Prologo

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Atlas osservava il loro rifugio divorato dalle fiamme.

Era sconvolto, il cuore permeato da un profondo senso di smarrimento. Cosa avrebbero fatto ora? La loro casa ormai non c'era più. Certo, era solo una sistemazione temporanea, estremamente piccola per ospitare dieci persone, ma era l'unico posto che potevano chiamare casa.

Avrebbero potuto ritornare dalle rispettive famiglie, ma sarebbe stato come rinunciare definitivamente alla missione e costringere tutti gli atlantidei ad attendere altri cinquecento anni prima di avere un'altra reale possibilità di tornare alla loro patria.

Non appena un forte odore di carne bruciata raggiunse le sue narici, Atlas si riscosse dallo stato di assoluto sgomento in cui era caduto. Improvvisamente, cominciò a temere per la vita dei suoi compagni; se nessuno di loro era ad attenderlo fuori dalla casa, era probabile che fossero rimasti bloccati all'interno del rifugio, incapaci di uscirne. Ma perché non avevano usato lo scettro per liberarsi? Scrollò il capo, non c'era tempo di pensare. Lasciò cadere a terra le buste della spesa e cominciò a correre a perdifiato verso la casa, sperando di essere riuscito ad arrivare in tempo. Mentre si avvicinava, estrasse dallo zaino che portava sempre con sé lo Scettro di Atlante e invocò il potere di Poseidone. Un potente getto d'acqua si sprigionò dallo scettro e in una decina di minuti Atlas riuscì finalmente a estinguere le fiamme.

La flebile possibilità che i suoi compagni fossero riusciti a salvarsi e che lui non fosse rimasto solo, era tutto ciò che gli impediva di crollare mentre raggiungeva, a passi lenti e timorosi, quel poco che restava della porta del rifugio.

Le sue speranze crollarono definitivamente quando mise piede all'interno della casa. I corpi degli altri discendenti erano ormai irriconoscibili, fatti a pezzi da una violenta esplosione che doveva averli uccisi tutti all'istante e distruggendo al contempo qualsiasi cosa all'interno dell'abitazione. Atlas osservava la scena, sgomento. Nulla era sopravvissuto alla furia della detonazione e delle fiamme che erano divampate.

Erano tutti morti. Atlas non poteva ancora definirli suoi amici, si conoscevano da appena un paio di settimane, ma condividevano un destino che li accomunava da intere generazioni e ciò creava un legame che trascendeva qualunque piano affettivo. Non meritavano una fine simile, nessuno l'avrebbe meritata, nemmeno il più insignificante degli umani.

Ora Atlas era l'ultimo discendente dei dieci re di Atlantide ancora in vita, il solo in grado di compiere la missione. Al momento però, quello era l'ultimo dei suoi pensieri. Chiuse gli occhi, per evitare di osservare oltre quel macabro spettacolo, ma quell'immagine era rimasta impressa vivida nella sua mente e non lo abbandonò. Le gambe gli cedettero e Atlas cadde in ginocchio, incapace persino di pensare di fronte a tanta distruzione. Le ruvide piastrelle bianche erano ora ricoperte da un manto nero di fuliggine e sangue bruciato. Nulla in quella scena gli era famigliare, non riusciva a credere che quello fosse lo stesso rifugio nel quale si era svegliato quella mattina. Sollevò le mani a coprirsi il volto, nel disperato tentativo di togliersi quella scena da davanti agli occhi, nonostante la sua mente non gli permettesse di vedere altro, costringendolo a un atroce supplizio infinito.

Il suono delle sirene dei vigili del fuoco lo riscosse. Doveva andarsene. Erano stati chiaramente allarmati dalle fiamme che avevano divorato la dimora fino a poco prima. Se lo avessero trovato lì, avrebbe dovuto spiegare come aveva fatto a spegnerle e non aveva alcuna intenzione di farlo. Avrebbe attirato l'attenzione dei Cacciatori su di sé e non poteva permetterlo.

Mentre si rialzava per allontanarsi il più rapidamente possibile, la sua disperazione si tramutò in rabbia, una profonda e irrefrenabile ira contro chiunque avesse compiuto un gesto simile. Atlas non era ancora in grado di stabilire se il responsabile fosse uno dei Cacciatori oppure il Custode della Fenice, ma non appena l'avesse scoperto, avrebbe fatto in modo che il colpevole pagasse con la vita per il suo gesto e prima di finirlo si sarebbe assicurato che soffrisse almeno quanto ognuno dei nove discendenti che avevano appena perso la vita. Atlas stesso si stupì del tono che stavano assumendo i suoi pensieri, ma era ben consapevole che un'azione simile era ben al di là di qualsiasi forma di perdono. Il colpevole avrebbe pagato, non importava quanto ci avrebbe messo per scovarlo, i suoi compagni meritavano giustizia.

Non appena trovò rifugio tra la fitta boscaglia che si estendeva a un centinaio di metri dalla casa, l'ultimo discendente si fermò e si voltò indietro, mentre nuovamente un senso di inquietudine prendeva possesso di lui.

Quel piccolo casolare doveva essere solo un rifugio temporaneo, il punto di ritrovo per i dieci discendenti che sarebbero giunti dalle varie parti del mondo per assistere all'imminente rinascita della loro antica patria. Erano appena riusciti a riunirsi, l'ultimo di loro era giunto proprio quella mattina e il giorno successivo avrebbero cominciato a cercare una nuova sistemazione. Ora invece Atlas era rimasto solo, il compito di ritrovare la Fenice e garantire la rinascita di Atlantide gravava interamente sulle sue spalle. Se avesse fallito, la loro terra d'origine sarebbe rimasta sepolta per altri cinquecento anni. Atlas, ormai destinato a esserne l'unico futuro re, non l'avrebbe mai permesso. Aveva passato l'intera vita a prepararsi per questo e finalmente era giunto il momento.

La vita della Fenice stava finalmente per volgere al termine. Lui doveva solo trovarsi al posto giusto e al momento giusto per assicurarsi che questa volta la sua esistenza finisse per sempre.

In troppi avevano fallito prima di lui, ma Atlas aveva imparato dagli errori di chi lo aveva preceduto e stavolta la Fenice sarebbe morta e Atlantide rinata, ne era più che sicuro. Era rimasto solo, ma ci sarebbe riuscito comunque, non avrebbe tollerato un fallimento. Era pronto a morire pur di non tornare indietro a mani vuote, lo doveva ai suoi compagni.

 Era pronto a morire pur di non tornare indietro a mani vuote, lo doveva ai suoi compagni

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CANTUCCIO AUTRICE:

Ecchime! La storia è ufficialmente iniziata! Non vedevo l'ora di condividerla con voi! Spero che questo breve prologo vi sia piaciuto, e che vi abbia incuriosito almeno un po'.

Per il primo capitolo purtroppo dovrete aspettare ancora un po'. Io continuo a portarmi avanti con la scrittura, tempo permettendo, ma la mia beta potrà cominciare a lavorarci solo dopo la prima metà di settembre. Quindi vi chiedo solo ancora un po' di pazienza, scusatemi.

In ogni caso, che ne pensate di Atlas? Ha vissuto una brutta esperienza, ma sembra determinato ad eliminare la Fenice. Chi sarà in realtà? Il protagonista? L'antagonista? Un povero disgraziato che passava di lì? Chi lo sa... :D

Fatemi sapere i vostri pareri su questo piccolo prologo.

A presto,

Wingy.

La Fenice AtlantideaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora