Vi è mai capitato, una volta svegliati, di avere il presagio che sarà un'altra mattina del cazzo? Ecco, a me capita sempre. Ed è capitato anche questa mattina. Appena ho messo piede fuori dal letto, ho sentito mamma urlare come una pazza. Ed è lì che è arrivato, il presagio. << Carletto, alzati! Per l'amor di Dio, farai tardi a scuola! >> Mi poso una mano sulla fronte. Perché mia madre urla come un ossesso alle sette di mattina? Ma soprattutto: perché cazzo mio fratello non mette la sveglia? Io 'sta famiglia non la capirò mai. << CARLETTO! SONO LE SETTE! >> Di nuovo. Presa da un impeto di rabbia, esco dalla mia stanza e vado a bussare alla porta della camera di mio fratello. Più che bussare, tiro pugni. << Carlo, mamma ti chiama da un'ora! Vuoi alzare quel culo?! >> Io non urlo, io parlo a voce alta. Io sono calma, al contrario della donna in cucina. << CAAAARLEEETT-- >> << MA', FINISCILA DI URLARE! >> sbotto, furiosa. Dicevamo? Ah, sì. Io non urlo. << IO LA FINISCO SOLO SE FAI ALZARE TUO FRATELLO! >> Perché non sono figlia unica? Perché non sono nata in Burundi? Sbuffo, e con uno scatto apro la porta. Mio fratello, il caro "Carletto", ronfa beatamente sul letto. Ha un anno in più di me, ma passa sempre per il fratello minore. Il che è palese, dato il suo comportamento. << Carlo. >> dico, avvicinandomi. Nonostante l'abbia chiamato, continua a dormire. Incredibile. << Oh, Carlo! Svegliati! >> parlo a voce alta, e gli tocco una spalla. O meglio, gliela scuoto. Solo a quel movimento apre gli occhi, e mi guarda. << Ma che cazzo vuoi? >> borbotta, per poi fare uno sbadiglio. Alzo gli occhi al cielo. Tipico. << Ti devi alzare, sono le sette. >> << LE SETTE E CINQUE, CARLOOOO! >> Grazie, mamma. Carlo sbuffa, scosta le coperte e si alza lentamente. << Dì a mamma che arrivo. >> Annuisco, poi esco dalla stanza. Ogni mattina la stessa storia. Ogni mattina la stessa merda. Scendo in cucina, e trovo mamma tutta concitata. Ha in mano una tazza di caffè. << Ciao ma'. Carlo si è appena alzato, ora scende. >> Alle mie parole annuisce, poi beve un sorso. Io mi siedo a tavola, e prendo una merendina. << Tu sei pronta, vero? >> Annuisco, poi addento il buon kinder fetta a latte. Al contrario di mio fratello, io appena mi alzo corro in bagno a lavarmi. Poi mi vesto, e scendo sotto a fare colazione. Per le sette sono pronta. Se non fosse per quello sciagurato, io a scuola arriverei puntuale. Già, perché per colpa di Carlo io sono quasi sempre in ritardo. Fortuna che i prof non mi puniscono per questo. Sono la più brava della classe, non importa se entro qualche minuto dopo. O meglio, così mi ha detto una volta l'insegnante di filosofia. Giusto il tempo di finire la merendina, che mio fratello scende dalle scale come una furia. << Eccomi! >> dice, afferrando al volo uno dei miei kinder. Lo guardo male. << Quelle merendine sono mie, lo sai? >> Sì, sono molto gelosa del mio cibo. Specie se un idiota come mio fratello ne prende un po'. Carlo sta per replicare, quando interviene mamma. << Non c'è tempo per i bisticci. Azzurra, finisci quella merendina. Carlo, sei pronto? Siamo già in ritardo. >> Vorrei dire a mamma che io la merendina l'ho già finita, che sono sempre io quella che rispetta gli orari, ma alla fine mi alzo dalla tavola e vado a buttare la carta. << Sono nato pronto, ma'. >> All'affermazione di mio fratello scoppio a ridere, poi mi giro verso di lui. << Quella nata pronta sono io, non tu. >> borbotto, guardandolo in cagnesco. << Azzurra, per favore. >> Ed ecco! "Azzurra, non essere cattiva con tuo fratello." o "Azzurra, sii gentile." La colpa è sempre e solo mia. Carlo ridacchia, io scuoto la testa. << Io vado in macchina. >> mi affretto a dire, per poi uscire dalla stanza. Vado in garage, ed apro la portiera dell'auto. Mi siedo sul sedile posteriore. Questa macchina era di papà. Da quando è morto, mamma la usa sempre. Le manca, e manca anche a me e a Carlo. Papà era un grande. Sapeva come risolvere i bisticci tra me e mio fratello, sapeva come calmare le acque in casa. Senza di lui, tutto è nel caos. Sento dei passi, e vedo mio fratello e mia madre arrivare davanti alla macchina. Quando Carlo apre la portiera, sbuffo. Quanto posso odiare il tragitto casa-scuola in auto, solo Dio lo sa. << Spostati, vacca. >> borbotta, sedendosi di fianco a me. Quanto vorrei sedermi davanti, vicino a mamma. Peccato che non posso. Il sedile anteriore era di papà, ci si sedeva sempre lui. Occuparlo vorrebbe dire prendere il suo posto, e mamma non vuole. Per questo, io ed il deficiente siamo costretti a star vicini. Quando mamma entra e si siede sul sedile del guidatore, tiro un sospiro. Prima ci muoviamo, meglio è. << Allora, pronti? >> Dai, madre. Accendi il motore. << Sì >> diciamo all'unisono io e Carlo. Mamma ci sorride dallo specchietto, poi accende il motore. Dal finestrino apre il garage, e lentamente il cancello si apre. Poi fa retromarcia ed usciamo, mentre il cancello si richiude in automatico. Io guardo il finestrino, mentre Carlo smanetta col cellulare. << Ti fai più in là? A furia di messaggiare con Irene mi tiri le gomitate. >> borbotto, mentre lui continua a digitare. Irene è la ragazza con cui si sta sentendo, una vera palla al piede. È venuta a casa nostra un paio di volte, ma è stata così scortese che mamma ha proibito a Carlo di invitarla nuovamente. << Ma che vuoi, guarda dal finestrino e stai zitta. >> Mamma non dice niente. Sgrano gli occhi, e gli prendo il cellulare. << Azzurra! Ridai il cellulare a Carlo. >> Certo, lui può trattarmi male senza passarla liscia, ma guai se oso dargli fastidio! << Ma hai sentito quello che mi ha detto prima? >> Carlo mi fa il verso, prendendomi in giro. Ha diciannove anni, ma ne dimostra cinque. Dovrebbe essere all'università, ora, ma è un ripetente e si trova ancora in quinto superiore. Non è maturo, e si vede. Gli lancio il cellulare in faccia. << Tieni, Carletto, divertiti. >> borbotto, voltandomi verso il finestrino. Fortunatamente, dieci minuti dopo arriviamo davanti scuola. Mamma si ferma davanti al cancello, ed io apro la portiera. Carlo scende dopo di me. Dal finestrino, la nostra cara genitrice ci sorride. << Buona scuola, ragazzi! Ci vediamo alle due. >> dice, per poi allontanarsi sgommando. Carlo alza gli occhi al cielo, poi mi supera e raggiunge il gruppo dei suoi amici all'angolo del cancello. Io mi incammino verso l'entrata. Il mio gruppo è al bar, e non mi resta che raggiungerlo. Non è che io ne abbia molta voglia, ma devo farlo. Spero solo che non ci sia lui.
STAI LEGGENDO
Leggerezza
RomanceStessa città, stessa classe, stesso giro d'amicizie: i due liceali Azzurra e Stefano non si sopportano, ma sono costretti a vedersi ogni giorno. Lui parla male di lei, lei parla male di lui. Non riescono a stare nella stessa stanza per più di dieci...