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(Lui dovrebbe essere Derick, già.)
Se ci sono errori vi prego di farmeli notare così potrò correggerli :).

L'unica cosa che forse rimpiange, mentre tiene le mani salde al volante, non è tanto quella di non potersi godere la faccia di suo padre quando la mattina dopo si sarà accorto prima dell'assenza in garage del furgoncino che ora viaggia indisturbato per le strade di Kansas City e poi di suo figlio, bensì quella di quando sarà subito giunto all'ineludibile e lampante conclusione che sicuramente deve essere stata opera sua. E diciamo, che non gli dispiacerebbe neanche assistere all'imminente collera del padre accompagnata da imprecazioni rigorosamente farcite con qualche bestemmia.

Dire che l'ha rubato, quel furgoncino, non è propriamente esatto - ha puntualizzato Edward - ma al contrario, interpretarlo e considerarlo come un regalo di compleanno in anticipo da parte del padre, quello è il modo più corretto per non rischiare di essere sfiorato da nessun tipo di senso di colpa.

Fin dalla prima volta in cui era stata accennata, all'inizio solo per scherzo, questa folle idea - manco tanto folle - Brook, esattamente come gli altri quattro, non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi alle tre e quarantasette di notte col sedere piazzato sullo zoccolo del marciapiede. Ma ora che il furgoncino Volkswagen avanza imperterrito verso di lei, tutto quel fantasticare sulla loro fuga estiva, non le sembra più essere vicino solo alla loro immaginazione, ma anche alla realtà.

Senza indugi si sbriga a salire sulla vettura che potrebbe fare invidia a qualsiasi hippie. Non fiata ma accenna un sorriso. Prende posto sui sedili posteriori, lancia con uno sforzo il borsone - neanche poi così pesante - nel bagagliaio, a fare compagnia agli altri. Non può negare di aver provato una scarica d'adrenalina quando in fretta e furia è sgattaiolata fuori casa e un'altra decisamente più forte ora, ché finalmente ha realizzato tutto. Ma non ha paura, è abbastanza grande da sapere quello che fa, al di là di quanto esso possa essere giusto o sbagliato. Non ha intenzione di convivere con rimpianti o rimorsi, non ne vuole proprio sapere di quella roba là.

La sua abitazione scorre veloce e passa da un finestrino all'altro e presto scompare, sostituita da altre e altre ancora. Ha ormai deciso che non le farà affatto male starsene un po' lontana da là, che non le mancherà per niente, o forse almeno per i primi tempi. Cogli l'attimo e fallo tuo, le aveva detto qualcuno una volta ma non ricorda precisamente di chi si trattasse. Ad ogni modo, quello era diventato il suo motto di vita, anche se in realtà lo era sempre stato.

-Oh, che palle- sbotta Aris di punto in bianco, stanco di guardare lo stesso anonimo e noioso paesaggio che li circonda da almeno una buona mezz'ora.

-Quanto siete mosci- si lascia cadere bruscamente sullo schienale del sedile, sbuffando.

Anthea che s'era appisolata da qualche minuto, sussulta e scatta sull'attenti, tirando velocemente su la testa che teneva inclinata e appena poggiata sulla spalla destra. Guarda confusa intorno a sé, ancora non connette, poi riconosce il posto in cui si trova e come rassicurata, appoggia di nuovo la testa al finestrino.

-Sono le quattro e venti del mattino, cazzo- si lamenta Derick dopo aver controllato l'orologio legato intorno al polso.

-Il mio cervello non è abbastanza sveglio per ragionare e farmi dire cose che abbiano un senso- continua, mentre giocherella con una sigaretta che, a dirla tutta, al momento si fumerebbe volentieri. E quasi si pente di non essersi portato dietro una stecca intera di American Spirits.

-Almeno un po' di musica?- continua Aris, scocciato. Si allunga dal suo posto e si affaccia ai sedili anteriori, con la testa che sbuca da dietro il poggiatesta del guidatore. Con uno sbuffo sposta per l'ennesima volta il ciuffo di capelli che, prepotente, persiste a ricadergli sulla fronte, coprendo gli occhi vispi anche alle quattro del mattino.

-Dovrebbe esserci qualcosa lì dentro.- informa Edward. Distoglie per qualche istante lo sguardo dalla strada rettilinea davanti a sé, e lo abbassa ai piedi di Derick, dove ricorda esserci una vecchia scatola di Converse contenente delle cassette a nastro probabilmente del fratello, che dev'essersi divertito così tanto a farsi un giro con quella ragazza su quel furgoncino da hippie, da essersele accidentalmente dimenticate. Peccato.

Derick si china in avanti, prende la scatola e quando si sistema nuovamente sul sedile, se la mette sulle gambe. La apre e immediatamente s'imbatte in una miriade di cassette. Subito gliene saltano all'occhio un paio dei Genesis, una o forse due dei Queen. Poi con la mano sposta quelle che spiccano in superficie, scoprendo le nascoste in fondo. Back in Black è una vera tentazione, pensa quando gli capita fra le mani quella memorabile cassetta degli altrettanto memorabili AC/DC. E pensa anche che una volta un tizio ha detto che l'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi - o una cosa simile -, quindi tanto vale farlo subito e infilare quella benedetta cassetta nel lettore.

La radio sul cruscotto spara a tutto volume e la musica riempie velocemente l'abitacolo. Sovrasta senza problemi i pensieri rumorosi che soggiornano nella mente di Brook. Per un attimo ha pensato di lasciar perdere quella cazzata e di ritornarsene a casa. Ma poi si è detta che ne vale la pena, indipendentemente da quello che succederà. Ne varrà la pena, di questo è sicura.

Nel mentre si è fatto quasi giorno, il sole compare pian piano da dietro le montagne a cui sembra aggrapparvisi e, al contrario, il sottile spicchio di luna si dissolve nel cielo sereno.

Un altro pensiero la accarezza, questa volta è piacevole e l'aiuta a riacquisire in sé la sicurezza che non era stata altro se non il biglietto di sola andata per la libertà e qualche guaio - ché per quelli c'è sempre spazio - e che s'era dileguata per qualche momento.

Si convince, una volta per tutte, che non c'ha tempo da sprecare dietro a stupidi ripensamenti. Si vive una volta sola, anche se di questo non ne è pienamente convinta.

Vuole solamente godersi e vivere a pieno la sua adolescenza, ché tra meno di un anno sarà maggiorenne e non ce la fa proprio a dover sostenere il peso di qualsiasi responsabilità.

Si tiene stretta al petto quel carattere nichilista che tanto le sta a cuore e che fa da sfondo alla sua vita. Quello che le permette di agire d'impulso, di assecondare le sue pulsioni, i suoi istinti e di appagare i propri piaceri.

Se sbaglia, detto con tutta sincerità, chi se ne frega. Non ce ne sono mai abbastanza di errori nella vita, essi ne occupano gran parte. Perché tanto, alla fine, cosa ne rimane dell'adolescenza se non la consapevolezza di averla vissuta?

...

Io giuro che avrei voluto scrivere un capitolo coi controcazzi, ma questo è quel che passa il convento e me ne vergogno altamente.

Chiedo umilmente perdono.

Heaven In HidingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora