Prima ancora di parlarle, Tom dubitava che quella ragazza fosse normale. L'aveva vista per la prima volta all'entrata del parco, ma non ci aveva prestato particolare attenzione. Inizialmente gli era sembrata una semplice emo, di quelle che a volte incontri per strada, i vestiti scuri, le cuffiette nelle orecchie e gli occhi puntati a terra, ma poi, quando gli si era avvicinata, la strana nuova arrivata aveva alzato il capo e aveva iniziato a fissarlo. A dieci metri di distanza, il ragazzo non aveva comunque potuto fare a meno di provare una strana inquietudine, mentre un brivido lo attraversava da capo a piedi. Alla fine, quando Bryce e Jonah se ne erano andati, si era avvicinata a lui con passo sicuro. Metro dopo metro, sul viso della ragazza si andava ad allargare un ampio sorriso, che aveva un che di spaventoso. Tom aveva fatto finta di niente, si era seduto sulla prima panchina libera e si era infilato le cuffie nelle orecchie, mentre un presentimento sconosciuto si faceva strada nella sua mente. 'Non deve rivolgermi la parola' si ritrovò a pensare mentre il brano finiva. Si spaventò dei suoi stessi pensieri, mentre la strana sensazione si acuiva. Si arrischiò a lanciare un'occhiata di sbieco alla ragazza, che continuava ad avvicinarsi a passo lento, come se volesse godere della sua agonia nel vederla sempre più vicina e non poter far niente per impedirlo. Strinse gli occhi, osservandone la figura che si faceva sempre più nitida, e poi spostò lo sguardo sugli occhi. Il cuore di Tom perse un battito: erano neri, completamente neri. Due pezzi di carbone in mezzo ad un viso bianco bianco latte. Riportò gli occhi sul cellulare, che in quell'esatto momento si spense. «Merda...» mormorò mentre tentava -invano- di riaccenderlo. Aveva appena iniziato a tempestare di piccoli pugni lo schermo, che la strana ragazza vestita di nero gli si parò davanti. Si immobilizzò, la mano a pochi millimetri dal telefono, gli occhi spalancati e il corpo pronto a scattare. Thomas, è una ragazza. 'Non un mostro' pensò, tentando inutilmente di calmarsi. L'immagine di quegli occhi scuri, senza sfumature, gli tornò prepotente in mente. «Thomas giusto?» La voce della ragazza lo distolse dai propri pensieri. Troppo spaventato per notare il fatto che la nuova arrivata conosceva il suo nome, annuì debolmente, alzando lo sguardo. Lei sorrise, un sorriso che non aveva niente di felice. «Piacere. Io sono Cecile. E ti devo uccidere.»
Tom era troppo scioccato e spaventato dalla dichiarazione di Cecile per reagire quando la ragazza si sedette accanto a lui. Avrebbe potuto correre via, tornare a casa e denunciare quella ragazza, invece rimase lì, buono buono, a sentirla parlare. «Allora» esordì lei, spostandosi una ciocca di capelli biondi da davanti agli occhi «Tecnicamente dovrei ucciderti subito, ma mi capita raramente di poter parlare con qualcuno, quindi ne approfitto per chiacchierare un po', ti va? Su, non fare quella faccia! Ti sto regalando almeno...» fece una breve pausa per pensarci su un attimo «Uhm, diciamo altri dieci minuti di vita. Non male come ultimo dono, non credi?» In qualche modo, Thomas riuscì a tirar fuori una roca risatina nervosa. Il sorriso della ragazza si allargò ancora. «Allora Thomas, di che parliamo? Di te? Correggimi, se sbaglio, ma il tuo vero nome è Thomas Shakespeare Milligan, hai quindici anni, il tuo migliore amico è Bryce Thompson e hai una cotta epocale per una certa Emily. Casa tua è appena fuori dal parco. Tua madre lavora come insegnante in una scuola elementare, tuo padre vive a una ventina di chilometri da qui con la sua nuova moglie, Cassandra, e le tue sorellastre, Alex e Kareen. Qualcosa di sbagliato?» concluse con tono quasi gioioso. «T-tutto giusto» mormorò in risposta Thomas. Doveva avere una faccia basita, perché Cecile si esibì in uno sbuffo che avrebbe dovuto assomigliare ad una risatina. «Ah, Shakespeare. Bellissimo nome. Credo ti chiamerò così, sai? Bene, Shakespeare, direi che abbiamo parlato abbastanza di te. Parliamo un po' di me. Mi chiamo Cecile, e sono morta circa quindici anni fa. Prima di morire, ero sempre stata una ragazzina... Come dire... Particolare. Sai qual era la mia abilità, Shakespeare? Inscenare la mia morte. Sono vissuta con più di quindici famiglie diverse, passando di orfanatrofio in orfanatrofio. La mia prima morte l'ho inscenata a otto anni. Mi sono tagliata il braccio, ho messo a soqquadro la mia stanza, ho sparso qualche goccia di sangue in giro e me ne sono andata. Tre giorni dopo ero stata raccattata da delle suore. Per anni sono andata avanti così, morte dopo morte, finzione dopo finzione. Ho inscenato la mia fine talmente tante volte che quando me ne sono dovuta andare veramente, sono rimasta viva. Vuota, nera, pazza, immortale. Ma viva» fece una pausa e prese un bel respiro, appoggiando il viso sul palmo della mano. Thomas notò appena una lacrima solitaria che aveva attraversato fugace la guancia di Cecile, per poi sparire, asciugata dalle dita sottili premute sulle gote. «Ti chiederai perché devo uccidere proprio te. Beh, ti spiego. Ogni anno una persona acquisisce per 365 giorni esatti la facoltà di uccidermi. E quest'anno quella persona sei tu. Quindi io devo farti scomparire dalla faccia della terra, lo capisci vero? Se tu mi uccidessi...» Cecile rabbrividì. «Non ti ho detto come sono morta. Mi sono suicidata, a quattordici anni, per colpa di una ragazza che credevo mia amica. Quando sono tornata indietro, l'ho uccisa. Se morissi anch'io, sarei costretta a passare l'eternità con lei. Per questo devo farti fuori.» La ragazza abbassò lo sguardo e Tom si riscosse. Si alzò in piedi e iniziò a indietreggiare lentamente. «Tu sei pazza» mormorò. Cecile lo guardò, un sorrisetto ironico stampato in faccia. «O forse sei tu il pazzo, qui.»
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Because I'm still alive [OS COMPLETA]
ParanormalOS Horror/Paranormale "Ho inscenato la mia morte talmente tante volte che quando me ne sono dovuta andare veramente, sono rimasta viva. Vuota, nera, pazza, immortale. Ma viva."