Dangerous, introduzione.

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Ero rannicchiata nella cabina armadio, con le ginocchia in bocca. Sono sicura che prima o poi arriverà. L'ho sentito muoversi al piano di sotto, l'ho sentito urlare cose terribili, per un po' ho sentito la voce di mia madre e di mia sorella; poi basta: soltanto lui, la sua voce. Sento la porta della stanza aprirsi. Lui è arrivato. Lui urla "Dove sei? Dove-ti-sei-nascosto?". Ho bisogno di vedere, di controllare, per questo non ho chiuso del tutto la cabina armadio, in modo da poter sbirciare. E lo vedo, lo vedo con la bava alla bocca, con gli occhi azzurri, quasi bianchi e dilatati; la pelle grigiastra. E mentre stavo guardando notati la finestra. Di fronte a essa c'era un albero in cui mi ero arrampicata tante di quelle volte e che avrei potuto utilizzare qualche ora prima, mentre avrei dovuto studiare chimica, blindata in camera. Avrei dovuto studiare per recuperare un voto nella verifica, e mi sembrava la fine del mondo. E invece non lo era. Non ci somigliava neanche. Perchè la fine del mondo è questa, la fine del mondo è ora.

Lui sta guardando fuori. Guardo le sue spalle, così larghe, così forti. Spalle che sembrano poter sorreggere qualunque peso, sopportare qualunque fatica, e per un po' l'hanno fatto davvero.

Lui esce dalla stanza, a grandi passi, lentamente. Io non ce la faccio più; ho le gambe piene di formiche. Il mio piano prevedeva di contare fino a mille, prima di muovermi.

Ma non arrivai nemmeno a cento.

Mi tirai su con grande fatica, aggrappandomi a un'anta della cabina armadio. Uscii da li, con le gambe che ricominciarono a funzionare. Mi guardai allo specchio. Vidi una quindicenne impaurita, sfinita, ma ancora viva.

Poi sentii lui che stava risalendo se scale e mi precipitai nella cabina armadio quando era già troppo vicino.

Lui ha ancora quella disgustosa bava alla bocca, che gli cola lungo il mento. Fra poco finirà sulla sua camicia chiazzata di rosso.

Nella fretta, ho lasciato uno spiraglio un po' più largo di prima. Il rischio è che anche lui possa vederci attraverso. Nel momento in cui gli sguardi si incroceranno, per me sarà finita. Ma lui punta dritto verso il mio letto, letto in cui non dormirò mai più. Sta cercando la mia mazza da baseball. La afferra, la soppesa e scopre i denti in un sorriso. Un sorriso cattivo. Lo guardai e sentii un piccolo sole spegnersi dentro di me. Lui esce di nuovo dalla stanza, biascicando qualcosa che potrebbe essere il mio nome.

Stavolta ho contato fino a mille prima di uscire. Contai molto lentamente.

Il mio nome è Jade. Lui quello con la mazza da baseball in pugno e la bava alla bocca era mio padre.

NOTA SCRITTORE

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Grazie:)

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