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۱. Y E K

Il convoglio da Zariaspa era partito all'alba di cinque giorni dopo, in gran fretta poiché a palazzo era stato comunicato l'allarme: l'invasore straniero stava arrivando per la famiglia nobile della città ma non sapevano se si sarebbe mosso in inverno, a quelle rigide condizioni a cui la Battria lo obbligava. Alessandro era imprevedibile.
Ossiarte seppe che il macedone avrebbe svernato in una delle città da lui fondate, ma non per questo rimandò la partenza della famiglia.

Ci volle una settimana di marcia per raggiungere la Rocca d'Aria, chiamata Avarana, e dovettero attraversare il congelato fiume Yaksha – in tutta tranquillità, per amor del vero, poiché lo strato di ghiaccio formatosi in superficie era abbastanza spesso da reggerli tutti.
Dopo averlo traversato, il convoglio mandato da Ossiarte incontrò quello di Arimazes, proprietario della Rocca nonché fratello del satrapo, che si era offerto di ospitarli nella sua inespugnabile dimora sulle montagne. Da quando le due schiere si unirono, altri due giorni di marcia li separarono dalla roccaforte, attraverso percorsi scoscesi sui pendii dei monti. Donne e servitori si ritrovavano a marciare stretti tra la parete rocciosa e il vuoto.

«Eccola lì» comunicò qualcuno dei servi di Arimazes, indicando un promontorio roccioso alla loro destra, dopo un salto nel vuoto.

Rossane alzò il viso, schermandosi gli occhi con la mano. Il cielo era grigio, compatto, ma la luce era ugualmente fastidiosa. A stagliarsi contro le nuvole plumbee, una vera e propria roccia dalla forma irregolare e scolpita per rassomigliare ad un palazzo. La parte rivolta verso il convoglio cadeva a strapiombo nel vuoto, con altre rocce incastonate nella parete di terra. La principessa non riuscì a scorgere strade.

«Come ci arriviamo? Dovremo arrampicarci?» domandò una delle guardie di Ossiarte, dando voce ai pensieri di Rossane.

«C'è una sola via d'accesso, è un po' ripida quindi bisognerà fare attenzione».

Proseguirono per quel percorso per mezza giornata, facendo un giro largo prima di ritrovarsi dall'altro lato della Rocca. Tra le pietre scure della montagna serpeggiava una sottile via che conduceva tra le mura rocciose, scavata nella neve. Fu subito chiaro a tutti che quello era un passaggio per le capre a cui gli uomini avrebbero dovuto adattarsi, era l'unica via. Fortunatamente battriani e sogdiani, abituati ad alture e sentieri simili, erano preparati e muniti di tutto l'occorrente per agevolare la salita. Per alcune donne fu più faticoso a causa delle ampie gonne, altre – come le principesse – procedevano a cavallo, sui cammelli o su muli. Ci volle del tempo prima che tutti riuscissero a entrare nell'Avarana, tanto che era calata la notte quando l'ultimo individuo fece il suo ingresso.

Arimazes accolse calorosamente i nipoti, diede disposizioni ai servi per farli sistemare nelle loro stanze e poi invitò Histane a cena nei suoi appartamenti per discutere chissà di cosa.
Le tre sorelle guardarono il fratello sparire insieme allo zio oltre alcune arcate di pietra prima di essere travolte dall'ospitalità del padrone di casa. Mentre le guidavano verso i loro alloggi, nel lato del palazzo riservato all'harem, Rossane si guardava intorno con curiosità. L'architettura era molto semplice e grezza, con colonne scanalate e dai capitelli poco elaborati che rappresentavano teste di toro, di leone e fiori di loto capovolti. Colonnati e piccole alcove, non un bassorilievo, pochi arazzi e mobili dalla struttura essenziale e poco elaborata, nessuna pittura alle pareti; nelle stanze, inoltre, la pietra era rivestita da una copertura di legno per conservare il calore dei camini. Era tutto davvero semplice e c'era una carenza quasi totale dello sfarzo tipico persiano.
Ossiarte aveva fatto del palazzo a Zariaspa, e delle sue strutture più importanti, una replica di quelle presenti in Media e Mesopotamia, cercando di eguagliarle in pomposità. Arimazes, al contrario, aveva mantenuto la sobrietà efficiente della Battria-Sogdiana unendola alle varie accortezze scite.
L'Avarana era realmente inespugnabile, difficile da raggiungere e dalle pareti fortificate. Sarebbe stato troppo complicato per Alessandro tentare l'invasione con l'esercito, il passaggio per le capre era eccessivamente ripido. Inoltre, da quella posizione elevata, le vedette avrebbero potuto individuare facilmente gli invasori e far preparare l'esercito per tempo. I battriani-sogdiani, uniti agli sciti, erano abituati a quei terreni impervi di montagna, al contrario dei macedoni, dunque avrebbero avuto un vantaggio in caso di scontro. L'idea di un assedio non era minimamente contemplata né da Arimazes, né tantomeno da Ossiarte che, dopo tre settimane, raggiunse il fratello e le figlie alla Rocca e da lì proseguì la sua opera contro il re dei macedoni.

STELLA D'ORIENTE ─ OroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora