Oasis

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Otabek non aveva mai visto una tale bellezza neppure nell'harem del suo palazzo. Sarà che era inusuale nel deserto trovare qualcuno con i capelli biondi come il miele, fatto sta che il Principe decise che non se ne sarebbe andato senza essere riuscito prima ad avvicinare in qualche modo quello schiavo.

La regina madre Nimaat stava rimpiangendo la sua scelta. Quando, salendo le scale del Palazzo dorato, vide una moltitudine di schiavi ingioiellati accogliere lei e suo figlio, decise che mettersi in viaggio per recarsi in visita al regno di Hasetsu non fosse stata una buona idea. Afferrò il polso del Principe quasi sedicenne, il cui sguardo si era soffermato un po' più del consentito su un ragazzino biondo che teneva gli occhi rivolti a terra, e, con un cipiglio scuro, chiese alla guardia che li scortava di condurla alla sala del trono.

"Che modi sono, Nikiforov? Non ci degnate nemmeno della vostra presenza ad accoglierci a Palazzo, solamente una sfilza dei vostri schiavi. Dopo giorni di viaggio?", chiese subito Nimaat, con un tono risentito. Il giovane Re dai capelli d'argento si alzò dal suo scranno e con un battito di mani congedò il suddito che gli stava davanti, che, dopo un veloce inchino, si dileguò. Scese i gradini della pedana e raggiunse Nimaat e suo figlio.
"Perdonatemi, Vostre Altezze, ma aspettavo il vostro arrivo per stasera e dunque sono rimasto impegnato con alcune udienze. Spero di non avervi offeso e vi porgo le mie scuse", inchinò leggermente la testa e Nimaat notò nei suoi occhi azzurri un non so che di vivace, come un fuoco giovanile di ribellione, ormai sopito e messo a tacere da anni di educazione. E di perdite. Alzò le sopracciglia.
"Scuse accettate. Spero saprete ripagarmi con un bagno alle terme e delle stanze confortevoli, in vista di una lauta cena, stasera", disse con tono fermo. Era più un ordine che un suggerimento e Victor alzò un angolo della bocca.
"Con molto piacere. Vi scorterò io stesso nei vostri alloggi", replicò. Per qualunque altro, anche un alleato, il Re avrebbe ordinato a qualche guardia o a un suo schiavo di svolgere quel compito. Tuttavia sapeva che doveva mostrarsi il più accondiscente possibile con la Regina Nimaat, che, dopo la morte prematura del marito per una febbre incurabile, era diventata molto fredda e, se possibile, ancora più conservatrice.
I due ospiti furono così scortati nelle loro stanze, dove il Re li lasciò a prepararsi per la cena con la promessa di danze e divertimenti per allietare la loro permanenza a Palazzo.

Otabek non riusciva a toglierselo dalla mente. Lo schiavo dai capelli biondi che aveva tenuto lo sguardo basso all'entrata della reggia. Avrebbe dato qualsiasi cosa per rivederlo, ma, conoscendo i gusti di Victor, sapeva bene che fosse quasi impossibile incontrarlo di nuovo. Il Re dai capelli d'argento era noto in tutto il deserto per il numero dei suoi schiavi, che cresceva di giorno in giorno secondo le voci che giravano di corte in corte.
Stava pensando a questo mentre era seduto su comodi cuscini ricamati e sorseggiava un tè verde speziato. Sentiva Victor parlare a bassavoce con sua madre dietro di lui, seduti intorno a un tavolino basso. La cena era servita da molti schiavi e ai lati della grande sala vi erano parecchie file di altri tavolini bassi ricolmi di prelibatezze, intorno ai quali nobili ben pasciuti e dame di corte ridevano sotto gli effetti del buon vino offerto dal loro Re.
Otabek sbuffò appena. Si stava annoiando. Sua madre aveva voluto portarlo in visita ufficiale da un alleato perché iniziasse a prendersi le sue responsabilità. Avevano stabilito che, non appena avesse compiuto sedici anni, sarebbe salito al trono. Il moro sapeva bene che sua madre aveva il terrore che qualcuno volesse soffiarglielo sotto al naso, ma le sue paure, a suo parere, erano infondate. Suo padre era stato un sovrano molto amato e aveva lasciato un vuoto enorme. Aveva già il favore del popolo dalla sua parte, che si aspettava grandi gesta da lui. Inoltre, suo zio, fratello minore di suo padre, gli aveva giurato fedeltà non appena il Re era spirato. Otabek sospirò, pensando a quanto sua madre fosse diventata dura e distaccata, quasi paranoica, dopo la morte del marito.
Ciò che lo distolse da quei pensieri cupi fu il suono di un gong. Sulla sala della fontana a forma di pesce calò il silenzio. Presto, quell'assenza di suono venne riempita da una musica lenta, suonata da un gruppo di musicisti raccolti in un angolo.
"Spero gradirete la sorpresa", ridacchiò Victor, rivolto ai suoi ospiti illustri. Otabek non distolse lo sguardo dal centro della sala. Si stava riempiendo di ballerini, che indossavano tutti vestiti ricoperti di gioielli e veli quasi trasparenti. Si misero in posizione e cominciarono a ballare, guidati dalla melodia che si faceva via via più incalzante.
Otabek era sconvolto. Aveva già visto danzatori del ventre all'opera prima, ma sua madre non lo reputava uno spettacolo adatto a ragazzi della sua età, per non parlare di eredi al trono. Nella sua visione un onesto politico non poteva lasciarsi andare a piaceri del genere, nemmeno divertendosi durante un banchetto.
Il Principe si gustò dunque il momento, fin quando i suoi occhi si posarono sul ragazzo più bravo di tutti, quello che sembrava emanare un'aurea di musica solo con i movimenti sensuali dei suoi arti. Il suo cuore saltò un battito. Era lui, lo schiavo biondo. Finalmente riuscì a intravedere il colore dei suoi occhi: un verde smeraldo. Era lontano, però, e poteva sbagliarsi. Quanto avrebbe dato per vederlo più da vicino.
Lo spettacolo si concluse prima che Otabek se ne accorgesse. Si voltò, sentendo lo sguardo di Victor bruciare sulla sua nuca, e incontrò le sue iridi chiare che sembravano esaminarlo. Sostenne il suo sguardo indagatore, cercando di sondare quegli occhi misteriosi, senza successo.
Si rese finalmente conto che erano soli, sua madre doveva essere già tornata nelle sue stanze, e si chiese distrattamente come mai non l'avesse salutato.
"Principe Altin, se vuoi seguirmi", disse Victor, intimandogli con il tono di voce di fare come richiesto. Otabek sperò di riuscire a diventare come lui un giorno. Fiero e serio, impartendo ordini usando solo il tono di voce.
Seguì il Re per vari corridoi del Palazzo. Non si stavano dirigendo verso le sue stanze, bensì in un'ala diversa dell'edificio. Victor si fermò di colpo, facendo quasi finire Otabek contro la sua schiena. Si voltò e studiò il viso del ragazzo.
"Come segno di amicizia vorrei offrirti un regalo", disse il Re, con circospezione. Il tono che usò fece per qualche strana ragione rabbrividire Otabek. "Potrai passare la notte con uno dei miei schiavi, quello che più ti aggrada".
Il Principe sgranò gli occhi. Non si era immaginato nulla di simile. Si ricompose velocemente, schiarendosi appena la voce.
"Non vedo la ragion-"
"Nessuna ragione. È un'accorgimento nei tuoi confronti e quelli della Regina. Ti prego di accettare, così saprò che mi avrete perdonato per non avervi accolto degnamente a Palazzo", lo guardò con la sincerità dipinta negli occhi chiari. "E che si sappia che la cordialità di Re Nikiforov non è una leggenda".
Il Principe deglutì. Era chiaro che non potesse che accettare e si chiese se sua madre fosse stata messa a parte della situazione. Come leggendogli nella mente, Victor accennò a un ghigno.
"La Regina ti ha portato con sé in questo viaggio diplomatico perché vuole che impari come funzionano questi aspetti della vita reale e presto possa salire al trono, vero?", non aspettò una risposta. "Allora dimostrati all'altezza. Sii uomo". Otabek corrugò le sopracciglia e alzò il mento, fissando Victor con il cipiglio che diventerà la sua firma negli anni a venire. Il Re sorrise, soddisfatto, e fece per voltarsi.
"Nell'harem troverai un'ampia scelta di-"
"So già chi voglio", disse piano, ma fermamente, il Principe. Victor aggrottò appena le sopracciglia, ma quando incontrò di nuovo le iridi scure del minore aveva la fronte distesa.
"Parla, allora".

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