Capitolo 1: Il cavaliere e la strega

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Lo strombettare dal vialetto di casa mi fa saltare i nervi, mentre osservo il riflesso del tubino azzurrognolo che Jenna mi ha regalato l'altra sera. Roba di lusso; niente che potrei permettermi da sola, se la vipera non mi usasse come un manichino da vetrina per evitare di farmi sfigurare alle sue feste del cazzo. Odio ammetterlo, ma in fatto di vestiti ha un gusto mica male.

Jenna. Jenna la serpe. Se non fosse che la detesto vi direi che siamo migliori amiche, ma in questa città o stai coi pesci grandi o ti spolpano dalla coda, e pur di nuotare vale la pena stare accanto anche a stronze come lei; anzi, soprattutto a stronze come lei.

Il clacson dell'auto di Scott suona ancora, stavolta con più ostinazione: cinque colpi al manubrio per suggerirmi di fare in fretta, e qualche verso di sbraito che non riesco a decifrare. Siamo in ritardo per una pallosissima festa in spiaggia, una di quelle organizzate da Jenna e le sue galoppine. Non sono rare durante la pausa estiva, tanto che dopo qualche settimana diventano già una noia mortale, se non cerchi sveltine e ubriacature facili, si intende. Musica scrausa, alcol che ti brucia la gola e qualche idiota che finisce stramazzato a terra dopo aver vomitato. Mi perderei volentieri la grande serata, ma Jenna mi ucciderebbe e non ho alcuna voglia di sopportare i suoi piagnistei da prima donna impazzita.

Infilo i trecento dollari di cotone azzurro tirando su la cerniera, e i lati delle labbra in un mezzo sorriso che chissà per quanto riuscirò a tenere, poi raggiungo l'auto parcheggiata sul vialetto di casa, quella in cui Scott mi sta aspettando spazientito dal ritardo.

Non so come sia finita a stare con lui, e me lo chiedo ogni volta che incappo in quella sua espressione tanto stupida. Fu Jenna a presentarci durante l'estate scorsa. Disse che non potevo restarmene da sola come un cane, che avrei dovuto cercarmi un ragazzo adatto a me, qualcuno con cui farmi vedere per non sembrare patetica. Scott era perfetto: bello, ricco, con un corpo scolpito nel marmo. I lunghi capelli biondi ne sfioravano le spalle incorniciando gli occhi blu marino. Io ci nuotavo in occhi come quelli, appena arrivata in città, con la faccia ingenua di chi ha sempre rifiutato le attenzioni dell'altro sesso e poi si ritrova uno come lui davanti.

Dopo qualche uscita facevamo coppia fissa, anche se già allora avevo l'impressione fosse successo tutto un po' per caso, senza quell'intesa che serve per mettere su una relazione stabile, come se ci stessimo accontentando per non restare soli. Credo che per lui sia più o meno lo stesso, o almeno è quello che dà a vedere: neanche sforzandomi riuscirei a ricordare un momento in cui abbia dimostrato di amarmi, o uno in cui l'abbia fatto io, del resto. Ci facciamo per lo più compagnia sotto le coperte, anche se nessuno dei due sarà mai così sincero da ammetterlo.

Scott picchietta le dita sullo sterzo in modo nervoso, mentre mi avvicino alla sportiva. Quando si arrabbia, le sue gote diventano rosse come pomodori maturi, e comincia a borbottare stronzate tra sé e sé. È quasi carino quando fa così.

‒ Sono qui da mezz'ora, si può sapere che cazzo stavi facendo? – mi chiede appena sbuco dal vialetto, con quella sua voce da personaggio stile commedia hollywoodiana.

Io mi limito a sbuffare, senza dar corda a una provocazione che sfocerebbe di sicuro in un litigio, ignorando la voglia di tornare su, in camera mia, magari a farmi una dormita decente. Entro dalla portiera facendo attenzione a non sgualcire il vestito, sia mai, mentre la carrozzeria grigio antracite riflette la luce dei lampioni che seguono la strada verso il litorale, allungandosi tra le serpentine d'asfalto e le lamiere del guard-rail. Quando Scott ingrana la prima, i nostri sguardi sono già puntati sull'asfalto che si estende oltre il vetro del parabrezza, pronti a non incrociarsi neppure, neanche per sbaglio, perché siamo simili solo nel modo in cui portiamo rancore.

Le luci a spezzoni rendono poco visibile il tragitto, costellato in entrambe le direzioni da palme che dondolano al vento, e che stasera sembra incazzato quanto me. Sempre in silenzio, entriamo nella serie di curve che ci separa dalla zona dei lidi, dove Scott cerca di impressionarmi aumentando la pressione sul pedale dell'acceleratore in modo da volare giù in direzione della spiaggia, oltre la fila di negozi chiusi del lungomare che si vede da lontano. La sua manovra da grand'uomo ha il solo risultato di farmi girare lo stomaco più di quanto non stesse già facendo, come ogni volta che tenta di emulare qualche stupido film di corse per manie di testosterone.

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