Quando apro finalmente gli occhi, il mio primo pensiero è quello di afferrare il telecomando e guardare il telegiornale della mattina.
Resto con il fiato sospeso per tutti i quaranta minuti, e poi finalmente lascio il fiato fuoriuscire, svuotando i polmoni.
Punto il telecomando nero verso il televisore, vedendo l'immagine svanire in un piccolo tic.
Sono passati trecentosessanta tre giorni e nessuno se lo ricorda.
Vale così poco la vita di dieci persone?
Mi alzo dal letto, togliendomi il pigiama ed entrando nel bagno, aprendo la doccia, sperando che l'acqua calda arrivi in fretta.
Tengo una mano sotto al getto ed intanto mi guardo allo specchio, attenta.
Vedo il mio fisico più longilineo, senza le solite curve che a volte mi trovavo a detestare.
I capelli castani, un tempo fin troppo lunghi, ora mi arrivano appena alle spalle.
Con la mano libera mi tocco il viso, distratta, sottolineando con l'indice le pesanti occhiaie che ho sotto agli occhi.
Sbuffo, sentendo finalmente l'acqua calda colpire la mia pelle, e finalmente entro dentro il box, godendomi lo scroscio d'acqua calda.
Resto immobile per circa dieci minuti, continuando a fissare il mio riflesso nello specchio, quasi incantata, e poi finalmente decido di lavarmi.
Esco poco dopo, asciugandomi con una pezza viola che getto subito dopo nei panni sporchi.
Indosso ancora i jeans di ieri, infilandomi poi una felpa nera che si abbina alle mie Vans.
Non mi sento pronta per un giorno di lavoro, ma devo comunque andarci se non voglio che le cose peggiorino.
Cosa si può dire quando si è già perso tutto?
Entro nel piccolo locale chiamato Chains mentre mi infilo il grembiule blu, capace di abbassare l'auto stima della ragazza più bella del mondo.
"Daisy, finalmente sei arrivata." Mi riprende Sarah, guardandomi da uno dei tavoli "Non c'è la facevo più a gestire sia il bancone che i tavoli."
"Tranquilla, ci penso io." La tranquillizzo, e non faccio nient altro per le seguenti tre ore.
Alcune persone sottovalutano il potere del lavoro, alcuni lo descrivono solo come un modo faticoso di guadagnare, ma per me non è solo così.
Ormai è diventato un metodo di fuga, un modo che mi permette di uscire dal vortice dei tuoi problemi concentrandoti interamente su qualcosa di esterno.
Il mio lavoro mi salva la vita ogni giorno.
Tiro un sospiro, quando finalmente vedo che nel locale sono rimasti solo pochi clienti, e che sono già stati serviti.
Mi abbasso, cercando di trovare dentro il frigorifero uno dei miei succhi di frutta, anche se ho paura che sia finito.
"Hai intenzione di farti surgelare?"
Mi alzo di colpo, sgranando gli occhi dalla sorpresa, ma subito un brivido di rabbia mi percorre la schiena.
"Ancora tu?" Chiedo, rialzandomi, così da poter vedere bene in viso il ragazzo biondo che sorride.
"È un piacere rivederti." Mi dice, ma io non mi sento di poter fare lo stesso.
"Sto lavorando." Dico, cercando di invogliarlo a lasciarmi stare "Quindi o ordini qualcosa o te ne vai."
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Me minus you {ds}
Short Story"Sono passati trecentosessanta quattro giorni, eppure nessuno sembra ricordare che, quel giorno, un pezzo della mia vita è morta insieme a loro, insieme a lui. Vale così poco l'esistenza di una persona?"