Capitolo 1 - Bloodwall

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PARTE I

I'll wash my bloody hands and we'll start a new life

CAPITOLO I

Bloodwall

« Ma chi sa per quanto tempo può durare un lutto. Non è possibile che dopo trenta o quarant'anni dalla scomparsa di un figlio o di un fratello di una sorella, ci si ritrovi nel dormiveglia a pensare al defunto con lo stesso senso di nostalgia e di vuoto, la sensazione di un'assenza che non potrà mai più essere riempita.. forse nemmeno dopo la morte. »
-Stephen King; "IT"

La fredda aria di novembre le carezzò il volto, scompigliandole appena i ciuffi di capelli color del grano che erano sfuggiti alla sua coda di cavallo.

La ragazza rabbrividì, stringendosi nella felpa pesante che fungeva da giacca e sistemandosi la sciarpa nera che portava al collo. La prese per un lembo, di modo che le coprisse la bocca.

Al suo fianco, un bambino di sei anni si circondò il corpo con le braccia magre, come a volersi dare un solitario abbraccio, e fece strisciare le mani su di esse, per scaldarle.

«Hai freddo, Deryck?»

L'ultimo del gruppo – un ragazzo – tolse la sua felpa, porgendola al fratellino. Deryck lo guardò di sottecchi, indeciso se prendere o meno l'indumento. Il giovane lo esortò, allungando ancora di più il braccio nella sua direzione. Sospirando, il bambino afferrò la felpa del fratello e si tolse il cappellino di lana, liberando una folta zazzera di capelli color pece, che gli ricaddero sulla fronte pallida.

«Grazie» borbottò, infilandosi la felpa, che gli arrivava fino alle ginocchia. «Ma così non hai freddo?»

Il giovane scosse la testa, ma un brivido rivelò che quella era una menzogna. La misera maglietta a maniche lunghe che indossava non lo proteggeva affatto dal freddo pungente dell'autunno che di lì a un mese sarebbe volto al termine.

Deryck allungò un braccio, stringendo tra le mani il suo cappellino. «Tanto a me non serve, posso tirarmi su il cappuccio. E di sicuro ti tiene più caldo di quello». Con un cenno del capo, indicò il cappello con la visiera che il ragazzo teneva ben calcato in testa; il suo inseparabile compagno che indossava sia quando faceva caldo che quando le temperature erano basse come quel giorno.

Le sue labbra – seccate dall'aria gelida – si incurvarono in un sorriso, uno di quelli che lui faceva solo in presenza dei suoi famigliari.

«Mettitelo su, Deryck. È troppo piccolo per me». Scompigliò l'arruffata capigliatura del fratellino, prima di affiancarsi alla ragazza, che, nel frattempo, era stata ferma e si guardava intorno con aria guardinga.

«Ti prenderai un raffreddore così» mormorò l'unica femmina del gruppo, mentre i suoi occhi verdi scandagliavano il corpo del ragazzo.

«Non preoccuparti, Lala» la rassicurò lui, chiamandola con quel soprannome che utilizzava sempre. «Tanto tra un attimo torneremo a casa».

Lala era un nomignolo vecchio di quattordici anni, che solo il giovane utilizzava per appellarsi alla sorella, il cui vero nome, in realtà, era Franziska.

«Ci conviene sbrigarci, allora». La ragazza prese per mano Deryck, non prima di avergli sistemato il cappuccio della felpa nera sulla testa. Quello ricadde dinnanzi agli occhi del piccolo, che lo scostò con un gesto della mano.

«Non vedo niente così, Ziska» si lamentò, guardando la sorella. Franziska ridacchiò, dandogli un buffetto sulla guancia – quella gota che lei voleva fosse un po' più paffuta, perché avrebbe significato che Deryck sarebbe stato bene, come tutti gli altri bambini normali.

Bloody ValentineWhere stories live. Discover now