Blood

44 10 6
                                    

L'infermiera May sorrise quando invitò la ragazzina filiforme davanti a lei a sdraiarsi sul lettino. L'infermiera May incrociò lo sguardo preoccupato della donna che le guardava immobile sulla porta in evidente apprensione. L'infermiera May si voltò verso la ragazza che tremava sul lettino. "È solo un prelievino, tesoro" Disse, l'infermiera May, incoraggiante, alla piccola paziente che la fissava, gli occhi enormi e neri in rilievo sul viso cadaverico, la mandibola contratta e tremante, con tutti i muscoli del corpo tesi e ben evidenti, in un frenato istinto di fuga. Sarebbe stata un'impresa trovare la vena su quelle braccia pallide e nervose, pensò mentre preparava la siringa. Purtroppo ci era abituata, in quel reparto girovagavano molte ragazzine ossute. Eppure ogni volta all'infemera May si stringeva il cuore, e onestamente non sapeva per quanto avrebbe retto. Aveva il cuore debole, ormai. Faceva quel lavoro da troppo tempo, ci era invecchiata, tra le siringhe e l'odore acre del disinfettante. Lei, quella ragazzina che le stava di fronte, come molte delle altre pazienti, doveva essere appena entrata nella pubertà. Tante di loro avevano paura di crescere, non accettavano i cambiamenti che il loro corpo avrebbe subito. Volevano fermare il tempo, perché la vita smetteva di essere un gioco e diventava una sfida. E quel reparto ospitava quelli che si sentivano inadatti ad affrontarla, i cacciatori di tempo perduto, i disertori della partita vitale. Erano anime sole, prigionieri in casa propria, ostaggi dell'ansia, delle ossessioni, della depressione, di vari disturbi alimentari e di personalità.

L'infermiera May vicinò si avvicinò alla ragazzina sul lettino, con la siringa in mano.
"Come ti chiami?" Le chiese, per distrarla.
"Non importa!" Ricevette in risposta, in uno strillo acuto.
"Oh, sì che importa" Perseverò l'infermiera May, mentre le allacciava il laccio emostatico: "Come ti chiami?"
"Non importa! Tanto sono un mostro!"
"Oh, no tesoro" Affermò pazientemente l'infermiera May e cominciò a cercare una vena abbastanza grande: "Invece io penso che tu sia molto car..."
"SONO UN MOSTRO" Urlò senza preavviso la ragazzina, iniziando ad agitarsi. A quel punto alzò il braccio libero verso la porta, verso la donna, verso quella che si era dichiarata essere sua madre: "SONO COME LEI!" Gridò con furia. All'improvviso la ragazza si immobilizzò di colpo e fiutò l'aria. L'infermiera May si chinò su di lei, stava per inserire l'ago, aveva trovato una vena adatta, finalmente."Cibo..." Mormorò la ragazzina spalancando gli occhi in un misto di desiderio e terrore. Curioso, pensò l'infermiera May, non aveva sentito passare il carrello della mensa, ma d'altra parte quella ragazzina doveva avere talmente affamata da fare molto più caso all'odore del cibo di quanto facesse lei. Le era già capitato, all'infermiera May. La bambina riprese ad agitarsi, proprio mentre le infilava l'ago nel braccio. Non fece in tempo a dirle dolcemente di stare ferma che la ragazza stillò di nuovo verso la madre: "TU, MALEDETTA! LO HAI FATTO APPOSTA A PORTARMI QUI! VUOI FARMI CEDERE!" Tremava tutta, l'infermiera le sfiorò la guancia: "Stai tranquilla, qui siamo bravi..." La ragazza la guardò cercando di ritrasi conficcando le dita della mano libera nel lenzuolo, scuotendo lentamente la testa. L'infermiera May si chinò sulla vena. Non riuscì neanche a realizzare lo scatto velocissimo con cui la ragazza le passò in fianco e attraversò la porta, non fece in tempo ad accorgersi della debolezza e del torpore che la avvolsero improvvisamente. Percepì solo vagamente la facilità con cui la madre della ragazza aveva sbattuto e chiuso la pesante porta di ferro della stanza, dopo che la figlia era corsa fuori.
"Mia adorata bambina" disse la madre guardando verso la porta. Abbassò gli occhi con un sospiro: "Prima o poi accetterai quello che sei..."
Fu a quel punto che l'infermiera May, appoggiandosi al comodino, priva di forze, la vide avanzare nella sua direzione, in un volteggiare di figure che iniziavano a diventare macchie di colore sempre più sfumate e confuse. L'unica cosa che l'infermiera May colse nitidamente era il lato destro del collo. Pareva bruciare. Quando ritrasse la mano tremolante con cui l'aveva toccato, vide solo rosso: "Intanto" mormorò la donna di fronte al suo viso: "Temo proprio che dovrò raccogliere io gli avanzi..." Un luccichio bianco fu l'ultima cosa che l'infermiera May poté vedere. L'infermiera May non dovette più visitare pazienti che le facessero stringere il cuore. Non aveva più il cuore debole. Anzi, più precisamente, il suo cuore non batté mai più.

Mental GamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora