۲. Do
Le donne dell'harem persiano di Alessandro e quelle di Ossiarte, battriano, condividevano la tenda anche con gli eunuchi mangiafuoco e prestigiatori; si scambiavano tra loro parole, accessori, consigli, facevano conoscenza.
«Non ho mai visto una principessa tanto ombrosa» commentò una voce ridente.
Rossane volse lo sguardo in quella direzione, incrociando un paio d'occhi neri come bistro truccati da una marcata linea di kajal. I capelli, altrettanto scuri, cadevano in morbide onde sulle spalle della donna e sulla fronte pendeva un ciondolo prezioso. «Semplicemente trovo sia una pagliacciata»«Tu devi essere Roshanak» indovinò, con un sorrisetto furbo. Aveva uno strano accento: sicuramente parlava in persiano corretto, ma la cadenza con cui pronunciava le parole le era del tutto nuova all'orecchio.
La principessa la guardò di sottecchi, diffidente. «Chi sei tu, invece?»
«Sono Azara».
Ma la giovane non fece in tempo a rivelarle altro, che Pirsar aprì un lembo di tenda facendo capolino con la testa. «È ora» annunciò, rivolgendosi ad Amu, la maggiore delle tre principesse battriane.
La ragazza si voltò verso le sorelle rivolgendo loro un cenno col capo.
Avevano provato quella coreografia diverse volte, ma non eccessivamente: erano tutte contrariate dal dover mostrarsi così a degli stranieri, in fondo, e l'impegno messo era decisamente poco rispetto a quanto avrebbe voluto Ossiarte.
Ma tant'è che le giovani fanciulle di Battria, di Sogdiana, di Margiana, Chorasmia, Andronovo, Scizia, si trovavano ora riunite alle donne dell'harem macedone – precedentemente appartenuto a Dario – che chissà da quali angoli del mondo provenivano, per intrattenere gli onorevoli ospiti con danze tipiche delle loro terre.Le tre figlie di Ossiarte, affiancate dalle rispettive ancelle, uscirono dalla tenda con passo leggero. L'aria delle sere di primavera, tra i monti del Paropamiso, era fresca e pungente ma i fuochi accesi qua e là per l'accampamento contribuivano a non gelare troppo. Pirsar le accompagnò alla tenda dei ricevimenti del satrapo, dai tendaggi scarlatti sorretti da colonnine avvolte in foglia d'oro; la tavola era apparecchiata con piatti in oro e argento, e c'era il profumo delle pietanze speziate che aleggiava nell'aria. All'interno la luce calda delle candele ammorbidiva i lineamenti degli ospiti. Non appena le ragazze fecero il loro ingresso, si levò un lieve brusio di commenti tra i macedoni.
Rossane faceva saettare lo sguardo sui volti stranieri. Non erano molti, forse Alessandro aveva deciso di far partecipare solo i generali più vicini a lui; e non erano neppure così selvatici nei lineamenti, come aveva creduto, anzi, molti avevano davvero dei bei visi. Potevano essere considerati belli anche in Persia.Pirsar annunciò le donne sia in persiano che in un greco un po' arrangiato, e spiegò che le fanciulle reali si sarebbero mostrate e avrebbero danzato per onorare il re. Qualcuno dei persiani presenti, integrati all'esercito macedone, inarcò le sopracciglia meravigliato dal momento che non era uso comune, nelle regioni dell'Oxus, che le donne danzassero per gli uomini. In Persia danzavano solo le concubine o le meretrici.
I tamburi, i ney – i flauti – e i santur dei musici diedero vita all'atmosfera e alle danze delle principesse. Una danza decorosa ma flessuosa, aggraziata, le braccia ondeggiavano morbide come erba piegata dal vento; i bracciali e le cavigliere tintinnavano, quasi fossero uno strumento musicale aggiunto.
Rossane, però, era distratta. Finalmente aveva intuito chi di loro era Alessandro il Macedone, poiché sedeva di fianco a Ossiarte ed era affiancato da uno dei persiani biondi.
Il re di Macedonia non aveva i capelli rosso-bruni, come dicevano avessero i macedoni, ma biondi come l'oro, che ricadevano tra sulla nuca come una criniera. I lineamenti erano belli, armoniosi, nonostante una cicatrice obliqua gli sfregiasse il viso dal sopracciglio allo zigomo. E gli occhi, uno scuro come la notte senza luna e l'altro azzurro come il cielo terso d'estate, puntarono subito a lei. Come se i loro sguardi fossero calamitati, destinati ad incrociarsi. Rossane ebbe la sensazione di essere come una gazzella, mentre il leone la scruta prima di azzannarla. Avrebbe dovuto essere più preparata ad occhi come quelli, ma fu solo per una questione d'orgoglio che non distolse lo sguardo nonostante l'istinto la implorasse di chiudere le palpebre. Quello era lo straniero che aveva messo in ginocchio l'impero più potente al mondo e messo in fuga il rispettivo sovrano. Lui era quello che i persiani consideravano l'incarnazione di Angra Mainyu, il Leone. Era incuriosita ed affascinata dalla sua figura, quasi fosse una leggenda vivente, ed era sorpresa di vedere quanto in realtà fosse giovane.

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STELLA D'ORIENTE ─ Oro
Historical FictionNessuna donna al mondo ha mai avuto un destino come il mio. Ero nessuno e poi ho avuto tutto, al di sopra di ogni speranza, di ogni sogno. In un batter di ciglia ho perso ogni cosa: lo sposo potente, il regno sconfinato, la libertà e infine la vita...