Capitolo I

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Sorseggiavo un'enorme tazza di cioccolata calda coperta da uno spesso strato di panna, in uno dei tanti caffè di Westbury. Ero seduta ad un tavolino vicino all'entrata come sempre. Attraverso le vetrate illuminate del bar, guardavo la gente e le auto scorrere nel loro interminabile via vai. Guardavo le persone, i loro gesti, le loro espressioni. Osservavo quella folla così colorata a contrasto col cielo grigio e piovoso di inizio settembre tipico della cara, vecchia Inghilterra. Era divertente giudicare, immaginare, lasciare correre i pensieri. Ero convinta che molti mi avrebbero invidiata per quel momento di pace e silenzio che amavo concedermi. Era un'abitudine che non avevo perso, nonostante la morte della mamma. Era lei che mi portava lì, negli umidi pomeriggi autunnali. Ci sistemavamo, prendevamo qualcosa da mangiare e poi ci mettevamo a bere qualcosa di caldo. Parlavamo non come madre e figlia, ma come due vecchie amiche che si incontravano dopo tanto tempo. Fissavamo il paesaggio fuori e ridevamo di questo e di quello, come la volta in cui una signora era stata trascinata via dal suo cane al guinzaglio. Lontane dal mondo, dalla solita routine.   Erano trascorsi 10 anni da allora, ma non riuscivo a dimenticarla. La sua assenza era come una ferita aperta, che bruciava come una febbre sconosciuta. Molti dicono che il tempo guarisca gli animi, però per me non era così. Avevo imparato a soffocare il dolore dentro di me. Come si fa con degli oggetti segreti che si vogliono nascondere: si chiudono in un cassetto così gli altri non li possono vedere, ma quelli ci sono ugualmente. Non piangevo più da non so quanto tempo. Certo a volte delle lacrime rigavano il mio volto e mi sentivo morire dentro, ma non un singhiozzo o un qualsiasi tremore. Niente. Solo brevi lacrime silenziose, che sparivano in un battito di ciglia. Non mi interessava cosa pensava la gente: se Morgana Lively era una ragazza fredda, superficiale, menefreghista quelli sarebbero stati affari suoi. Anzi miei. Dalla morte della mamma, non piangevo più. Fine della storia. Basta. Non volevo mostrare a tutti come fossi fragile, debole, come tutto questo fosse rimasto indelebile. Punto.                                                                                   Vivevo con la zia (tris-zia o robe del genere) Rose. Lei era anche la mia madrina. Mi voleva bene, mi aveva accudito come una seconda madre e io mi ero affezionata moltissimo a lei. Era tutto quello che restava della mia famiglia. Mio padre non sapeva neanche della mia esistenza, credo. Infatti, quando mia madre aveva scoperto di essere incinta, di lui non se ne aveva notizia da un bel po'. Forse è morto, non so. Quindi ero cresciuta in un ambiente tutto al femminile, escludendo gli zii e i miei cugini. Stranamente non mi era mai mancato un padre, ero sempre stata felice così. Inoltre se prima abitavo nella villetta di mia madre, nell'estate mi ero trasferita nella vecchia casa della zia. Più grande, meno traffico. Poggiai la tazza mezza vuota sul tavolino in vetro e addentai svogliatamente un fragante croissant ripieno di marmellata. Il mio preferito. Pensai agli zuccheri e ai grassi. Volevo morire felice e un croissant non mi avrebbe cambiato la vita. Mrs FSRP (fianchi e sedere rotondi e piatta) che poi ero io, sarebbe rimasta FSRP. Non sarebbe ingrassata ancora. Finii la pasta, con lo sguardo sempre fisso fuori. Per un attimo, mi parve di scorgere sul marciapiede una donna con una giacca turchese. La solita che la mamma indossava quella maledetta sera. Mancavano pochi giorni alla triste ricorrenza della sua scomparsa.

Chiusi gli occhi. Tante cose non quadravano in quella vicenda. Io stessa ricordavo poco. Aurora Lively era misteriosamente deceduta nel bosco nei dintorni di casa nostra. Non si sapeva come, non si sapeva perché. Io ero sulla veranda con la zia Rose, che ci aveva fatto visita. La mamma era uscita per delle compere. All'improvviso udimmo un urlo e prima che la zia potesse fermarmi, io (riconoscendo la voce) mi ero fiondata verso gli alberi. Avevo trovato Aurora in fin di vita, mentre la zia non era giunta subito n La mamma era morta poco dopo il mio arrivo per un violento colpo alla testa. Io me lo ricordo come ieri quell'ultimo momento. Il bel volto pallido, gli occhi spenti, le labbra bluastre, il rivolo di sangue scarlatto sulla pelle candida... E la sua voce tremula, la sua ultima carezza con la mano invasa dal gelo della fine e le sue parole. Ricorda chi sei, ricorda chi sei stata, Morgana. Perché senza passato, non c'é futuro. Erano le frasi che più mi tornavano di lei in mente, quelle che più non riuscivo a capire. Cosa potevano significare? In seguito, gli investigatori affermarono che certamente mia madre era stata aggredita. Ma chi aveva voluto farle del male? E perché? Le indagini non avevano condotto a niente e la morte della mamma era diventata uno dei tanti casi irrisolti della polizia. Troppe cose non tornavano. Troppe. Chi avrebbe ripreso in mano un caso di dieci anni prima, con tutti i problemi odierni? Ovvio, nessuno. Mi chiedevo perché la zia o qualche parente non avesse insistito. Spesso mi arrabbiavo pensandoci. Spesso mi sentivo prendere da un antico dolore, tornavo di nuovo l'impotente bambina di 8 anni.

Sobbalzai quando lo scampanellio della porta, annunciò l'arrivo di nuovi clienti. Finora nel caffé Excalibur, non c'era nessuno a parte il barista e le due cameriere. Non chiedetemi, come si faccia a chiamare un locale così. Non lo so. Ed ecco perché mi piaceva. Guardai i nuovi arrivati: due ragazzi un po' più grandi di me. Si sedettero alle mie spalle e non riuscii ad osservarli meglio. Ordinarono due cocktail a me sconosciuti e presero a parlare. Stavo per rimmeggermi nel mio silenzio, quando uno stralcio della loro conversazione attirò la mia attenzione.

- Hai sentito? Un'intera famiglia é scomparsa a Redbridge la settimana scorsa. L'hanno reso noto solo oggi- - Un'intera famiglia? Scherziamo?-   - No, sul serio. Padre, madre e le due bambine. Una di 7 e una di 14, credo. - La polizia dice niente?-                     - Sembra quasi una vendetta personale o un sequestro. Si spera i un possibile ricatto, se no...-               - La cosa preoccupante é che questi casi di sparizione sono molto più frequenti.-                                              - Ma dai! In tutto il Regno Unito vuoi dire! L'ultimo caso di sparizione nella zona risale a quattro mesi fa. Inoltre era più una fuga.-                      - Secondo me, accadrà di nuovo un fatto come quello di 10 anni fa o peggio. Troppe scomparse.-              Mi irrigidii e mi si bloccò il respiro.     - Ah, già quella donna che é stata aggredita nel bosco. Forse hai ragione, non sono cose da sottovalutare.-                                     - Inoltre, nessuno ha mai scoperto l'assassino. Secondo me, dietro tutto questo c'é il governo o qualcosa del genere. Te lo dico io, amico!-                                                 - Non credo. Chi potrebbe ammazzare una povera donna come quella? Governi rivoluzionari?-            Mi cadde il cucchiaino di mano. Il tintinnio attirò l'attenzione dei due ragazzi. Mi voltai arrossendo e balbettando uno scusate incerto. Nascosi il viso nella tazza e ripresi a bere la cioccolata, provando a far cessare i brividi.

- É qualcosa di più grosso. Scommetto che presto sparirà altra gente e allora avremo paura persino di fare una passeggiata.- concluse quello che non sapeva delle scomparse a Redbridge.      

I due se ne andarono continuando a parlare. Io rimasi lì per un po' tesa, con lo sguardo fisso nel vuoto elaborando ciò che avevo appena udito. Poi mi alzai scatto e come in trance, mi recai al tavolino in fondo alla saletta. Su una delle sedie moderne del caffé c'era il giornale di quella mattina, il Westbury Express. In prima pagina, a caratteri cubitali lessi: SCOMPARE MISTERIOSAMENTE UN'INTERA FAMIGLIA. ULTIME NOTIZIE DELL'ENNESIMA SPARIZIONE/AGGRESSIONE DELL'ANNO. Non so perché, ma improvvisamente percepii freddo.                    

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