Sentiva la rabbia ardere nel suo petto, come un fuoco che distrugge tutto quello che ostacola il suo cammino. Le corde vocali, rimaste in disuso per un'intera settimana, vibravano felici per essersi finalmente sfogate. Le mani tremavano, ancora incerte di quello che avevano appena compiuto. La mente non capiva quello che era appena successo.
Non sapeva bene dove fosse, dove le sue gambe l'avessero portato in quella corsa furiosa, ma terribilmente liberatoria. Nel suo cervello rimbombavano le grida, la porta che sbatteva e le suppliche lontane di sua madre. Avrebbe dovuto sentirsi in colpa, probabilmente in quel momento i suoi genitori stavano morendo dalla preoccupazione, ma lui si sentiva bene. Ridicolo. I giorni appena trascorsi erano stati tremendamente strazianti e solitari, i peggiori che avesse mai vissuto. Ed ora stava bene, bene come non era mai stato. Sapeva che non era felicità, ma l'adrenalina che si prova a scappare di casa in piena notte, eppure era intenzionato a godersi più che poteva quella pausa dal dolore.
I suoi piedi continuavano a muoversi lentamente sul marciapiede rovinato, la strada era deserta ed immersa nella semi-oscurità: nessuno andava in giro a quell'ora in quel paesino sconosciuto, almeno questo era quello che pensava. Una serie di lampioni illuminavano il paesaggio quasi spettrale, soprattutto perché una di quelle luci era rotta, lasciando una parte del viale completamente buia.
Il suo respiro affannoso stava lentamente tornando normale, mentre una strana sensazione si stava impossessando delle sue membra. Improvvisamente quelle lampadina solitaria decise di tornare a funzionare, mostrando una creatura fragile che aspettava paziente.
Era una di quelle persone che passano facilmente inosservate, che tra altre mille nessuno nota, eppur che catturano sguardo e mente, se osservate nel loro ambiente naturale: la solitudine. Era magra e vestita di nero, spariva facilmente nelle tenebre che la circondavano. Stava aspettando qualcosa, ma sembrava essere abituata a lunghe attese, poiché non era impaziente, semplicemente stava ferma a capo chino, silenziosa nella notte, sola.
Zeno, un ragazzo altrettanto fragile, quasi si spaventò quando la vide. Non pensava ci fosse qualcun altro in giro a quell'ora, chi mai sarebbe uscito alle quattro di mattina in quel piccolo paese?
Fu catturato dalla malinconia scostante che alleggiava intorno a quell'essere, desiderava avvicinarsi, chiederle come si chiamasse, domandarle cosa stesse attendendo, ma l'adrenalina si era ormai esaurita e la sua bocca tornò a serrarsi in un muto silenzio, la sua mente a paralizzarsi in un'assurda protesta.
Passarono attimi lunghi secoli in cui Zeno rimase a fissare quella ragazza, imprigionato da un incantesimo che aveva un gusto dolce amaro, una melodia lente e triste che udiva appena, delle catene trasparenti che lo trascinavano a terra, ma non pesavano sul suo braccio. Non aveva mai provato nulla di simile: c'era qualcosa in lei, qualcosa che andava oltre all'apparenza fisica, alla situazione inusuale, al comportamento particolare, qualcosa di nuovo, ma al contempo consumato, qualcosa che veniva da un altro mondo. Come se si fosse trovato davanti un oggetto alieno mezzo-distrutto, ma comunque mai visto prima e terribilmente interessante.
Fu allora che nell'aria fresca della sera un pullman passò lento sulla strada deserta, era normalissimo, quasi banale, eppure in quell'oscurità aveva un aspetto terrificante. Si fermò esattamente davanti alla ragazza e aprì le grandi porte, mentre lei raccoglieva da terra un ombrello nero e saliva in perfetto silenzio.
Zeno non lesse neanche che percorso avrebbe fatto, vide semplicemente quella creatura affascinante sparire dalla sua vista e andò nel panico. Corse velocemente e balzò sull'autobus un attimo prima che questo partisse.
Neanche lui capiva il motivo di quel gesto insensato, ma spesso l'uomo si lascia prendere dall'istinto e fa cose che non avrebbe mai fatto, Zeno lo sapeva fin troppo bene. Odiava quando non aveva il tempo di ragionare, quando semplicemente agiva senza valutare pro e contro, ma per quanto non volesse ammetterlo, per quanto tentasse di non esserlo, era una persona impulsiva. Prendeva decisioni affrettate, compieva azioni di cui si rendeva conto solo quando era troppo tardi per tornare indietro. Finiva sempre per pentirsene.
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Parlando Di (Morte) Vita Con Un Angelo.
FantasyPassarono attimi lunghi secoli in cui Zeno rimase a fissare quella ragazza, imprigionato da un incantesimo che aveva un gusto dolce amaro, una melodia lente e triste che udiva appena, delle catene trasparenti che lo trascinavano a terra, ma non pesa...