Era arrivata ormai la sera e dopo aver studiato tutto il pomeriggio decisi di sdraiarmi sul letto e ascoltare un po' di musica dal pc. Di cenare non avevo voglia dato che ero sola. Ultimamente mi capitava spesso di rimanere sola a casa, anche per giorni interi. Cullata dalla melodia di un pianoforte mi addormentai.
Sentii dei rumori provenire dalla cucina, mi svegliai i scatto e mi alzai velocemente. Presi il cellulare e vidi l'orario, erano le 22:30 e poteva essere chiunque. Arrivai alla porta della mia camera e per un momento esitai ad afferrare la maniglia, ma dopo una frazione di secondi mi trovai già fuori la stanza. La cucina non era molto lontana così vidi subito la luce accesa e un'ombra. Okay forse la mia immaginazione stava vagando un po' troppo. Mi avvicinai alla porta della cucina e aprii senza esitare. Avevo paura, tanta paura!
Ma poi di cosa? Chi poteva essere?
Rimasi dietro il muro che divideva la parte della cucina e il corridoio, quando mi ritrovai di fronte una persona. Era mia madre. "Mamma mi hai fatto prendere un colpo" affermai.
"Perché tesoro?" trattenne una risatina.
"Non mi aspettavo rientrassi, stavo dormendo e ho sentito dei rumori...mi sono spaventata"
Lei non si trattenne più e rise. Io la guardai con aria infastidita ma dopo un secondo risi anche io. Quanto poteva essere stupida quella situazione?
"Allora com'è andata oggi?". Si sedette su una delle sedie che circondavano il tavolo. La mia cucina era abbastanza grande, infatti era anche un salone. Non ho mai apprezzato il fatto di avere due camere in una, diciamo che perdevano di valore. Mia madre continuava a fissarmi, mentre io a quella domanda non sapevo dare risposta, eppure era molto semplice. Di risponderle "è andato tutto bene" oppure semplicemente "Bene" non mi andava per niente, perché in realtà non andava più bene da molto."Hey che succede? Ho fatto una domanda!"
Continuavo a tenere gli occhi bassi e mimai con le spalle. Lei mi guardò con un'aria interrogativa. Non mi aveva mai capita fino in fondo e di certo non pretendevo che lo facesse. Data la sua insistenza di sapere decisi che forse era meglio parlarle.
"Mamma, oggi non è stata per niente una bella giornata" dissi mantenendo lo sguardo basso. Pensavo e ripensavo se fosse giusto o meno dirle delle mie sensazioni. "Sono salita in soffitta e ho rivisto il piano. Ho rivisto gli spartiti...mi sono sentita il cuore cadere a pezzi, ma allo stesso tempo pieno di gioia. Non me lo so spiegare mamma! So solo che mi manca...mi manca perdermi tra i tasti e vivere in un mondo...tutto mio."
"Ti ho sempre detto che non devi salire sopra! Se lo dico è perché ti voglio bene e non voglio che tu soffra di nuovo.." disse interrompendomi: mentre parlava mi prese una mano, non eravamo molto distanti ma quel gesto mi fece capire quanto lei potesse essere la mia forza.
"Lo so...anche io non voglio soffrire di nuovo, ma credimi che mi manca tantissimo. Vorrei tornare a suonare, non adesso ma quando mi sentirò pronta...forse lo farò.
Mi sorrise. Uno di quei sorrisi sinceri, che venivano dal cuore. Come per spiegarmi che lei ci fosse stata qualsiasi decisione avessi preso. Io e mia mamma litigavamo spesso, ma questo succede a tutti gli adolescenti. Con lei potevo parlare di tutto, di un futuro, di un passato e di un presente. Anche se molte volte non mi capiva o meglio non capiva alcuni comportamenti e decisioni sapevo che mi avrebbe sostenuta a qualsiasi costo. Mi alzai e andai verso di lei e l'abbracciai forte. Sapevo che ci sarebbe stata e non potevo chiedere di meglio. "Dai su, andiamo a dormire!" disse asciugandosi alcune lacrime. Mi si stringeva il cuore a vederla così; con una mano le asciugai tutte le lacrime che le rigavano la faccia e le baciai la fronte "Andiamo dai! Buonanotte" dissi io.Tornai in camera, presi il cellulare che intanto era rimasto in carica. Erano le 23:20, notai le notifiche *104 messaggi in 2 chat*. Caspita un record, di solito non mi cercava nessuno, non volevo accedere così spensi la connessione e mi misi sul letto. In camera mia c'era un caos. In realtà a me quel caos piaceva, rispecchiava la mia mente in quel momento, piena di pensieri sparsi ovunque e ricordi che vagavano senza meta. Proprio come nella mia stanza, piena di foto al muro, stelle che si illuminavano al buio, poster, biglietti del treno, era davvero una bella stanza. Per non parlare del soffitto. L'anno scorso decisi di pitturare le pareti di un bianco latte con dei brillantini e il soffitto di un verde petrolio favoloso. Mi persi a guardare quel m io personale angolo di cielo che avevo conservato in camera mia, Quante cose erano accadute in quattro anni, belle ma soprattutto brutte. Questi ultimi anni non sono stati per niente facili per me. Ho sofferto tantissimo la lontananza di una persona a me cara; mi rifugiai sempre di più nel mio mondo. fatto solo di musica, lacrime e medicinali. Suonavo al pianoforte ogni giorno, piangevo ogni giorno e ogni notte.
La musica faceva parte di me da quando ero piccola e abitavo in un'altra città dove, proprio qui, incontrai la persona che mi immerse totalmente in questo splendido mondo. Il mio vecchio e migliore amico che la vita aveva deciso di portarmi via troppo, troppo presto. Non l'ho mai superata del tutto in realtà. Avevamo 3 anni di differenza e quando io abitavo ancora lì, lui mi insegnò tante cose sulla musica. A tredici anni sapeva già suonare la chitarra e il pianoforte, io ne avevo solo dieci e in me avevo tanta voglia di imparare. Ora, a distanza di quattro anni e mezzo mi capitava ancora di pensare a quanto fosse stato bello viverlo ogni giorno, vedere i suoi cambiamenti...se solo fossi rimasta lì.
Mi mancava, tantissimo, ogni giorno di più. Nessuna persona ha mai potuto prendere il suo posto, ma questo non sarebbe mai successo anche perché ogni persona che incontro occupa un posto speciale nel mio cuore. Dopo vari incontri dagli psicologi (si, perché ero in cura) avevano tutti deciso che non mi sarei mai ripresa se avessi continuato a suonare. Mia mamma sapeva sapeva quanto ci tenessi, ma era l'unica cosa che mi teneva ancora legata "al passato" secondo lei e i medici. Così mi costrinsero a smettere, smettere di suonare e cantare. Mi sentivo ogni giorno più vuota, ma piano piano iniziai a farci l'abitudine perché è questo che si fa con le cose brutti e con i dolori, ci si convive.Solo grazie ad alcune persone riuscii un po' a colmare quel vuoto che l'assenza della musica aveva creato dentro di me, lo riempivo con gesti, sorrisi e parole dei miei amici. Grazie alle mie due amiche avevo superato gran parte del burrone.
STAI LEGGENDO
Una storia in divenire|Marco Mengoni|
Romance"Ho capito tante cose della mia vita, solo guardandoti. Bene Serena, io TI VEDO. Io vedo cosa sei, quello che sei. Io TI VEDO"