Capitolo tredici

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Devon

La guardavo. 

Forse da ore. Forse da minuti. Forse da secondi. Ma la guardavo,e non riuscivo ancora a credere e realizzare che quella donna fosse mia. Finalmente mia. 

Arabella era seduta nel salone di casa sua che beveva una tazza di the caldo in compagnia di sua madre. I capelli neri erano legati in una coda alta,il maglione grigio a collo alto fasciava il suo busto,evidenziando le sue curve,i jeans stretti sulle gambe toniche,e ai piedi dei semplici stivali con la pelliccia. Rideva e scherzava con sua madre,mentre io non riuscivo a smettere di guardarla.

E passato un mese dal matrimonio di Susan e Mark. Un mese da quella notte in cui i nostri corpi e le nostre anime si sono riunite. Un mese da quella notte in cui i ricordi sono riaffiorati nella mia mente e mi hanno permesso di ricordare tutto l'amore che provavo e provo per lei. Un mese da quella notte in cui ho pianto disperato per essermi dimenticato di lei,della donna che mi ha stregato con uno sguardo dentro quel pub in una notte d'estate,della donna che ho guardato in silenzio per settimane senza smettere mai di pensarla,della donna che mi è entrata sotto pelle come una nuove dose di eroina. Un mese da quella notte in cui tutte le emozioni assopite si sono risvegliate scaraventandosi tra di noi. E passato un mese da quella notte in cui ho posseduto quella donna come non ho mai fatto in tutti i mesi passati insieme.

 Un mese da quella mattina in cui mi è preso il panico,quando Bel si è svegliata con il terrore negli occhi,mentre mi guardava completamente nuda nel letto in quella camera d'Hotel. Quando ho incontrato il suo sguardo,mi sono sentito morire. Credevo che alla luce del sole lei,si fosse pentita di quello che era accaduto tra di noi,per un attimo mi ero convinto che lei avesse un altro uomo e che lo avesse tradito con me. Ma quando la mia bocca ha iniziato a parlare a sproposito,il suo sguardo da terrorizzato è diventato infuriato e ferito,e li avevo capito di averle fatto male con tutte quelle parole senza senso guidate dalla paura di averla persa,o di non averla avuta affatto. 

Quando mi ha raccontato il sogno che ha fatto,mi sono sentito avvolgere da una strana sensazione. Un calore particolare,mai provato prima. Più lei parlava e descriveva quelle scene,più io la immaginavo nella mia mente,bella come non mai,con un pancione enorme e le mie mani posate sopra di esso. Mi sembrava quasi di sentirli i calci del nostro bambino sotto i palmi delle mani,la risata felice di Arabella e la mia felicità nell'avere una famiglia nostra. 

E vero. 

Può sembrare prematuro tutto questo. Siamo stati lontani per mesi,entrambi con i nostri pensieri e i nostri dolori,entrambi con le nostre vite diverse ma comunque legate. Ma in fondo,prima di questi sei mesi di distanza quasi forzata,io e Arabella eravamo una coppia. Eravamo una coppia che condivideva una casa,la quotidianità,condivideva i pensieri e le paure,le gioie e i dolori. Io e Arabella eravamo un noi. Un noi che si amava come poche volte succede nella vita,un noi che credeva nel proprio amore e in un futuro insieme. Guardando la nostra relazione da spettatore esterno si potrebbe dire che è stato tutto troppo veloce e frenetico. Scelte avventate e sentimenti improvvisi. Non siamo stati di certo di quelle coppie che si conoscono e sprecano tempo in appuntamenti infiniti,in sentimenti repressi ed emozioni nascoste. Io e Arabella abbiamo giocato a carte scoperte,dall'inizio. Quello che abbiamo provato la prima volta che ci siamo visti è stato inaspettato e non cercato. Quando i nostri sguardi si sono incrociati la prima volta,entrambi,abbiamo capito che era successo qualcosa.

Si potrebbe chiamare sbandata.

Si potrebbe chiamare attrazione fisica.

Si potrebbe chiamare colpo di fulmine.

Io adesso,lo chiamo semplicemente amore.

Si dice che è impossibile innamorarsi di una persona al primo sguardo,e probabilmente in una altra situazione avrei detto la stessa identica cosa. I primi attimi era sicuramente concentrato tutto sull'attrazione fisica. Arabella era la ragazza più bella che i miei occhi avessero mai guardato,il suo corpo e le sue curve mi facevano schizzare il sangue al cervello,le sue labbra tirate in un sorriso malizioso mi facevano venire una voglia matta di baciarla,dopo pochi minuti che le nostre mani erano entrate in contatto. Il mio corpo era attratto dal suo come non mi era mai capito in tutta la mia vita,per quanto la mia mente mi ripetesse che era impossibile,a me Arabella era piaciuta dal primo istante in cui era salita su quel palco. Avevamo scambiato davvero poche parole,eppure non riuscivo mai a togliergli gli occhi dosso,era come una calamita che mi attirava a se,continuavo a guardare le sue espressioni,a come arricciava il labbro quando faceva l'offesa,a come i suoi sorrisi le illuminavano il volto.

TRA RICORDI E DOLORIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora