Ciao papà, è da un po' che volevo scriverti e questo mi sembrava il momento giusto. Stavo pensando alla vita, alla nostra vita in particolare. Quello che abbiamo passato e quello che abbiamo vissuto insieme, quello che non sai di me e quello che non potrai sapere di me. Non siamo mai stati dei parlatori io e te, non ci siamo mai confidati nulla di particolare, nulla che facesse presumere un rapporto speciale. Ma nessuno come me e te sapeva quanto profondo fosse in realtà il nostro legame. Pensavo agli ultimi stadi della malattia, quando a letto io ti raccontavo le mie giornate e ti leggevo il tuo fumetto preferito, ricordo che ti piaceva tantissimo che lo facessi. Non potevi leggere ma ascoltavi con gusto la mia voce rotta che da bravo attore trasformavo in voce profonda, le mie pause per prendere fiato erano lacrimose ma potevo permettermelo poiché i tuoi occhi erano chiusi. Ti ho visto piangere non potendo esprimerti per dirmi che mi amavi. Ti ho visto piangere quando ti leggevo le mie poesie, i miei pensieri, piangevi quando ti chiedevo "ti piace questa papà?" Nella mia voce ultimamente c'era una nota di dolcezza profonda che sapeva di miele cristallizzato. Non lasciava, questa densità, trasparire alcuna fragilità. Non ti chiamai mai prima d'ora papà, più semplicemente mi limitavo a dire "Pà, babbo, il mio vecchio" perché vedi, papà ha una connotazione infantile. E in questo ultimo mese io ho desiderato poter tornare piccolo tra le tue forti braccia di un tempo. Ho desiderato tanto poter vederti camminare. Nessuno può dire quanto sia stato difficile una volta portato a casa costruire il letto sul quale sapevo che saresti morto. Ad ogni vite che strideva nella struttura metallica un una lacrima mi appesantiva il volto e ad ogni pezzo che incastravo uno dei miei si sgretolava. Costruire il tuo letto di morte è stata una delle prove più difficili. Non ti ho mai o quasi permesso di vedermi fragile per te, sono sempre stato forte per mamma. Non volevo che qualcuno si preoccupasse ulteriormente. Mai una volta ho versato una lacrima inutile. Modesto anche nella sofferenza, come mi hai insegnato tu. Accettando la tua morte maledetta con disinvoltura con l'unico stronzo rimpianto di lasciare la tua famiglia in maniera puramente materiale. Lo so, lo so che non ci hai lasciato perché vivi dentro di noi, nelle nostre anime, sei parte di noi, mi è chiaro, ma la mancanza è dura, è difficile da superare. Sono così tante le persone che mi fanno forza, ma le uniche forze su cui realmente posso contare sono le mie. Piansi, il giusto, quando con le dita di una mano sulla tua giugulare e la tua mano nella mia ti sentii piano piano, dolcemente, spegnere. Dovevo abbracciare mamma e darle la forza di cui aveva bisogno. Abbiamo riso insieme quando come uno scemo andavi in giro per casa con la sedia a rotelle facendo con la voce il suono dei sensori di parcheggio. Sei stato forte, fino all'ultimo respiro, imbattibile come quando da piccolo ti vedevo, muscoloso, il mio eroe, il mio difensore, il mio mondo. Ed eccomi qui, finalmente, a piangere scrivendoti quello che nella mia testa passa ed è passato. Vorrei che il mondo sapesse quanto vuoto hai lasciato in me. Piango, pensando che non conoscerai la mia fidanzata, piango pensando che non ti avrò al mio matrimonio, piango pensando che non ti vedrò gioire per la mia carriera, piango pensando che non vedrai i tuoi nipotini a cui dovrò spiegare che nonno, nonno Antonio era un grandissimo uomo dal quale avrebbero potuto imparare molte cose. Piango, il giusto. Non una lacrima inutile, non una lacrima sprecata, onesto col mondo per essere prima di tutto onesto con me. Perché la vita ripaga sempre alla fine vero? Ti scrivo questa lettera perché non so parlare di te come l'uomo che sei stato, avrei preferito parlare di te come l'uomo che sei. Qui nessuno nega la tua morte, siamo tutti molto forti, andiamo avanti trascinandoci i problemi come i buoi fanno con l'aratro. Nulla ci ferma, ti penso sempre.
Penso a te perché è la sola cosa che posso fare. Penso che ti voglio bene. Penso che mi manca la tua voce. Quella che ho potuto sentire in un'audiocassetta del 1994 "dai dì Papà, dì Lorenzo". Ecco, le sole cose che mi rimangono di te. Ma tanto mi basta per lottare, per digrignare i denti. Ricordi che non passeranno mai, attimi indelebili. Ho sempre pensato che la morte non segnasse una fine netta e con te lo posso dire con certezza. Ho sentito il tuo corpo raffreddarsi, svuotandosi del tuo spirito uscito dalla bocca diventando rigido come se mancasse tutto ad un tratto l'essenziale per vivere all'interno. Ora so che stai meglio, libero dal pesante involucro che ti ancorava a questa vita terrena. Libero, di sapere, di conoscere di viaggiare, come non hai mai fatto nella tua vita. Dopotutto eri una persona speciale, una di quelle che passava sempre in sordina ma che senza di lui nulla funzionava. Essenziale ma invisibile, come l'ossigeno, come il vento. Speciale, sei l'unica persona in famiglia che può vantare due date di nascita. 18/10/1956 – 21/09/2015. Ti voglio bene papà, ma bene come non te l'ho mai detto.
Il tuo sempre fortissimo Tato.
Con amore, Davide