2. L'ultima speranza

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Guidarono per un po', ma nonostante le minacce, il silenzio del ragazzo non durò tanto quanto Levi aveva sperato.
La sua curiosità, unita all'adrenalina, gli facevano muovere nervosamente le dita picchiettandole sulle gambe che tremavano in continuazione. Picchiettava la suola delle scarpe da ginnastica sul tappetino, creando un ritmico battito che penetrava nel cervello. Più volte Levi respirò profondamente, per cercare di non perdere la pazienza di cui già era a corto.
Quando non ce la fece più, Eren si voltò verso di lui, con gli occhi come due smeraldi pieni di determinazione.
"Voglio sapere chi era quello e perché ha cercato di farmi saltare la testa!"
Pareva un ordine ed il ragazzo si guadagnò un'occhiataccia.
"E poi, chi sei tu, perché mi hai salvato?"
A quella domanda seguì un lungo silenzio, mentre Levi valutava cosa ed in che modo rispondere. Era una verità difficile da accettare e sarebbe stato ancora più difficile in quelle circostanze, in quella situazione che doveva sembrargli assurda.
"Hanno deciso di terminarti. E' assolutamente fondamentale che tu viva ed io sono qui per fare in modo che sia così" calcolò le parole in modo esemplare.
Eren ripensò a ciò che era avvenuto prima, nel locale. Aveva a malapena avuto il tempo di vedere chi gli stava sparando addosso, perché Levi era stato veloce a metterlo al coperto. Ricordava solo una persona decisamente alta, vestita di nero ed il luccichio delle armi che imbracciava.
"Chi era quell'uomo?" domandò.
"Non è un uomo, è una macchina."
"Come un robot?" lo interruppe Eren, a bocca aperta.
"No, un cyborg. Un organismo cibernetico, in parte uomo, in parte macchina. C'è metallo blindato al posto dello scheletro, ma hanno capelli, pelle, sangue. Sono impossibili da riconoscere" sospirò, appoggiando la testa al sedile "Ho capito che era lui solo quando ti ha puntato un'arma addosso..."
Eren prese a ridacchiare, scuotendo la testa.
"Tu sei pazzo. Non si possono creare cose del genere, sono solo nei film!"
"Non ancora" replicò secco Levi "Ci vorranno alcuni anni prima che tutto inizi..."
Il discorso sfumò ed Eren non gli pose altre domande. Rimase silenzioso, guardandosi le mani, pensando a come poteva trattare con quel pericoloso uomo armato, palesemente non in sé. L'occasione parve arrivare poco dopo.
Entrarono in un parcheggio sotterraneo. Levi infilò la macchina in un angolo isolato del complesso e recuperò il fucile.
"Dobbiamo cambiare auto, vieni andiamo."
Tese la mano per afferrarlo, ma Eren gliela morse: non si sarebbe più fatto trascinare impotente. Strinse i denti sulla carne, ma non tanto da ferirlo: voleva solo distrarlo il tempo di scappare. Il soldato però, invece di ritrarsi per il dolore, gli spinse la mano tra le labbra e si fece più vicino.
"I cyborg non sentono dolore!" gli urlò, guardandolo dritto negli occhi "Io sì!"
Eren lo lasciò subito andare, portandosi le mani alla bocca. Sulla lingua sentiva forte il sapore della sua pelle.
"Non farlo mai più, Eren. Quel terminator è la fuori. Non puoi patteggiare con lui. Non esistono alleanze o tregue, non sente rimorso né pietà. Vuole ucciderti e non si fermerà mai!"
Eren lottò contro le lacrime che sentiva spingere agli angoli degli occhi.
"Tu puoi fermarlo?" mormorò, deglutendo per mandare via il sapore di Levi dalla bocca.
Lo vide abbassare lo sguardo.
"Non lo so. Con queste armi...non lo so."

Eren divenne più collaborativo.
Si lasciò condurre per mano, mentre cercavano un'automobile con cui sostituire quella appena abbandonata.
Levi ne scelse una che il ragazzo gli indicò come veloce ed iniziò ad armeggiare con la serratura, per aprirla. Eren si accucciò al suo fianco, con le braccia stretta attorno alle ginocchia.
"Perché me? Perché vuole me? Non ho fatto niente..." mormorò piano, ma sapeva che Levi l'avrebbe sentito.
"Non ancora."
"Che intendi?"
Levi sbloccò la portiera, poi si girò a guardarlo, perdendosi per un momento in quei grandi occhi pieni di timore.
"C'è stata una guerra nucleare... cioè, ci sarà tra qualche anno. Tutto è stato spazzato via, nessuno capiva chi l'avesse cominciata, tutti davano la colpa a tutti. Solo dopo si scoprì che erano state le macchine..."
Eren scosse la testa "Non capisco."
"Computer potenti, incaricati di gestire tutto ciò che di elettronico ci fosse nel mondo, si sono evoluti e hanno cominciato a vedere l'uomo come una minaccia. Decisero di sterminarci e ci andarono anche molto vicini... Allora cominciò la guerra tra noi e loro."
Eren lo guardò sistemare le armi, estrarre i proiettili, ricaricarle. Aveva una manualità figlia dell'esperienza, un'abilità tale che perfino il ragazzo, nonostante fosse totalmente ignorante in materia, non poteva non notare.
"Tu hai visto questa guerra?" mormorò a bassa voce, come se temesse la domanda che lui stesso aveva posto.
"Avevo un paio d'anni quando è iniziata... Eravamo tutti sull'orlo di scomparire, senza speranze. Famiglie sterminate, città massacrate ogni giorno, sempre uguale. Eravamo solo numeri per loro, esistenze inutili da interrompere al più presto."
Eren si morse le labbra: avrebbe tanto voluto chiedergli di smettere di parlare, di non raccontargli una cosa del genere, ma non riusciva a interromperlo.
"Poi ci fu un uomo che fu in grado di capovolgere la situazione. Ci salvò tutti." La voce di Levi si riempì di ammirazione e rispetto, mentre stringeva con forza i pugni sull'arma che aveva in mano "Lui ci insegnò a combattere, ci restituì i nostri nomi, uno scopo nella vita. Cominciammo a vincere ed io mi arruolai, per poter stare sotto al suo comando."
Eren percepì qualcosa muoversi nel petto, il cuore battere più in fretta.
"Chi?"
Levi abbassò lo sguardo verso di lui, incrociando i suoi occhi ed Eren si sentì trafitto da quello sguardo di ghiaccio.
"Tu."

[Riren] T e r m i n a t o rDove le storie prendono vita. Scoprilo ora