Saliva in fretta i gradini di marmo, sapeva che qualcosa lì dentro non andava, doveva andarsene da quel posto. Sembravano non esserci uscite lungo quella scalinata né tantomeno sembrava aver fine, saliva e basta, senza mai fermarsi, finché, in cima ad una rampa vide qualcosa. Di fronte a lui si apriva un lungo salone rettangolare; si diresse su per le scale quando qualcosa, un rumore scuso e metallico, lo interruppe. Il suono si fece più cigolante e vicino, non sapeva perché, ma si era fermato. Stava per riprendere a salire, quando lo sferraglio divenne quasi assordante, un immenso animale bronzeo gli passò sopra la testa di pochi centimetri e lo mandò per terra. La bestia era finita in fondo al salone e si stava preparando a caricare di nuovo; le tre teste (una di leone, una di capra, una di serpente infondo alla coda) si divaricarono. Si era appena rialzato, ma la chimera era nuovamente all'attacco facendolo ancora cadere carponi nel tentativo di schivarla. La belva tornò all'attacco, questa volta fu più preparato e riuscì a sfuggirle mandandola a sbattere contro la ringhiera di marmo. Il mostro vi si schiantò mandando in frantumi la roccia e facendo schizzare ovunque le schegge. I pezzi di bronzo che componevano la creatura si separarono in un esplosione finendo sparsi a terra. Li guardò allibito, ma il senso di paura che l'aveva attanagliato per tutto il tempo non era affatto svanito. Egli si voltò e prese a correre attraverso il lungo salone, oltrepassò una porta una porta finendo in un'altra stanza ancora. Questa era più piccola della precedente, aveva una forma quadrata e le pareti rivestite di specchi. In fondo alla camera c'era una sola piccola porta di legno, corse lì e provò a sfondarla, ma i cardini non davano segno di cedimento. Finalmente la porta si aprì su di un corridoio basso di stretto, lo oltrepassò di corsa raggiungendo poco dopo un'altra porta. Questa si aprì subito, si affacciava in un altro salone, il quale, a sua volta, dava su altre rampe di scale nonostante non sembrassero essere le stesse dalle quali era arrivato. Cominciò a salire più in fretta possibile, doveva uscire da li, ma aveva la sensazione che scendere sarebbe stato vano e che avrebbe dovuto andare sempre più in alto . Era appena arrivato in cima ad altre due rampe quando il suono di ingranaggi tornò più forte e vicino di prima, e, con esso, tornò anche la chimera. Era molto più grossa e minacciosa che mai, alcune parti del suo corpo erano ancora composte di bronzo, mentre altre erano di ina densa luce color smeraldo. Ringhiò, un suono rimbombante e innaturale, qualcosa di surreale che scosse l'aria, come il rombo di tuono che risuona in una scatola di latta. La testa di leone e quella di capra spalancarono le loro mostruose fauci e, da queste fuoriuscì una gittata di fuoco verde. Quell'essere era la cosa più spaventosa che avesse mai visto, guardarla negli occhi installava in lui uno sgomento diverso, non era una semplice fiera. Era una primordiale forza della natura antica subordinata all'ingegno sregolato, scellerato e blasfemo di uno psicopatico . Riuscì a schivare l'attacco della belva e continuò a salire le scale a rotta di collo precipitandosi in un altro salone. Quando s'accorse di non sentirsi più inseguito e di non udire più alcun cigolio in lontananza, si guardò attorno. In mezzo alla parete era issata un grosso kopesh, afferrò l'arma e guardò le rampe di scale con aria di sfida.
Sapeva cosa fare...