Prima di lui, nessuno.

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"Resteremo insieme per sempre, te lo posso giurare." mi guardò teneramente stringendomi le mani nelle sue.
"È una promessa questa?" chiesi con gli occhi lucidi.
"Te lo prometto, Ab. Ti prometto che niente e nessuno ci separerà, mai." affermò baciandomi dolcemente la punta del naso.

Avevano solo tredici anni, ma ci sperava davvero in quel "per sempre."

****

Alcune lacrime sfuggite al controllo della ragazza ne rigarono le gote arrossate a causa del vento, mentre fiumi di ricordi le riaffiorarono la mente. Prese a camminare più velocemente, passando per la piazza principale della città, diretta al posto di lavoro.
Una volta giunta allo studio discografico varcò la soglia, venendo investita dal caldo accogliente del palazzo. Vestì un sorriso finto e tirato e si diresse alla scrivania di Shantal, la segretaria. Fornitele le informazioni necessarie, si diresse verso l'ufficio del direttore, nonché suo zio stretto.
"Piccola..." sussurrò il trentenne alla vista della nipote. Sapeva costantemente cosa passasse per la testa alla ragazza dai capelli biondi, poiché la crebbe lui stesso data l'assenza dei genitori.
"Ho avuto un'idea questa notte per il videoclip del terzo brano, nel frattempo questa mattina ho scritto altre strofe...eccole." disse sicura estraendo dei fogli dalla borsa che portava con sé. L'uomo, insicuro sul da farsi, prese le pagine e si sedette dietro la scrivania, sull'imponente sedia girevole in pelle nera. Dal canto suo, la ragazza, si accomodò sulla piccola dall'altro lato del parente, poggiando la borsa a terra.
Passarono silenziosamente manciate di minuti, o forse ore, nelle quali lui continuò a riguardare le parole composte dalla ragazza, la stessa che in quel momento stava buttando giù ulteriori righe per diversi brani, che dovranno poi completare il suo quarto album.

14.36
"Tesoro io vado a mangiare, vuoi unirti a noi?" le chiese cordialmente Aaron, alzandosi dalla seduta e porgendo uno sguardo amorevole alla più giovane.
"Non mi va zio." rispose disattenta concentrata sul lavoro che stava svolgendo da tutta la mattinata. Senza proferire altre parole, la prese per un braccio e la trascinò all'esterno della struttura deciso a offrirle il pranzo in qualche locale non molto distante dal lavoro.
"Ti avevo detto no, perché non m'ascolti mai?" chiese esasperata la ragazza mentre trascinava i piedi sui sanpietrini del centro incurante dei passanti su cui andava a sbattere, data la tua goffaggine. Alla fine, rassegnata, comunicò all'uomo la sua intenzione di mangiare un buon gelato e quest'ultimo la lasciò andare, ricordandole l'orario di ritrovo.
Percorse poco meno di un centinaio di metri prima di scontrarsi con qualcuno e perdere l'equilibrio cadendo quasi a terra, se non fosse per quello stesso individuo che le afferrò il polso e la trasse al proprio petto.
"Perdonami" si scusò lui allontanandosi di poco da Abygail.
"Figurati, come ti chiami?" tentò di aprire una conversazione mentre lui, cordialmente, si chinò per raccogliere la borsa e i fogli che le caddero durante la collisione.
"Oh.." fu l'unico suono che uscì dalle labbra del giovane dopo che, tra le altre cose, scovò una foto polaroid raffigurante due ragazzini dormienti abbracciati, lei sul petto di lui e lui che la stringe a sé.
"Come scusa?" recuperò paonazza la fotografia facendo sfiorare le proprie dita con quelle dello sconosciuto, il quale accennò un sorriso.
"Jordan, mi chiamo Jordan" affermò riservandole un'allegra risata.
«Jordan. Quel Jordan. Il mio Jordan. No. È impossibile.» innumerevoli pensieri la portarono in un mondo parallelo, composto da immagini e parole, ricordi allegri e dolorosi, impedendole di sentire quello che il ragazzo di fronte a lei le stava dicendo.

Take a breath and start again | OSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora