Scrivere riguardo alla normalità in ambito psicologico e sociale significa addentrarsi in un labirinto di cui ancora non è stata trovata l'uscita.
I vari conflitti sociali riguardanti la tensione fra normalità e diversità derivano dal fatto che non è chiaramente definito ciò che è normale.
Etimologicamente l'aggettivo "normale" deriva dal sostantivo "norma" e indica ciò che è conforme ad una regola e ciò che segue la generalità dei casi.
In ambito sociale è necessario dunque selezionare una collettività di riferimento per definire la normalità, che risulta essere una media dei singoli elementi dell'insieme. Su tale definizione vengono poi posti i fondamenti per la creazione e la modificazione della società ideale e delle sue componenti istituzionali. Dunque il concetto di normalità non può essere decontestualizzato dal periodo storico preso in esame, ma anzi è strettamente connesso ai cambiamenti che il progredire della società impone sulla media stessa ed è dunque estremamente relativo.
Dal momento che la consuetudine è la media risultante da varie personalità diverse fra loro, nessuno dei suoi elementi le sarà conforme in ogni punto e il concetto di diversità rimane incluso nella normalità stessa.
Eppure la diversità è difficilmente accettata e ciò a cui ciascuno anela è rientrare nello schema dettato dalla regola generale, senza accorgersi che basterebbe cambiare l'insieme di riferimento per considerarsi normale e che la stessa diversità non deve essere vista come una mancanza da colmare.
Modificare l'immagine della norma è necessario per soddisfarne il bisogno, presente intrinsecamente in ciascun individuo, ed è proprio questo che la società odierna non riesce a fare. Infatti l'integrazione degli elementi storicamente emarginati e considerati indegni di un ruolo decoroso all'interno della comunità, è vissuta come un'esperienza fastidiosa e pericolosa, in grado di minare i diritti di coloro che sono già inseriti al suo interno.
Ammettere come normali coloro considerati come la debolezza della collettività, sembra generare una smorfia di disappunto e un sentimento di subordinazione, quando invece si tratta di riconoscere come umani ( e quindi degni dei diritti fondamentali dell'uomo) coloro che vengono discriminati perché diversi. Si tende infatti ad additare questi ultimi come immorali e osceni.In Italia l'approvazione della legge che riconosce le unioni civili per le coppie omosessuali è estremamente recente e tardiva rispetto ad altri Paesi nel mondo, con quasi trent'anni di ritardo rispetto alla Danimarca, che nel 1989 è stato il primo Paese a prendere provvedimenti riguardo ad una realtà che esiste e non può e non merita di essere ignorata.
Il pietismo nei confronti dei disabili non fa che sottolineare crudelmente l'handicap di cui sono portatori, che li ostacola più o meno parzialmente nello svolgere attività quotidiane, ma che non li rende meno umani o indegni di rispetto da parte di chi è sano.
Trovare strutture che consentano il transito agevolato a chi è costretto sulla sedia a rotelle è, per usare un eufemismo, molto complicato.Il sospetto nei confronti di chi segue precetti religiosi diversi da quelli più comuni e la denigrazione a cui sono sottoposti, non sono che ulteriori conferme di come la mentalità odierna sia restia di fronte al cambiamento dello schema, ormai obsoleto, della normalità.
Non ci si rende conto della relatività del concetto di normale e si rimane aggrappati all'ordinario, senza guardare alle modificazioni a cui la società è naturalmente sottoposta.Per questo è necessario adattare la regola generale al contesto storico, considerarla come relativa e includere in essa anche la diversità che caratterizza ogni singolo individuo, a cui è necessario fornire la sicurezza dei diritti inalienabili dell'uomo.
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Normalità
Non-FictionCos'è la normalità? Da una frase di Giuseppe Pontiggia ho snocciolato (spero) in un ordine chiaro i miei pensieri a riguardo.