1: La Telefonata

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Non dovrei iniziare una storia in questo modo ma, so che ne vale la pena, ogni giorno, ogni notte, io non riesco a non pensare a quella notte, la notte in cui tutto cambiò, in cui tutto tornò a crollarmi addosso, in cui tutto sembrava essere tornato triste e macabro come anni prima. Ma come prima cosa, devo presentarmi, sono Ryan Daniels , e questo è il mio incubo. Tutto iniziò nel 2003, in realtà tutto iniziò molti anni prima, ma quel Novembre del 2003 fu il periodo in cui tutto si fece prima triste, poi inquietante, poi spaventoso e poi divenne paura, pura e semplice paura, un terrore così forte che rabbrividisco tutt'ora, raccontarlo mi riesce molto difficile e scriverlo è ancora peggio, ma tutti devono sapere, tutti meritano di sapere chi è "l'uomo" che mi ha rovinato la vita e che tutt'ora mi provoca terribili incubi durante le ore notturne che mi spingono a svegliarmi in un bagno di sudore e con il fiatone, ogni notte, ogni singola, dannata, stramaledetta notte. Ma andiamo con ordine, Nel 2003 vivevo a New York e lavoravo come giornalista, beh... diciamo che "lavorare" era un parolone, specialmente in quel brutto periodo in cui tutto sembrava andare male, avevo iniziato a bere molto più del normale, molto più di quanto ero abituato a fare e finivo per arrivare sul posto di lavoro spesso e volentieri reduce di una sbronza presa la sera prima, mi capitava di non essere sempre totalmente lucido, avevo giramenti di testa, nausea, a volte vomitavo e un paio di volte mi è capitato di addormentarmi sulla tastiera in pieno orario lavorativo, il mio capo, Paul Jhonsen, se n'era accorto più volte e più volte mi aveva rimproverato per questo motivo con frasi del tipo "Manderai la tua vita a puttane" o "Non è possibile lavorare con dipendenti che si ubriacano tutta la settimana" con varie minacce di licenziamenti e stronzate varie, ma non lo temevo, dopotutto, mi presentavo a lavoro tutti i giorni alle otto del mattino, non avevo mai sgarrato in sei anni di "giornalismo", fui assunto nel '97 come "assistente", anche se più che assistente mi piaceva definirmi un S.O.S: "sfruttato, odiato e sottopagato" anche se all'ora ero ancora un venticinquenne ex tossico che viveva in un buco. In sei anni la situazione è nettamente migliorata, Jhonsen scoprì la mia passione per il giornalismo vero e proprio, e iniziai a scrivere dei piccoli articoli (continuando comunque a fare l'uomo delle fotocopie e dei caffè per Jhonsen) e nel 2003 la situazione era la stessa, solo che avevo iniziato pesantemente con l'alcool e le cose stavano tornando le stesse di sei anni prima...

Eccolo là Jhonsen, un grosso nero vestito in giacca e cravatta, che mi guardava, quella mattina del Novembre 2003, con una faccia delusa e allo stesso tempo incazzatissima, sapevo che mi sarebbe toccata la predica anche quella mattina, ma questa volta fu più duro del solito, dopo avermi visto barcollare per il corridoio, verso il bagno, per poi tornare lamentandomi alla mia scrivania era abbastanza incavolato, mi guardò dritto negl'occhi e disse -Daniels, come vedo anche oggi non combini nulla, eh?- No si sbaglia signor Jhonsen, oggi mi sento bbene, già, vede sono già all'opera- Risposi in modo agitato e non esattamente sobrio -E dopo tutto questo tempo vuoi che ti creda anche? Non prendermi per il culo Daniels, anche oggi sei ubriaco perso o fammi indovinare, lo eri fino a poche ore fa?- effettivamente non aveva tutti i torti, considerando che mi ero addormentato alle cinque ed erano appena le nove di mattina -Senta signor. Jhonsen...forse ha ragione, ma questa...questa è l'ultima volta che faccio una cosa del genere...lo...lo giuro- promisi, anche se sapevo perfettamente che l'avrei fatto ancora...non era la prima volta che dicevo "basta" e sapevo che anche questa volta avrei mancato alla promessa...e lo sapeva anche Jhonsen che invece dei soliti "ti rovini la vita" e "brutto stronzo mi rallenti il lavoro" si limitò a dire una sola frase -Un altro sgarro del genere...e per me sei fuori, Ryan Daniels- disse questa frase guardandomi con i suoi minuscoli occhi neri e poi avanzò velocemente verso la porta dell'ufficio e sparì.

Sapete, avrei dovuto prendere seriamente quelle parole, mi pento di non averlo fatto, ovviamente ciò non avrebbe migliorato nulla di quello che stava per succedere, ma almeno avrebbe "addolcito la pillola" insomma. Durante quel 2003 ho vissuto in un piccolo appartamento con Linsday, la mia ragazza di all'ora, le cose tra noi non andavano per il meglio, soprattutto in quel brutto periodo, litigavamo di continuo, anche per stupidaggini, lei minacciava di andarsene ogni giorno: "Non posso convivere con un trentenne che non riesce neanche a tenersi a bada" diceva ogni singolo giorno, in ogni singola litigata, al tempo lavorava in un pub e faceva spesso i turni di notte, notai che li faceva specialmente durante le settimane di continui litigi, forse per vedermi il meno possibile, lei era uno dei motivi principali delle mie "bevute serali" nonostante litigassimo di continuo io non riuscivo a non amarla, la amavo moltissimo. Conobbi Linsday nel 2000, stavamo insieme da tre anni, quando la conobbi era una ragazzina, aveva diciannove anni, arrivata da Boston a New York in cerca di qualche occasione, fu amore a prima vista, con i suoi capelli biondi e i suoi occhioni verdi che spesso cambiavano colore in base al clima, mi colpì la sua dolcezza , la sua comprensione e il fatto che nonostante fossi un ventottenne sottopagato ed ex cocainomane non mi giudicò, anzi, mi accettò per quello che ero, per quello che avevo dentro, non per quello che mostravo all'esterno, era la mia vita, ero innamorato perso e continuavo ad esserlo anche tre anni dopo, magari fosse stato lo stesso per lei... anche se non ne parlava spesso lo capivo, lo vedevo nel suo sguardo, lo sentivo nelle sue parole, nei suoi baci che diminuivano sempre di più, sentivo che qualcosa non andava, non c'era più l'amore di tre anni prima, non per lei.

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⏰ Last updated: Aug 07, 2017 ⏰

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