L'infamia di chi osserva

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Il sole quel giorno era particolarmente incattivito, era forse una delle giornate più calde da trent'anni a quella parte; la figura coperta dal saio marrone abbassò un attimo lo sguardo dall'enorme distesa di sabbia innanzi a lui per controllare un pannello a fianco al tachimetro della sua moto...il piccolo pannello segnava 47 gradi celsius. In lontananza si stagliavano gli enormi canyon di Sol accerchiati da una steppa giallastra, difficile da distinguere dal deserto; in cielo osava volare solo qualche avvoltoio, probabilmente alle prese con il paziente pedinamento della sua preda ormai prossima alla morte. Al passaggio del motociclo la figura in sella girava il capo a osservare le varie carcasse che si stagliavano un po' dappertutto: alcune erano semplici carcasse di Dalkan, altre invece erano davvero grandi e si narra che fossero lì sin da quando l'Uomo mise piede su Junon. Ma questo all'uomo in sella alla motocicletta non interessava date le sporadiche e fugaci occhiate che gli lanciava; abbassò invece la testa a guardare nuovamente un altro pannello: questo segnava Majora's city come prossima meta al di là del canyon.

"Accidenti!" esclamò il conducente quando lesse sul piccolo schermo che mancavano ancora più di duemila chilometri alla meta; quando raggiunse gli enormi blocchi di pietra la luna era ormai prossima alla vittoria sul suo rivale  e l'uomo decise di accamparsi in un anfratto della roccia.

Accese un piccolo falò in modo da non essere avvistato da nessuno di sgradito, poi prese dalla sacca un piccolo pannello lunare che rivolse al cielo e lo attaccò con un cavo alla batteria del veicolo; prese il fucile incastrato da lui sulla fiancata della motocicletta, lo svuotò di ogni proiettile e lo ripose sulla sella, in bella vista; infine si sedette nell'angolo più scuro con la mano ben appoggiata sulla pistola, meditando se gli convenisse consumare quel poco delle provviste rimaste, alla fine decise di mettere qualcosa sotto i denti, senza mai togliere però la mano destra dall'impugnatura della sua arma.

Si stese; ormai la piccola luna di Junon la faceva da padrona e la luce del Sole era ormai confinata a un piccolo spiraglio all'orizzonte; l'uomo pensò che quella doveva essere una battaglia davvero dura per entrambi gli schieramenti: ogni giorno i due avversari si cedevano vicendevolmente e periodicamente il campo di battaglia, ognuno lo dipingeva dei suoi colori e lo governava a suo piacimento...e poi, quando il tempo scadeva le cromaticità cambiavano e i governi cadevano.

"Dev'essere proprio dura per voi, eh?" disse facendo finta di rivolgersi al corpo celeste" Ve ne state lì tutto il giorno, tutti i giorni a fissarvi, cercando di cogliere il primo segno di debolezza del nemico e a nascondere il vostro; che terribile battaglia che combattete...chissà chi la spunterà alla fine?" calciò un cumulo di sabbia che spense il fuoco e chiuse gli occhi,"Mah...tanto è inutile, alla fine non vince mai nessuno, l'unica cosa che rimane è il dolore e il buio" mormorò infine sfoderando un ghigno contenuto.

Si addormentò per un po', ma non dopo molto fu costretto a riaprire gli occhi e mettere mano all'arma quando si stagliò in fronte a lui un uomo che imbracciava il suo fucile, l'aggressore era un ragazzo di media statura che aveva un'espressione di quelle che non dovrebbe mai avere un assalitore, era palese che mai prima d'allora non avesse mai messo il dito su un grilletto .

"Alzati bastardo" gridò il giovane " e...e getta la pistola" 

A quelle parole l'uomo si aprì in una risata che infastidì il ragazzo, il quale ribadì nuovamente gli ordini che, stavolta, l'uomo eseguì.

"Posso chiederti chi diavolo sei?...un predone?" disse la figura con le mani alzate

"Io son..."

"No, certo che no!" lo interruppe.

"Fa silenzio dannato...forse tu non ti ricordi di me, ma di mio padre sì" disse suscitando uno sguardo perplesso nella vittima e un cenno di dissenso. "Denway...Mark Denway"

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 29, 2017 ⏰

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