Capitolo VII

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L'auto correva oltre i 120 km/h e la pioggia, fuori dai finestrini, si schiantava violentemente su tutto ciò che capitavasul suo cammino.

Nonostante mi spostassi rapidamente, ogni volta che la pioggia toccava i vetri o si tuffava nelle pozze nate a causa delle buche presenti sull'asfalto, io come una polaroid, stampavo i fotogrammi collezionando immagini sempre nuove.
Avevo percorso già parecchia strada, ovviamente senza rispettare il codice stradale, ma poco me ne importava. Se avessi continuato a tenere quella velocità sarei arrivato da Cesare in una decina di minuti.
Pensieri aleatori iniziarono a annidarsi come calabroni nella mia testa, ma, invece dei ronzii, quelle che si sovrapponevano tra loro erano delle voci disumane dal timbro così profondo da scavare dentro la mia psiche fino a trovare ciò che cercavano, ovvero il controllo.

"FRENA"
Una dolorosa emicrania mi costrinse a farlo.
Il tutto produsse una reazione a catena: le ruote scivolarono sull'asfalto bagnato portando l'auto a muoversi tra le braccia della Dea Fortuna mentre io venni sballottato dentro quella trappola di metallo come un flipper che, alla fine, decise di schiantarsi sul guard rail per poi abbracciare un albero.
Schizzai via dall'auto per una decina di metri fino a giacere sul prato bagnato che si trovava vicino alla mia compagna di avventure.
L'impatto fu così violento da accartocciare la mia vettura come fosse un pezzo di cartastraccia.
Non mi sentivo più le gambe, né le braccia.
Inrealtà non percepivo più il mio corpo tutto intero, arti e muscoli vennero rimpiazzati da un dolore acuto e pulsante.
Come un fantasma cominciai a svanire e rapidamente la mia vista iniziò ad offuscarsi.



Mi svegliai, scoprendo che il dolore si era affievolito completamente.
Con aria perplessa mi guardai attorno: un immenso bianco latte si diffondeva lungo tutto l'orizzonte.
La sensazione era piacevole ma tempo stesso incuteva ansia. Mi sentivo osservato.

Dal terreno sorsero lievi nubi di gas che salivano verso l'alto fino a stanziarsi per aria.
Qui le soffici nuvole dai colori vivaci, come dipinte da sfumature di tinte ad olio, saltavano si rincorrevano e si attorcigliavano melodiosamente miscelandosi e dando vita a nuove armonie.
Sembrava una lunghissima tela a cui si stavano per aggiungere i primi colori.
Restai incantato di fronte all'ipnotico movimento che mi infondeva grande ispirazione.

Non ci misi molto a capire che mi ero catapultato nel mondo onirico, in cui astratto e reale, insieme, davano vita a una nuova dimensione lontana dal tempo e dallo spazio.

Improvvisamente il tutto cambiò: attratte come da una calamita,le nubi si spostarono verso un minuscolo puntino scuro che prosciugava le loro sfumature come una sorta di buco nero.
Seguii la scia colorata che i gas lasciarono, avvicinandomi di più a quella specie di lavatrice ammazza colori.
Mentre si dissolvevano scomparendo all'interno di essa, cominciai a sentirmi più vuoto e fragile.

Iniziarono a formarsene altre che però erano diventate più spente rispetto alle precedenti.
Dalle loro sembianze sembravano più pesanti, teoria confermata dal fatto che si fermarono molto più in basso.
Ora i loro movimenti erano caotici, invece di rincorrersi si scontravano tra di loro fino a formare un miscuglio eterogeneo dalle rozze sembianze.
Quei tratti che nella mia testa erano prima colmi di ispirazione, si fecero ora più vaghi e confusi, mettendomi a disagio.

Il nuovo gruppo venne ugualmente inghiottito dentro quella piccola insaziabile voragine che silenziosamente aspettava l'ascesa di nuovi colori da divorare.

Sempre più tendenti al grigio, quasi appannate da esso, ne apparvero di nuove.
Erano ancora più cupe, più strane e meno omogenee ma nonostante questo vennero trascinate ancora una volta in quello spregevole limbo.
Tornarono nuovi pensieri ancora più tenebrosi, al quale si mischiarono voci incomprensibili.
Scappai via dalla paura dirigendomi verso il nulla. Volevo allontanarmi da quella maledetta aspirapolvere ma caddi per terra per la stanchezza, non fisica ma psicologica.

Era come se la mia anima si incrinasse fino a frantumarsi formando milioni di frammenti di affilato vetro, come se un parassita sicibasse di tutta la mia creatività fino a portarmi al vuoto totale ma nonostante questo, una parte di me voleva essere divorata in quel baratro e non aspettava altro.
Vennero a formarsi altre masse di vapore, erano più grandi e completamente nere e il contrasto fraloro e lo sfondo ancora limpido era così forte da bruciarmi gli occhi.
Erano cariche come nuvole temporalesche e fremevano dallavoglia di dare vita a un eterno caos.
Mi sdraiai per terra inattesa del fatidico momento.
Si accostarono sopra di me dando iniziò a un ciclone grazie alla loro elevata velocità.

Continue raffiche di vento tagliente si schiantarono contro di me ma il dolore durò poco, il mio corpo si stava dissolvendo proprio come i colori di quelle nubi.
I miei pensieri si incupirono, la mia vista iniziò a mischiarsi alle scale di grigi fino a fondersi,ma prima che il sipario calasse, misi a fuoco, in mezzo a quella tempesta nera e indefinita, la causa di tutto il mio malessere.
Era lui.
Il pennello si era nutrito della mia ispirazione fino a consumarmi ogni singolo neurone.
Mi sentii prosciugare sempre di più da quel dannato buco fino a diventarne parte.


Tutto è ancora completamente buio, nessun colore.
Mi addormentai per sempre cullato dal nulla.
Un profondo e perenne sonno con uno sfondo nero, senza accenni di vita.
Un continuo e inquieto silenzio.
Dormire senza sogni, è questa forse la morte?



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