Guilt

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"...Con me puoi parlare, sono qui apposta, fidati di me." Disse l'uomo, dopo una decina di minuti di silenzio, nei quali la ragazza che aveva di fronte aveva taciuto, fissando le piastrelle biancastre del pavimento: "Mi hai appena parlato dei "rituali" che ti servono per tranquillizzarti, potresti farmi qualche esempio?" Continuò l'uomo, posando delicatamente la penna nera sulla scrivania, in fianco al blocchetto su cui aveva appena scarabocchiato qualcosa. Attese qualche istante, appoggiando le mani sulla superficie liscia che lo divideva dalla sua interlocutrice. Quella ragazzina era arrivata all'ospedale da tre giorni e lui, lo psichiatra, era l'unico con cui aveva parlato. Lei aveva avuto il menarca due settimane prima. Fu allora che la sua famiglia iniziò a preoccuparsi. Il giorno dopo era esausta. Non aveva fame, la vista del cibo, in particolare della carne, la disgustava. I suoi genitori scoprirono che passava le notti con gli occhi spalancati. Infine, appurarono con orrore che piangeva, sotto le lenzuola, ogni singola notte. Non volle rivelare se a turbarla fossero incubi, pensieri o entrambe le cose. Inizialmente la cosa fu interpretata come una questione ormonale. Ma due settimane dopo la situazione era solo peggiorata.
Infatti, erano arrivati anche i"rituali". Ed erano...
"Sono prevalentemente igenici..." mormorò la ragazza, improvvisamente, incrociando per un solo istante gli occhi del terapista, il quale aveva iniziato a sporgersi attraverso la scrivania e ora la fissava con attenzione.
"Io... Devo lavarmi, devo lavarmi spesso..." Soggiunse la paziente.

Era notte...
Era Quella Notte...
Anche se il sole stava per sorgere...
Aveva acceso la doccia...
Mamma e papà non dovevano saperlo...
Lei...
Lei...Doveva...

"E secondo te" La incalzò il dottore: "Perché lo fai?" La ragazza fu scossa da un brivido.

Non doveva fare rumore...
I suoi genitori dormivano...
Doveva smettere di piangere...
Loro non...
Non meritavano QUESTO...
Lei...
Lei...Doveva...

"I-io...Sono s-sporca, dottore..."

Lo scroscio dell'acqua le invadeva i timpani...
Perché l'acqua...Perché non si scaldava
Lei...
Lei...Doveva....

"I-io ho u-una..."

Lei...
Lei...Doveva...

"...Una?" Sibilò il dottore.

Lei...Doveva pulirsi...
Lei...
Lei...Doveva...

La ragazza alzò gli occhi verso il medico. L'insistenza del suo sguardo lo aggrediva: "...Ho una terribile colpa..."

Doveva pulire il sangue che scivolava sulla sua pelle...
Lei...
Lei...Doveva...

"...Q-quale?" La voce dello psichiatra tradì bruscamente una paura inattesa. La sua mano era fredda mentre iniziava a torcersi nervosamente nell'altra. Gli occhi di lei lo atterrirono, scavadogli una fossa di terrore nella mente...
Non ottenne risposta.

Quel sangue non era suo...
Lei...
Lei...Doveva...

"...Quale colpa?"
La ragazza non rispose.

Lei...
Lei...Doveva...

"...Quale...?"
La ragazza non avrebbe mai risposto. Aveva ripreso a fissare le piastrelle biancastre del pavimento...

Lei...
Lei ora doveva temersi nelle notti di luna piena...

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