva riconosciuto.

Era da sempre il suo peggior nemico, il suo ostacolo più grande e il suo limite incaricabile.

Era....

L'acqua fredda lo fece svegliare di soprassalto ma quando si rese conto di dove si trovava ne fu felice.

Tuttavia non approvava i metodi che adoperava il suo coinquilino.

"Una secchiata d'acqua? E' inaccettabile! E' pieno inverno, avete idea delle malattie che potrei prendermi?" gli disse visibilmente seccato.

"Elementare Watson, ma, vedete, siete stato voi a chiedermi di farvi partecipare alle mie indagini per vostra cultura personale e per i vostri scritti; perciò non vi lamentate. Cercate di muovevi piuttosto, Scotland Yard ci aspetta, abbiamo uno spietato assassino da catturare. Inoltre ho già una teoria per cui non rallentatemi" ribatte Holmes con l'aria di chi a passato l'intera notte a pensare.

Sherlock uscì poi in fretta dalla stanza per lasciare a Watson il tempo di vestirsi.

Una volta pronto John passò accanto al grande specchio vicino alla porta.

Sospirò tristemente. Eccola lì, l'immagine che lo aveva tormentato nella notte, come in quelle precedenti. Sorrise amaramente a sé stesso, deciso a capire la causa dei sui continui incubi una volta risolto il corrente caso assieme a Holmes. Fisso ancora una volta il suo riflesso prima di uscire. L'aspetto consolante, pensò, era che in fondo non poteva farci niente, non era certo qualcosa che poteva controllare.

L'ombra di Sherlock HolmesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora