1. Un amore di testimone

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Un amore di testimone (Man of Honor), P. Weiland, USA/UK, 2008

Emma

Il tormento provocato dalle recenti giornate costellate di ansia e preparativi per l'evento era quasi giunto al termine. Ancora una manciata di ore di pazienza e sarei stata libera: di studiare per gli esami in pericoloso avvicinamento, di provare per lo spettacolo di fine anno, ma soprattutto libera di starmene da sola per due rilassanti settimane nella grande casa di mamma e Jamie...

«Tesoro?»

Tenni gli occhi serrati senza interrompere la strofa che stavo cantando sottovoce. Braccia e gambe aperte sul materasso come una stella marina sullo scoglio, mi costringevo a controllare le espressioni facciali così come Emma Stone era riuscita a riprodurre bene sul grande schermo, tanto da aggiudicarsi la statuetta dorata di un uomo nudo che in tanti a Hollywood bramavano.

«Emma?»

Sospirai con forza in seguito all'ennesima interruzione di mia madre. Da quando mi ero svegliata, sembrava determinata a non lasciarmi nemmeno un nanosecondo di tregua. «Per tutte le lune di Giove, sto provando la parte! Come faccio a concentrarmi se mi interrompi ogni quattro parole?»

Armata di pazienza, ripresi da capo Audition, il pezzo per me più arduo di tutto il musical che avremmo inscenato a scuola a fine anno. Gérald Lefevre, il mio professore di musica da cinque anni nonché regista di tutte le rappresentazioni teatrali, aveva deciso di concludere il nostro percorso scolastico con uno spettacolo ispirato al film La La Land. Collaboravo con la compagnia teatrale della scuola già dal primo anno – per lo più per far contenta mia madre che ci teneva tanto – e avevo sempre ottenuto i ruoli da protagonista. Sostenevano tutti che io fossi portata, che il complesso intreccio di recitazione, canto e danza tipico del musical si adattasse alle mie capacità come una seconda pelle, ma quel secondo tessuto epidermico per me non era affatto un vanto. Recitare era un passatempo che a volte mi annoiava, preferivo di gran lunga impegnare il mio tempo libero in camera a giocare con il principio di indeterminazione della fisica quantistica. Eh, già... quello sì che era soddisfacente...

«Accipicchia, ascoltami! Mi è venuta in mente un'idea fenomenale!» La sua mano si abbatté con un tonfo sulla scrivania per infondere vigore alle sue parole, ma le mie palpebre restarono abbassate con concentrata ostinazione. «Cosa pensi del mal di denti?»

Tentai davvero di ignorarla, dato che da una settimana ero costretta a convivere con il suo continuo stato di ansia nemmeno fosse un inquilino molesto, ma lei me lo impedì.

«Emma! È il dodici marzo e lo spettacolo non sarà prima di giugno. Potresti ascoltarmi almeno per un secondo e rimandare le prove a un altro momento?!»

«No, mamma», sospirai paziente. Contai le ore al termine di quella lunga giornata di supplizi. Almeno tredici ancora. «Il mal di denti non è una scusa adeguata.»

«Il raffreddore?» tentò di nuovo.

«Nemmeno.»

Per fortuna, il mio cervello processava a una velocità sufficiente da consentirmi di pensare e fare due cose diverse nello stesso momento. Quindi, mentre lei continuava a blaterare a proposito di idiozie, io ripresi mentalmente a recitare le parole della canzone. Con l'ultima strofa avrei dovuto persino commuovermi davanti a tutti gli spettatori, e sapevo che non ci sarei mai riuscita a comando se non provavo la scena in maniera adeguata.

In seguito allo schizofrenico elenco di una lunga serie di malattie immaginarie, che variavano da quelle meno infettive fino a un'ipotetica varicella ricreata grazie alla matita rossa per le labbra, mia madre scoppiò in un singolo plauso preceduto da un assordante strillo di gioia. «Influenza intestinale! È perfetta! In questo modo nessuno potrà avere da ridire. Non ti pare la soluzione perfetta? Mi chiudo nel bagno per tutto il giorno e non ne esco fino a domani.»

TOP SECRET. A love songDove le storie prendono vita. Scoprilo ora