Ognuno di noi ha un nome: un insieme di lettere che ci rende unico, che ci contraddistingue da tutte le altre persone con un altrettanto insieme di parole che li rappresenta.
Molti di noi hanno dei capelli, che possono essere dei colori più svariati, e la stessa varietà si mantiene anche nel colore degli occhi, nella forma del viso e nelle proporzioni del fisico.
Al primo colpo d'occhio, siamo tutti diversi, tutti unici, tutti incredibili.
Ma io so che non è così.
Basta scavare sotto la pelle per scoprire che, una volta tolti i capelli, gli occhi e i vestiti, siamo solo degli organismi che sopravvivono grazie ad un perfetto meccanismo di organi ed ossa.
Non siamo unici, perché in ogni caso siamo tutte persone, esseri umani che provano a lasciare un'impronta della propria vita, in modo da non sentirsi così inutili dentro a questo mondo frenetico.
Io ho capito del mio non esser speciale mentre stavo guardando un telegiornale, circa un anno fa.
Parlava di un avvenimento importante, uno di quelli che fa davvero scalpore: il figlio del presidente aveva deciso di fidanzarsi con un'attrice londinese.
Ricordo che scossi la testa, troppo sorpresa da quello che stavo ascoltando.
Non riuscivo a capire il perché del mettere questa notizia in prima pagina quando, solo una settimana prima, dieci persone erano morte.
Non si era parlato di altro per tutti i precedenti sette giorni, e si sentivano ovunque persone che pregavano per quelle povere famiglie o additavano il dito contro il possibile colpevole.
Dopo sette giorni, nessuno ne ricordava più il nome.
In quel momento mi resi conto che, infondo, noi non siamo altro che persone: sacche di carne e sangue destinate alla morte e all'oblio.
E, dopo un trecentosessanta due giorni, non vedo nessuno che sembra ricordare ciò che è successo.
Nessuno, tranne me.
Afferro la mia giacca pesante, infilandomela sopra il maglione bianco.
È stata un'altra sera tremenda, proprio come le altre, ma questa sembra poter anche peggiorare quando vedo Stella avvicinarsi a me.
"Daisy, come stai? Ti sei divertita all'incontro?" Mi chiede la ragazza, guardandomi con i suoi grandi occhi azzurri, che si intonano perfettamente ai suoi capelli biondi.
A volte quella ragazza è capace di dilatare così tanto i suoi occhi da farmi paura, e questo è uno dei tanti motivi per cui non vengo spesso al Centro.
"È stato divertente." Mento, tirandomi su la zip del giubbotto "Davvero emozionante."
Il sorriso di Stella quasi splende, e io capisco che è il momento di scappare.
"Scusa, ma devo proprio andare." Dico, facendo un sorriso di scuse.
Lei batte le mani, facendo una piccola smorfia "Di già? Peccato, perché c'è un ragazzo che sarebbe felicissimo di conoscerti."
Alzo un sopracciglio, perplessa: in questa stanza non c'è proprio nessuno che mi andrebbe di conoscere, Stella principalmente.
STAI LEGGENDO
Me minus you {ds}
Short Story"Sono passati trecentosessanta quattro giorni, eppure nessuno sembra ricordare che, quel giorno, un pezzo della mia vita è morta insieme a loro, insieme a lui. Vale così poco l'esistenza di una persona?"