Dal principio e non...

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Oggi è il 17 febbraio e sono quasi le undici di sera di un venerdi piuttosto tranquillo.

Mi ritrovo seduto a rilassarmi come un sessantenne su una normalissima sedia semi-funzionante, ma di preciso a fare che? Questo ancora non lo so benissimo, ma sto cercando di capirlo provando a fare un riepilogo della mia situazione.

Se solo ripenso ai ritmi delle serate che sostenevo fino alla settimana scorsa , tutto ciò mi pare surreale. Si passa spesso da un estremo all'altro, da un modo di vivere all'opposto di esso.

La verità è che mi sento anche leggermente triste in questo periodo, non riconosciuto in questo buco di città dove vivo: Casale Monferrato.

Tutto si dimostra privo d'interesse ... una città contenente una popolazione ormai anziana e soprattutto incredibilmente rincoglionita.

Non passa un secondo in cui sentimenti come la frustrazione e la rabbia non sgorgano fra le mie vene, ma d'altronde che cosa potevo aspettarmi, sapevo già cosa mi avrebbe atteso al mio ritorno.

Dopo sei mesi di un'avventura pazzesca vissuta in prima persona, inziai a vedere l'onda della noia e dell'insoddisfazione; la scorsi arrivare da lontano, quando creò quella specie di schiuma sulla cresta e lentamente si alzò inesorabile.

Io non mi mossi e sempre impassibile la attesi, con le braccia aperte, su quella riva immaginaria all'interno della mia testa.

L'onda era enorme e lo capii dall'ombra immensa che si era creata sulla spiaggia. Il sole per un momento decise di farsi da parte.

Parevano attimi infiniti, anzi, può darsi che la tortura in se vera e propria veniva rappresentata principalmente da quell'attesa incessante pre-schianto e non stranamente dall'impatto stesso dell'enorme e distruttivo flutto.

Il momento arrivò, ma spesso penso che non ci si accorge dell'evento distruttivo, esso succede e basta; come ho detto in precedenza, la vera sofferenza sta nell'aspettare di essere travolti o annientati dal fenomeno.

Finalmente venni travolto ... accolsi il colpo e ne fui felice tuttavia, perchè la affrontai da solo come in altre occasioni. La affrontai come un guerriero greco antico affrontava il dolore.

Non persi tempo a lamentarmi, lasciai tutta la tristezza scaricarsi su di me, ma fu questione di pochi giorni e pian piano scivolò via.

Feci ritorno all'università il lunedì 20 febbraio e un caloroso benvenuto mi fu riservato da diversi conoscenti, che non vedevo da mesi, ma con cui sempre tenni discreti contatti, anche se con alcuni maggiormente che con altri.

Il malumore iniziale se ne stava andando sempre di più, rimpiazzato dalla mia classica voglia di scherzare e restare positivo.

Il nuovo semestre era cominciato e con esso nuove materie e nuovi professori si introducevano a loro volta.

La prima lezione della settimana veniva presieduta dal professore L. F., ma qui lo chiamerò con nome fittizio professor Da Vinci.

Chiamerò un po' tutti con nomi fittizi o soprannomi, principalmente per rispetto e secondariamente per cercare di esprimere e migliorare l'estro creativo.

Per quanto riguarda il professor Da Vinci potrei dire semplicemente che è una persona cazzuta come si suol dire per strada; egli spiega in maniera semplice e perfettamente comprensibile, mantenendo generalmente un profilo alto e colto, ma al tempo stesso è capace di scegliere il momento giusto per l'inserimento di termini leggermente meno raffinati e più popolani, creando un clima vivace e simpatico, senza troppi blocchi ed evitando in questo modo l'essere noioso tipico di numerosi altri colleghi.

VIAGGIO DI DETERMINAZIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora