Capitolo 2

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I primi raggi di sole iniziarono a filtrare dagli spifferi della casa e dalle finestre completamente rotte, colpendomi il viso e facendomi immediatamente svegliare. Quella notte mi addormentai subito, dato il sonno che avevo, ma la notte era passata insonne, c'era troppo freddo in quella casa, e nonostante la doppia felpa che avevo usato come coperta tremavo in continuazione e per di più avevo avuto un incubo terribile, come ormai tutte le notti del resto.
Avevo sognato che mia madre moriva davanti ai miei occhi, e io ero incapace di impedirlo, lei urlava, mi chiedeva aiuto, e io non mi muovevo, ero immobile, urlavo cercando di impedire ciò che stesse accadendo, ma nulla cambiava. Alla fine mi sveglio di soprassalto con le lacrime agli occhi, facevo spesso incubi di questo genere, che includessero mia madre oppure mio padre, finivo sempre allo stesso modo, con le lacrime agli occhi e con l'ansia addosso.
Dopo essermi ripresa, decido di riprendere il cammino e cercare qualcuno che mi potesse dare informazioni su qualche hotel. Dopo qualche passo mi ritrovo dinuovo al locale in cui mi ero imbattuta la notte precedente, così decido di entrare sperando di trovare qualcuno che potesse aiutarmi.

Entro un po' intimidita, il locale è completamente vuoto, ora posso notare la sua grandezza che da fuori non sembrava esserci, è di uno stile molto rustico, tutto in legno e con un bancone enorme, ma non c'era nessuno.
All'improvviso compare verso il bancone un uomo sulla sessantina, da un'occhiata veloce al locale per poi buttare il suo sguardo su di me, aggrottando la fronte.

"E tu chi sei?"

Mi guardò con in espressione strana.

"Buongiorno signore...ehm scusate...volevo delle informazioni su dove trovare un hotel, potreste dirmi..."

"Signorina, siete molto lontana dal centro della città, dovreste almeno prendere un pullman e arrivare in piazza per poi prenderne un altro e arrivare a destinazione."

"Oh, ma qui a che ora passa un pullman..?"

"Dovreste vedere il tabellone fuori, accanto alla fermata."

"Oh, molto gentile...grazie."

"Di niente..vuoi un bicchiere d'acqua?"

"Oh si grazie."

L'uomo gentilmente mi porse un bicchiere d'acqua, io mi sedetti e lo bevvi tutt'un sorso. Intanto stavo pensando a cosa fare per arrivare lì, alla fine decisi che mi sarei alzata e sarei andata a controllare gli orari dei pullman, sperando ci fossero visto l'orario, erano comunque le 7 di mattina.
Dopo aver salutato cordialmente l'uomo, mi dirigo verso l'uscita, quando compare una figura a me familiare.

"E tu che ci fai qui?"- mi disse il ragazzo guardandomi con aria interrogativa e un po' nervosa.

Cole. Era Cole.
Cosa ci faceva qui a quest'ora? Lo guardai a lungo senza saper cosa dire, cosa avrei dovuto dirgli..? Volevo solo cercare un posto dove andare, mi sentivo una specie di profuga in cerca di una nuova "casa".
Dopo averlo fissato per qualche secondo, abbasso la testa fissando il pavimento, poi lui mi supera e si dirige al bancone, io lo seguo con lo sguardo fino a che lui arriva al bancone e si siede ordinando qualcosa.
Io dopo averlo fissato, esco dal locale cautamente.
Vado vicino alla fermata che il signore mi aveva indicato, e noto come predetto un cartello con segnate tutti gli orari delle fermate.
Nulla però di immediato, il giro iniziava a partire dalle 9 in quella zona, quindi avrei dovuto aspettare due ore prima che un pullman passasse di li, e poi non ero nemmeno sicura quegli orari fossero ancora esistenti. Non sapendo che altro fare, decido di sedermi sulla panchina un po' malmessa lì vicino, attendendo un qualcosa che non ero sicura sarebbe arrivato.
Dopo una decina di minuti passati fissando il vuoto, sento la porta del locale difronte aprirsi e mi vedo uscire Cole con una sigaretta tra le labbra. Chiudendosi la porta alle sue spalle, si piazza davanti all'entrata con le mani nelle tasche dei pantaloni e fissando il vuoto, fin quando il suo sguardo non incontra il mio che lo stava già fissando, così dopo avermi squadrata ben bene, urla qualcosa facendomi rimanere spiazzata.

"Non sai proprio dove andare, eh?"

Mi guarda un po' divertito, anche se impietosito, della situazione in cui effettivamente mi trovavo, e io ricambio lo sguardo con un broncio che lo sorprese.

"Beh si...non so dove mi trovo ne so dove andare, perche quella faccia?"

"Quale faccia?"

"La tua, mi sembri...divertito.."

"Non sono divertito, mi fa solo...ridere ahahahaha."- mi fa solo innervosire questo ragazzo, ma cosa c'è da ridere? Non ci trovo nulla di divertente, così decido di alzarmi e proseguire a piedi, me la sarei cavata in qualche modo.

"E ora dove vai? Non sai nemmeno la strada che devi seguire."

"Me la caverò."-a quelle parole, una macchina stava per venirmi incontro, così presa dal panico mi ritrovo quasi presa sotto, ma poi una forza li spinge contro un cespuglio, salvandomi la pelle.

"Ehm...grazie..."-era Cole che con le sue braccia, non so come, mi aveva letteralmente fatta volare, facendomi arrivare dall'altra parte della strada.
Mi guarda con un'espressione rassicurante, dopo poco poi...

"Vieni con me."

"Cosa?...dove?"-mi fa cenno di seguirlo, così non avendo scelta decido di dargli ascolto, di sicuro voleva solo aiutarmi. Dopo 5 minuti di cammino, arriviamo in una specie di parcheggio in cui alcune macchine erano appostate li, ci avviciniamo ad una delle tante e lui la apre con la chiave.
Voleva farmi salire su..quell'auto? Ma dove voleva portarmi?
Era un auto nera, enorme e davvero pulita, alla mia vista nuova e luccicante. Mi ricordava le auto di New York, quelle enormi con all'interno signori di alto rango che si dirigono al lavoro in ufficio.

"Non sporcarmela."-irrompe. Mi fa cenno di entrare dal retro, così un po' titubante, entro.
Osservo attentamente ogni dettaglio all'interno, era anche molto profumata e spaziosa, un'auto davvero bellissima, da sogno direi.

"Land Rover, era di mio padre."-dice mettendola in moto.

Dopo essere partiti, il silenzio regna sovrano, si sentono solo il rumore del motore e le ruote che veloci ci fanno sfrecciare a 150 a l'ora sull'autostrada. Ogni tanto Cole mi buttava uno sguardo dallo specchietto. Solo ora noto i suoi folti capelli castani con qualche ciocca castano più chiaro, aveva una camicia di jeans con sopra una giacca marrone con degli stemmi sulle spalle e suoi gomiti, dei pantaloni neri e degli stivali da cowboy marroncini. Ogni tanto si sistemava i suoi capelli e guardava la strada attentamente. Io mi limito a guardare dal finestrino la strada contornata da alberi enormi e per il resto tutta strada.
Dopo circa una mezz'oretta inizio ad intravedere gli enomi edifici e gli alberi a palma che percorrevano tutte le strade, le auto costose sfrecciavano a tutta velocità lungo alla strada. Era Las Vegas.
Sono rimasta per tutto il tragitto a bocca aperta affacciata al finestrino a godermi o spettacolo mozzafiato di quella città.
Dopo quel tour, arriviamo in un quartiere un po' più tranquillo ma non troppo lontano dal centro, le case erano tutte ville lì, ognuna delle quali enorme, con giardino e piscine. Accostiamo davanti ad una bellissima, tutta bianca ed una recinzione in legno.

"Scendi, siamo arrivati."-arrivati? Ma dove mi aveva portata? Non venisse a dirmi che è casa sua, stentavo a crederci!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 26, 2017 ⏰

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