One Shot.

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«Sì, papà. Sì!» sbottò esasperato Stiles, tenendo fermo il volante con una mano, mentre con l'altra afferrava con così tanta forza il suo telefono che sarebbe potuto scoppiare da un momento all'altro per la pressione esercitata su di esso.

Sbuffò sonoramente, il tutto seguito da una rotazione dei suoi vigili occhi nocciola concentrati sulla strada, di sera, illuminata solo dai pochi lampioni presenti. «Starò attento, te lo prometto» disse, rassicurando l'uomo dall'altra parte dello schermo «Voglio fargli una sorpresa. Scott ne sarà contentissimo! Poi le cose a Beacon Hills stanno andando tutte a rotoli senza di me!»

Noah ridacchiò al sentir quell'affermazione. L'umano aggrottò la fronte. «Stai ridendo di me? Sai che sono l'eroe di questa città!»

Una gioiosa risata proruppe nuovamente nell'orecchio del giovane. «Bene, sai che ti dico? Non verrò neanche a farti visita!»

Lo sceriffo continuò a schernirlo per tutto il tragitto, ricordandogli quanto, in realtà, lui fosse imbranato.
Era l'essere più imbranato dell'intera cittadina. Come diavolo era riuscito a far parte del FBI?

Non poteva ancora crederci.
La sua murder board aveva aiutato molto negli anni del liceo, pensò. Un velo di nostalgia si fece largo nelle sue vene.

«Okay, vecchio. Penso proprio sia il momento di-»

I fari dell'auto illuminarono una sagoma che correva ad alta velocità per l'oscuro sentiero. Frenò immediatamentamente, le ruote striderono dando vita ad un rumore fastidioso. Interruppe in fretta la chiamata.

«Ma che diavolo!» imprecò, scese controvoglia dalla macchina per poi constatare con puro terrore che aveva appena colpito un uomo. Riusciva a malapena a vederne i lineamenti del volto.

«Oh buon Dio!» esclamò Stiles, gli occhi sbarrati. Si chinò sul corpo steso sul terreno, pensava fosse morto fin quando non lo sentì tossire.

Esalò un sospiro di sollievo. «Sei vivo, sei vivo...»

«Questa volta non hai dovuto schiaffeggiarmi. Sei cresciuto, a quanto pare.»

Era lui, la sua voce. Era tornato.

Stiles cacciò un urlo tutt'altro che virile, cadde all'indietro. Derek si alzò senza alcuno sforzo, gli tese una mano. «Non sei poi così cambiato, dopotutto.»

Stiles continuò a fissarlo con aria incredula. «Der, che ci fai qui?» domandò, aggrappandosi al braccio del compagno per rimettersi in piedi. Si sistemò la sua camicia a quadri rossa sgualcita.

L'altro deglutì. «Stavo facendo due passi, sai.»

Il più giovane digrignò i denti. «Dopo due anni.» Era forse rancore quello che provava nei suoi confronti?

Derek alzò un sopracciglio, fingendo di non percepire i sentimenti contrastanti che l'umano stava provando in quel momento. «Posso comunque salire in macchina o...?»

«Ti lascerei volentieri a piedi, ma io, a differenza tua, ho ancora un cuore» rispose Stiles, aprendo il proprio sportello.
«Forza, sali» lo incitò, infilando le chiavi nella serratura.

Derek sorrise nel vedere l'autovettura devastata come suo solito. «È come se il tempo si fosse fermato da quando ho lasciato questa città. Tutto è com'era una volta, nessun mutamento.» Chiuse la portiera alla sua destra, e la Jeep iniziò ad avanzare lentamente.

«Non tutto, non tutti

Il più grande abbassò lo sguardo. «Stiles-»

«Non dire nulla, ti prego» mormorò l'umano, i suoi occhi velati da lacrime salate. Tenne il volante con fermezza, nonostante le mani stessero tremando visibilmente.

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