a perfect angel

579 19 0
                                    

"Ti spiego tutto quello che vuoi sapere ma non interrompermi con le solite battute inutili"
"Ci proverò"
"Questo rifugio è stato utilizzato per secoli dagli uomini di lettere. Utilizzavano questo posto principalmente per leggere, studiare, tenere sotto controllo la situazione dei mostri e inevitabilmente, dato che come tu sai, è un lavoro a tempo pieno, alcuni ci abitavano. Così finì per essere il loro quartier generale"
"Si ma non mi hai detto la parte più importante, chi sono gli uomini di lettere?" Dean alzò lo sguardo sul soffitto intento a pensare a una possibile spiegazione.
"Sono topi da biblioteca, mentre noi cacciatori cacciamo i mostri, loro erano quelli che li studiavano"
"Sono i teorici mentre noi siamo i pratici, loro la mente noi il braccio" ancora non riuscivo bene a capire chi fossero questi uomini e perché Dean ne parlasse al passato.
"Si be si può essere anche entrambe le cose..." Dean venne interrotto dal frastuono della grossa porta di ferro che si apriva.
"non avevi detto che tuo fratello non c'è?" dissi prendendo la pistola dalla borsa.
"Non ti allarmare così tanto! Dovrebbe essere Castiel"
"Ah be ne so quanto prima"
"Prova almeno a fidarti un pochino, metti giù la pistola, non serve"
"chi è Castiel?" chiesi ancora agitata nonostante avessi posato l'arma sul comodino.
"Nel nostro lavoro avere un angelo come amico non è per niente scontato" disse in modo divertito e con un sorriso sul viso. Assurdo! Venivo a conoscenza dell'esistenza degli angeli solo in quel momento della mia vita. Dopo anni di caccia a mostri e demoni non avevo mai avuto l'occasione di incontrare una creatura divina come un angelo. Con fare svogliato uscì dalla stanza. Dopo un attimo di esitazione decisi di fare lo stesso, ero troppo entusiasta di conoscere un angelo in carne ed ossa, se così si può dire. Arrivati in biblioteca vidi un uomo con capelli scuri, neri e in contrasto a questi, degli occhi color blu oceano che spiccavano sul suo viso dai connotati angelici. Indossava uno di quei cappotti lunghi, da investigatore di film gialli degli anni '70, e sotto a quello una camicia bianca con una cravatta nera appesa al collo. Lui posò lo sguardo su di me e subito a bassa voce sembrò chiedere spiegazioni a Dean su chi fossi e perché fossi lì. Io mi limitai a guardarmi intorno e a osservare di sfuggita il comportamento di questo Castiel.
"Lei è Abigail la cacciatrice di cui ti parlavo, ci aiuterà con il nostro problema..." i due uomini stavano parlando a bassa voce ma evidentemente non abbastanza perché nella stanza riecheggiavano le loro voci anche se flebili.
"e come può farlo?" chiese l'angelo che ogni tanto riposava furtivamente lo sguardo su di me e lo distoglieva subito dopo.
"Ti ho già parlato del suo trascorso e delle sue qualità, sono sicuro che riuscirà a tenermi sotto controllo, se capiterà di nuovo" in questa frase in particolare Dean cercò di abbassare la voce ancora di più rendendola quasi un sussurro. Purtroppo per lui avevo saputo distinguere ogni singola parola.
"Va bene, mi fido di te Dean" disse con tono molto calmo e profondo.
"Non è di me che ti devi fidare ma di lei" l'angelo guardò l'amico un ultima volta e poi si avvicinò a me.
"Di lei mi fido già, piacere io mi chiamo Castiel" mi strinse la mano in modo elegante, quasi da uomo d'affari.
"Abigail, piacere" ricambiai la stretta di mano anche se non ero abituata a quel tipo di formalità. 
Avrebbe dovuto essere uno dei momenti più strani della mia storia, avevo appena stretto la mano di un angelo, ma non mi concentrai per niente su quello, ma solo ed esclusivamente sulla frase pronunciata da Dean poco prima: "tenermi sotto controllo". Cosa diavolo significava?
"Dean ti devo parlare" dissi appena ebbi l'occasione di avere l'attenzione del ragazzo.
Uscimmo dall'enorme stanza piena di libri e entrammo nel corridoio delle camerate.
"Che succede?" Chiese allora.
"A me non sembra che tu mi avessi detto che io avrei dovuto tenerti sotto controllo. Che storia è questa? Cosa significa?" Ero assolutamente infastidita dal fatto che non me l'avesse detto prima.
"Dovrei dirti che non ho tempo per i tuoi capricci ma se proprio vuoi saperlo il demone che dobbiamo uccidere si chiama Caino" mi bloccai sull'istante stesso in cui sentii quel nome. Il sangue cominciò a raggelare anche se per la stanza si aggirava un caldo tepore.
"Io non... perché non me lo hai detto prima?! Non andrò contro uno dei più grandi assassini della storia. Anzi, mi correggo, il padre di tutti gli assassini! Lo sapevo che questa storia puzzava fin dall'inizio. Ma cosa c'entra Caino con te? Perché lo vuoi ammazzare? Da quello che so si è ritirato in qualche zona sperduta." Dean alzò la manica della camicia e scoprì un segno, una sorta di cicatrice sulla pelle.
"Tu mi stai prendendo in giro! Ammettilo, tutto questo è solo una messa in scena. Non puoi avere tu il marchio di Caino, è impossibile..." avvicinai la mano al marchio per toccarlo ma in quel momento Dean tornò a nasconderlo sotto il tessuto di flanella.
"Io in questa storia non ci voglio entrare, è troppo persino per me"
"Ormai ci sei già, non puoi tirarti indietro" l'uomo si incamminò lungo il corridoio. Lo seguii cercando di bloccarlo nella sua incessante camminata.
"Che vuoi dire? Cosa fa quel marchio Dean? È vero che ti fa provare quegli istinti omicidi che non ti lasciano via di scampo finché non uccidi qualcuno? Dean rispondimi" cessò di camminare e si voltò bruscamente.
"Si sì, é così. E sarai tu a bloccarmi nel farlo ogni volta c'è ne sarà bisogno" il suo sguardo era carico di stanchezza e di tristezza riguardo a questa situazione. Chissà da quanto tempo ci era dentro.
"Solo fino a quando non troverò il sistema di togliermi questo affare dal braccio" inutile dire che provai compassione per Dean perché si poteva percepire il suo disperato grido d'aiuto.
"Perché io? Posso sapere perché sei venuto in cerca proprio di me? Non sarebbe stato meglio chiedere a un cacciatore grande e grosso di farti da guardia del corpo?" Non sapevo più cosa pensare, avevo così tante domande che mi vorticavano in testa che non potevo trattenerle dall'essere esteriorizzate.
"Adesso basta, è stato un lungo viaggio, riposiamoci"
Senza aggiungere altro cercai la mia stanza e mi ci rintanai. Mi sdraiai sul letto, provai a chiudere gli occhi e a rilassarmi ma qualcosa me lo impediva. Quel qualcosa era la ferita che ormai non mi lasciava nemmeno la libertà di non pensare al dolore per quanto era diventato lancinante. Le fitte erano sempre più insistenti, forse quella volta non sarebbe bastato un sonno ristoratore per far sparire tutto. L'avevo sottovalutato. Mi alzai a fatica, alzai la maglietta quando bastava e notai che il cerotto si stava impregnando di sangue.
"Non va bene" dissi tra me e me mentre toglievo le bende.
"Merda" non avrei potuto farcela da sola, non sapevo nemmeno dove fosse il kit per la medicatura, ma a che chiedere? A Dean o a Castiel? Scelsi che avrei disturbato Dean solo perché Castiel sembrava una buona persona e non volevo già stargli antipatica. Quindi cercai la stanza di Dean e bussai. Al secondo toc toc la porta si aprì, mentre io tenevo una mano davanti alla ferita dalla quale sgocciolava sangue perfino sul pavimento. In volto ero diventata bianca come i fantasmi che ero solita combattere. Iniziò a girarmi la testa pesantemente e a un certo punto non ne potei più e mi accasciai sul pavimento senza forze.
"Non credevo fosse così grave" disse Dean controllando il taglio a lato dell'addome.
Chiusi gli occhi e non so esattamente spiegare quello che successe dopo. Ricordo solo una scarica di elettricità in tutto il corpo e un calore intenso sulla ferita per qualche istante e poi più nulla.

A Supernatural StoryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora