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Da quanto tempo era seduto su quel muretto? Sander ricordava neanche quando si era avvicinato a quello. Figurati, in tempi bui come quelli in cui viveva il ragazzo, era già tanto ricordare il proprio nome. Al posto del nome avevano tanti numeri di matricola, erano pronti a spedirli al fronte per fermare l'invasore, ironico no? Quando un tempo erano i padri di famiglia a combattere, le donne piangevano lacrime amare. Ora, che le liste erano aperte anche per i giovanissimi, le donne piangono lacrime di sangue.
Figli e padri che giacciono sullo stesso campo di battaglia, orribile solo a pensarci. Ma quella era la sua vita, quello che aveva sempre sperato di scampare era invece dinanzi a lui. Faceva parte della II Reggimento di Fanteria "Santa Caterina": puliva i fucili, li utilizzava anche.
Ricorda ancora la sua prima giornata come recluta dell'Esercito. Era stata orribile, come quelle che seguirono. Una rasata ai capelli, alla barba (e che barba a 18 anni!), misurata vita e piedi. E poi dritti a fare un giro nel campo di addestramento. Era piccolo, in confronto agli altri che aveva visto sui volantini in città o in confronto a quelli che tanto venivano osannati dagli agenti del governo nelle piazze delle città.
Ricorda ancora il suo addestramento alla mitraglia, si posizionò dietro all'arma e guardò su' all'istruttore.
"Allora si carica così..." Iniziò pazientemente, gli occhialetti bianchi che arrancavano sul viscido naso dell'uomo: "Poi tiri la leva qui e giri la manovella. Semplice." Lanciò un'occhiata veloce alla recluta e via al prossimo.
Girare la manovella era una faticaccia, il ratatata della mitraglia spezzò il rumorio del campo di tiro. La cosa curiosa era che i proiettili sembravano sbalzare a destra e a manca. Ricorda ancora la voce adirata dell'istruttore che sbraitava dell'equipaggiamento a dir poco scadente, che bestemmiava nel vedere i proiettili volare oltre le tavole di legno poste non più di dieci metri lontane dalle mitraglie.
Ricorda gli occhi bruciare per la polvere da sparo e dalla sensazione di controllo dietro quella mitraglia, e ricorda che continuò a girare la manovella anche quando le munizioni erano ormai finite da un pezzo. L'istruttore si mosse bisbigliando qualcosa e grattandosi la fronte.
Il secondo giorno andò meglio, anche se si domandava quando avrebbe visto le Armi Miracolose di cui tanto se ne parlava in giro per le vie della città. Cavalli di ferro e giganteschi esseri metallici che sputavano piombo e fuoco tra le linee nemiche. La maggior parte delle nazioni continentali le avevano già, e avevano anche aerei-bombe che sganciavano ordigni sugli arsenali nemici. In verità, finire tra le linee del Corpo Antiaereo era un privilegio che non si poteva ignorare. Per la maggior parte del tempo, si stava seduti a guardare il cielo dietro a spessi occhiali da sole, oppure dietro le linee alleate a vedere l'artiglieria bombardare inesorabilmente la fanteria.
Se l'antiaerea era una pacchia, la fanteria una noia, la cavalleria era un biglietto diretto per l'inferno. La cavalleria doveva correre, guidare i cavalli all'assalto e lanciare le granate nelle posizioni dove erano messe le mitraglie. Spesso, morivano a centinaia senza neanche mettere piede nella trincea nemica. Ecco perché, quando la mamma andò ad aprire la lettera rossa di richiamo, pianse ma rise al contempo. Poteva finire nella Cavalleria. Guardando il lato positivo, i corpi dei cavalli venivano usati dalla fanteria per strisciare abbastanza vicino le posizioni nemiche e far scivolare là dentro le granate.
Da quanto ricordava, e aveva letto, non c'era stata mai una battaglia vinta dalla Cavalleria. Uno spreco, ma la Cavalleria era la Cavalleria ed era un corpo importante eccetera.
Al secondo giorno gli appiopparono il fucile bolt action Carvelli-91, due granate e la pala tattica per scavarsi la tomba da solo. Solo certi reparti avevano fucili semiautomatici o, addirittura, automatici. Il rivoluzionario Fucile Automatico Carvelli 1909, o FAC09 per gli addetti, poteva addirittura ribaltare le sorti della guerra. Venti colpi per risollevare le sorti.
La pala serviva sì e no. Dove arrivavano le bestie di ferro non poteva salvarti nulla, nemmeno la trincea.
Ricorda che il terzo giorno gli insegnarono come caricare e sparare il fucile, come lanciare la granata e come attorcigliare il crocifisso intorno alla pala per non farlo scivolare.
Il quarto giorno fu una noia, gli spiegarono come nascondersi dai proiettili nemici. Neanche ci volesse un'intelligenza sovrumana per farlo. Dopo pranzo, ore estenuanti di esercizi fisici. Pareva volessero dei corpi abbastanza rifiniti su cui poggiare la bandiera.
Il quinto giorno un grosso essere metallico arrivò nel campo: era grigio, alto come sei uomini uno sopra l'altro. Aveva una grossa finestra nella parte davanti e due braccia che spuntavano dai lati. Dietro la schiena aveva due grossi tubi diretti verso l'alto da cui uscivano esagerati sbuffi neri di fumo: l'essere era alimentato a carbone, chiaramente. Come era alimentato e come si muoveva era ed è un mistero per tutti quelli che non avevano letto i progetti di quei mostri metallici. Tuttavia, serviva un po' di magia tra le file amiche. Sulla parte anteriore erano dipinti con un denso rosso le lettere II-F"SC"- 0017, scritta decorata con graffi di ogni tipo e anche, parve a Sander, fori di proiettile.
Sembrava una grossa lattina, ma la grossa lattina poteva essere l'arma che li avrebbe salvati tutti. Sulle spalle, due aperture su cui erano montate due mitraglie, come erano due le mitraglie Gatling che la lattina aveva al posto delle mani. Era lenta, sì, un carro armato su due gambe. La recluta poté vederlo solo di sfuggita, e sentire il pesante rumore delle Gatling che sparavano contro le tavole di addestramento. Poi, l'uomo che stava comandando la bestia, fece un cenno dalla finestra e l'istruttore cacciò una pistola di ordinanza e sparò un colpo verso la finestra. Miracolo, bellezza, il colpo rimbalzò lasciando il capitano della bestia incolume. Non aveva dubbi che quella era una dimostrazione fatta ad hoc per alzare un po' il morale nel campo.
Il sesto giorno passò il prete a benedire il reggimento "Santa Caterina" e baciò a tutti la fronte. Alcuni erano anche più giovani di Sander. Servivano persone piccole per portare i caricatori fino alle trincee.
Il settimo giorno li cacciarono quasi a pedate dal campo, un nuovo convoglio di veicoli vari che portavano nuove reclute dentro.
"Siete pronti per affrontare l'invasore e proteggere le vostre madri, sorelle, mogli e figlie. Siete pronti a tenere le terre dei vostri nonni e dei loro nonni prima di loro. Verserete il vostro sangue nella loro gloria ed onore. Che Dio vi benedica, lunga vita ai soldati del Secondo Fanteria." L'unto istruttore si tirò sopra gli occhialetti e mosse un po' i baffi, muovendo gli occhi sulla schiera di reclute e sbuffando leggermente. Fece il saluto militare e li lasciò lì, nel piazzale.
Ironico come aveva tralasciato la presenza di padri e fratelli. O forse quelli erano solo un antico miraggio.
Li fecero camminare verso la stazione dei treni a piedi, in fila indiana, fieri con i fucili sulle spalle, le divise con sulle braccia la toppa del II Fanteria "Santa Caterina" e gli zaini con dentro la cioccolata e i crackers. La cioccolata doveva essere mangiata solo sul fronte, quando serviva l'energia in più per continuare a stare svegli. Fulvio, compagno di branda di Sander, aveva scartato la barretta intorno al quarto giorno e stava lì lì per mangiarla quando lo vide l'istruttore dal naso unto. Lo schiaffeggiò un paio di volte e gli strappò la cioccolata dalle mani, con la scusa che già era poca per tutti e non poteva lasciarla mangiare a porci come il povero ragazzo o le altre reclute. Fulvio giurò che la cioccolata avesse un odore strano, ma gli altri lo presero in giro dicendo che quegli schiaffi gli avevano ammazzato gli ultimi due neuroni che gli erano rimasti nel cervello.
Alla fine, Fulvio e gli altri erano i suoi compagni d'avventura, che probabilmente lo avrebbero accompagnato fino all'inferno.
Il treno fischiò così forte entrando in stazione che Sander quasi cadde dal muretto. Era il fischio di Caronte che era arrivato a prenderlo, come il contadino che fischia alle pecore per radunarle prima di portarle al macello.

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